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5 NOVEMBRE/ LA SPERANZA

La Fede è quella che tiene duro nei secoli dei secoli. La Carità è quella che dà se stessa nei secoli. Ma è la piccola Speranza che si leva tutte le mattine … La Fede è una cattedrale radicata nel suolo di un paese. La Carità è un ospe­dale che raccoglie tutte le miserie del mondo. Ma senza Speranza, tutto questo non sarebbe che un cimitero.

CHARLES PEGUY

Parliamo di speranza e lo facciamo attraverso alcuni versi di un famoso poemetto dedicato a questa virtù teologale da Charles Péguy e intitolato II portico del mistero della seconda virtù (1911). Le immagini so­no vivaci e un po’ paradossali. Ci sono, però, due aspetti di questa virtù – che il poeta francese raffigura spesso come «una bimba picci­na», la sorella minore delle altre due – che meritano di essere sottoli­neati. Innanzitutto la sua quotidianità. Fede e carità hanno i colori del trascendente, dell’eterno e dell’infinito. L’apostolo Paolo dichiara, ad esempio, che la carità è la più alta e la più grande delle virtù.

La speranza, invece, è colei che ti dà la carica per camminare ogni giorno, «semplicemente e a testa bassa», come ancora diceva Péguy, rimanendo fedeli anche nel tempo della prova o quando il lavoro è pesante e senza apparente ricompensa. Ad Aristotele si attribuiva questa frase suggestiva: «La speranza è un sogno fatto da svegli». C’è, poi, una seconda nota da fare: senza speranza ogni nostra azione e opera sarebbe forse grandiosa ma ferma e morta come un monumen­to solenne. La speranza impedisce al mondo di essere un cimitero, perché continuamente spinge ad andare oltre, ad attendere, ad avere fiducia, a credere in un’alba diversa, in una meta, in un significato.

Gianfranco Ravasi