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LA LEGGENDA DI «DRAGUT». IN UN LIBRO LA VITA DEL CORSARO OTTOMANO ALL’OMBRA DI COLOMBO. SIMONE PEROTTI SI LANCIA IN UNA AVVINCENTE E CERTOSINA RICOSTRUZIONE STORICA PIENA DI SUGGESTIONE.

Anche su Cristoforo Colombo non ce, l’hanno contata giusta. Sapeva già tutto prima di partire, era certo di trovare un continente a ovest dell’Eu­ropa, molto prima di arrivare nell’Estremo Oriente dove era già stato Marco Polo, e per questo si fece nominare viceré delle terre che avrebbe scoperto prima ancora di salpare da Palos. Uomo scaltro, il genovese, oltre – che grande navigatore e coraggioso imprenditore che fi­nanziò la metà della sua spedizione. È questa la tesi che sostiene Simone Perotti nel suo Rais, appena pubblicato per i tipi di Frassinelli, suffragato da ricerche e studi durati quasi dieci anni, e che ci svela il mondo inesplorato, autentico, della pirateria nel Mediterraneo del ‘500, il cui posto nell’immaginario collettivo è stato usurpato dalle pure invenzioni dei Sandokan e degli Yanez salgariani e dal fascino di Johnny Depp sul grande schermo. Abbiamo avuto per secoli i pirati veri nel Mare nostrum e lì abbiamo ignorati per inseguire fantasiosi emuli in Malesia e nei Caraibi. Quella di Colombo è solo una tessera del grande puzzle che compone il corposo (quasi 500 pagine) volume. Il filo con­duttore è la vita di Dragut Rais, personaggio realmente vissuto, nato in Anatolia alla fine del ‘400, rapito bambino per essere addestrato nella scuola dei giannizzeri di Ales­sandria, il corpo scelto delle milizie ottomane, divenuto poi Kapudan Pascià, ossia comandante supremo della flotta del sultano Solimano, e il più feroce pirata del Mediterraneo. Un romanzo storico, zeppo di personaggi dei quali pagina dopo pagina desideriamo sapere di più: Piri Rais, l’ammiraglio-cartografo divenuto celebre per la sua mappa che alimenta i retroscena sulle scoperte di Colombo, Kahyr al-Din Rais, «il grande Barbarossa», Ferdinando n, Carlo V, Caboto e altri ancora fino ad Andrea Doria, l’ammiraglio genovese acerrimo rivale di Dragut, «il diabolico marinaio che non combatte se non vince». La componente esistenziale e psicologica è sempre forte e presente. La narrazione dello scontro tra il protagonista e l’italiano, per esempio, diviene per Perotti l’opportunità di sviluppare uno dei temi forti e universali del libro, la «ne­cessità» di avere un nemico, inteso come contrappeso di equilibrio, specularità che diviene cardine dell’esistenza affrancandoci da responsabilità sulla nostra vita: finché c’è un antagonista, il «cattivo», noi siamo pacificati in quanto certi d’essere dalla parte dei «buoni». La scelta stilistica di affidare il racconto a quattro voci è assolutamente felice. A un narratore è affidata la storia della vita di Dragut, mentre una donna ormai molto avanti con gli anni risponde alle domande di un inquisitore che vuol sapere tutto del pirata. Poi c’è una spia ottomana alla quale è affidato il compito di scoprire l’altra verità sui viaggi di Colombo e infine lo stesso Rais, ormai anziano, che si confida con il suo giovane aiutante. Quattro voci che rispecchiano quattro personalità profondamente differenti, e ciascuna sembra uscire da una penna diversa, un esercizio non facile che all’autore è certamente riuscito. Rais è una epopea che non lascia spazi alla retorica. È un romanzo frutto di ricerche minuziose, e si intuisce il lavoro che c’è dietro ogni singolo termine, anche per le complicazioni legate alle differenti lingue del Mediterraneo. Al lettore non vengono risparmiate esposizioni crude. Perotti non indugia su dettagli quando evoca gli stupri, le violenze, le condizioni degli schiavi, ma è comunque capace di rendete m essenza la indicibile realtà. Nella capacità di descrizione delle atmosfere, dei dettagli, financo degli odori e dei rumori. Rais ricorda le migliori pagine del LA CATTEDRALE DEL MARE. C’è infine spazio, e non poco, per l’amore. Uno spazio difficile da trovre nella vita complicata di un uomo che dopo la breve infanzia ha conosciuto soltanto le leggi della pi­rateria, della sopraffazione, delle armi e dell’odio per il nemico, «Fare l’amore era cosa ignota per lui» narra Bora la bellissima e misteriosa schiava della quale Dragut si innamora. Ed è una pagina delicata ed emozionante quella in cui entrambi scoprono il lato più vero e intimo del proprio essere: non soltanto il pirata che ha conosciuto le donne unicamente attraverso la violenza, ma anche lei che « … per la prima volta possiede davvero un uomo, che per la prima volta sente di essere posseduto». Difficile non guardarsi dentro durante e dopo la lettura di questo libro.

Bepi Costantino