Tutta la regione che dai Romani, nella loro lingua, con la riforma augustea fu chiamata Regio II Apulia et Calabria si estendeva dal fiume Tiferno (a N del quale la popolazione si distingueva col nome di Frentani) ai Capo di S. Maria di Leuca.
Tutta questa regione, della quale i Latini già distinguevano il settentrione col nome di Apulia, veniva dai Greci distinta in due parti: Messapia al S, dal Capo di S. Maria di Leuca, approssimativamente, fino a una linea da Brindisi a Taranto, e di Japigia al N. Nella Messapia abitavano i Messapi, Calabri e Salentini, mentre nella Japigia le genti abitanti a N di Brindisi si distinguevano coi nomi di Pedicoli e Peucezi, e, a N del fiume Ofanto, di Dauni, cui nell’area tra Fortore e Tiferno si frammischiavano i Frentani. La Daunia, che dal Medio Evo fu poi detta Capitanata, era quindi assai più vasta dell’odierna provincia di Foggia [v.. di Adolfo Chieffo, Preistoria e storia della Daunia, Foggia, Cappetta, 1953, pag. Il], Non fu questa greca la suddivisione seguita da Augusto per la Regio II Apulia et Calabria, avendo egli prescelto come confine naturale tra Apulia e Calabria l’Ofanto, così distinguendo il territorio abitato dai Dauni, i quali erano anche spesso detti Appuli, col nome di Apulia e la Peucezia e la Messapia insieme col nome di Calabria, a lungo rimasto poi in uso nel Medio Evo per designare quelle che furono nel Medio Evo dette Terra di Bari e Terra d’Otranto, a lungo possesso bizantino.
Della origine dei Dauni si è a lungo discusso ed è ormai comprovato, fuor d’ogni dubbio, che essi fossero di chiara origine illirica. E’ altrettanto indubbio – i più recenti e autorevoli studi lo hanno esaurientemente dimostrato – che è impossibile delineare un confine etnologico tra miri e Traci, al punto che è più plausibile parlare di Traco-Illiri che di miri, o Traci, se non per distinguerli per la loro ubicazione [v., di Heinz Siegert, Wo einst Apollo lebte, Wien & Duesseldorf, 1976], Non desta quindi alcuna meraviglia il poter rinvenire in una carta dell’antica Dacia, realizzata per un atlante storico a Bucarest nel 1971, al suo centro la scritta A P U L 0 NI, designante il territorio occupato da questa tribù traco-dacica e cosi delineato: a
N i suoi centri urbani di Napoca e Patavisa; a N-E il territorio dei Carpi; a E quello dei Caucensi; a S-E quello dei Cotensi; a S degli altri due suoi centri urbani di Apulum ( ! ) e Germizera, il territorio dei Buri; a S-W la città di Singidava; a W il territorio dei Predavensi; –
a N-W quello degli Anarti [ v., di Liviu Marghitan, Civilizatia geto-dacilor, Bucuresti, Ed. Ion Creanza, 1981, pag. 13]. Una seconda carta dello stesso anno, parimenti riportata dal Marghitan [o.c., pag. 78] non si differenzia dalla precedente se non nel nome degli Apuloni, qui chiamati APULI. Alba Iulia, capoluogo del distretto di Alba e anche del cosiddetto “Paese del vino”, una delle più suggestive città della Romania, capitale storica della Transilvania, avvolta nel silenzio delle sue memorie e dei suoi monumenti, composta di una parte moderna, senza interesse, e di una immensa cittadella, entro la quale vive il nucleo storico, sorge in una regione abitata sin dal Neolitico e, nel I millennio a. C.. dalla potente tribù dace degli Apuli ed esattamente sul sito di Apulon, che. secondo Tolomeo, ne era la capitale: dopo la conquistaromana (106 d.C.), Apulon, divenne il municipio di Apulum, centro principale della Dacia romana e sede della XIII Legio Gemina. Dopo le Invasioni barbariche la città risorse nel sec. IX con il nome slavo di Beograd (= “città bianca”) e con quelli magiaro di Gyulafehérvàr e romeno di Alba Iulia.
Il Lapidarium del Muzeul judetslui ha una ricchissima raccolta di reperti preistorici, daci e romani dell’antica Apulon – Apulum: documenti epigrafici, frammenti architettonici, rilievi e statue, mosaici, bellissimi mitrei.
Questa comunanza apula sia della Daunia preromana e dell’Apulia romana col distretto di Alba Iulia (Apulon, Apulum) è testimoniata dalla copiosa presenza di vocaboli dalla radicale comune sia nelle iscrizioni traco-getiche che nelle iscrizioni messapiche [cfr.. di 1.1. Russu, Etnogeneza Romani- lor – Fondul autohton traco-dacic si componenta latino-romanica, Bucuresti, ESE, 1981, e, di Oronzo Parlangeli, Studi messapici, Milano, ILSL, 1980],
Ne trascriviamo qui alcuni dei più frequenti:
(traco-getico >< illirico-messapico)
ABRE- > < ABROI
»> APULI >< APLO, APLUS, APULUS
BALAS, -BALOS >< BALACRAS, BALLAIOS
BAZOBALIS >< CON-BAZETAS
BENNI >< BENNAR-, BENNUS
BUA >< BILIA, BILIOS
BIT(H)US >< BITUIVANT-
»> BREND, BRENTOPARA >< BRENDICE.
BRENT-, BRUNDISIUM
BUBENTIS >< BUBENT-
BUZOS, BYZES >< BUZETIUS, BUZOS
CONTA-DESDOS >< DIZEROS
DARDANOS. DARDARARA >< DARDI, DARDANI
> > > DAUN10N > < DATO
DERZIS, DERZENUS >< DERZINES
DITUS, DITO- ><DITUS,DrnONES
-GENTUSx GENITO
LANGAROS > < LONGAROS
LAPEPOR >< LAPAREDON
MALVA XMALVESA
NUSATITA x NOSETIS
PYRURREDES x PRORADO
RIGASIS, R1GOSUS >< RIGIAS
SAPAlOIx SEPARI
SITA, SEITAx SITA
TABUSUSx TABARA
TAESISxTAIZI
TERPYLIOS, TARPO-x TERPONOS
TIUTA, TIUTAMENUS > < TEUTA, TAOT-
TRIBALU, TRIBANTA > < TRIBULIUM
ZAVA, ZEC-x ZAVA
ZANTIALAxZANATIS
ZERES, ZERULA x ZATISTHES, ZAIR-
ZILES x ZHETES
ZOR, ZURES >< ZORADA
Necessita, qui, ricordare che quella lingua che i filologi chiamano messapica era comune di tutte le genti illiriche approdate nelle Puglie, come è attestato dal “Corpus Inscriptiorum Messaèicarum” raccolto dal Parlangeli [o.c.. pp. 29-257].
Ci par quindi lecito formulare l’ipotesi che Japodi (Apuli), intorno al sec. X a.C. abbiano abbandonato, in due gruppi, il loro paese natio, e si siano stabiliti l’uno in quella terra pugliese, che da esso sarebbe stata chiamata Daunia, e l’altro nella transilvana Apulonia.
L’ipotesi sarebbe più che giustificata da questa similitudine di linguaggio, che dimostra ampiamente l’appartenenza a una stessa etnia. Se i Geto-Daci della Transilvania erano Traco-Illiri, ugualmente Traco-Illiri lo erano i Jàpigi delle Puglie: uguale etnia, uguale lingua, uguale destino!
Emilio Benvenuto