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L’ACCADEMIA DEGLI INCOGNITI NELLA NAPOLI ESOTERICA CON A CAPO IL VESCOVO DI LESINA

Vescovo di Lesina e a capo di una scuola di pensiero dal sa­pore esoterico in quel di Napoli: l’Accademia de­gli Incogniti. Si chiamava Bal­dassarre Maracchia, presule del centro lagunare dal 1544 al 1550.

A quell’epoca, c’erano due diocesi di Lesina. Una in Puglia (con data di nascita ancora av­volta dal mistero) soppressa nel 1567 e poi unita all’arcidiocesi di Be­nevento. L’ultimo vescovo fu Orazio Greco (successore di Maracchia), no­minato nel 1551: nel 1562 prese parte al concilio di Trento e nel 1567 al concilio provinciale cele­brato a Benevento.

Dopo questa data non si hanno più notizie della dioce­si, che fu definitiva­mente soppressa e il suo territorio an­nesso a quello dell’arcidiocesi di Be­nevento fino al 1916 quando Le­sina e Poggio Imperiale furono accorpate alla diocesi di San Se­vero. L’altra diocesi di Lesina si trova nell’omonima isola della Croazia e continua a vivere.

Chi era Baldassarre Marac­chia? Lo racconta Salvatore Primiano Cavallo, attento ri­cercatore lesinese nel libro “La diocesi di Lesina e i suoi pa­stori. Storia e cronotassi” (Bo­logna 2004).

Monaco napoletano dell’Or­dine degli eremiti di Sant’Ago­stino, eletto vescovo lesinese dal 16 giugno 1544, si insediò il 25 successivo, rimanendo a svolgere il suo ministero fino all’anno della sua morte, avve­nuta nel 1550. Gli successe Orazio Greco.

«Sia l’Ughelli che altri autori tra i quali Gams ed Eubel – spie­ga Cavallo -, lo identificano co­me “Baldassarre Monaco”, stando ad indicare la sua con­dizione di religioso, e non il co­gnome. “Insignis sacrae theologiae magister”, assai dotto ed erudito, presiedeva una Acca­demia chiamata degli Incogniti nata a Venezia ma che ebbe svi­luppi anche a Napoli tra il 1546 ed il 1548, anno in cui venne soppressa da Pedro de Toledo assieme a quelle degli Ardenti, dei Sereni e degli Eubolei».

Propositi che rientravano nel programma del viceré: infatti alle nuove imposte si aggiunsero le censure inflitte alla vita , culturale «per il sospetto che si propagassero le idee riformate che dalla Germania e dalla Sviz­zera erano arrivate nel Regno con i bagliori dell’Illumini­smo». «Furono presi provvedi­menti contro i predicatori – ag­giunge Cavallo -, contro la stam­pa e, nella persuasione che pen­sieri ereticali penetrassero nel­lo studio e nelle Accademie, fu ridotta al minimo la vita di quello e impedite queste, anche la Pontaniana, chiusa per mez­zo della rimozione della vita pubblica del suo ultimo anima­tore, Scipione Capece».

Il proposito dell’Accademia degli Incogniti era là conoscen­za di se stesso. Di questa Ac­cademia, che aveva come motto “ex ignoto notus”, facevano par­te diversi uomini di cultura e studiosi del contesto napoleta­no di quel tempo, che si riunivano in una sala alla quale si accedeva dal cortile interno del­la Santa casa dell’An­nunziata. Tra i soci vanno ricordati la poe­tessa napoletana Lau­ra Terracina, che scel­se il nome d’arte di Fe­bea, Angelo di Costan­zo, Lorenzo Villarosa, Francesco Lovera, Giovanni Domenico di Lega, Andrea Mormile, Alfonso Conti e molti altri di notevole levatura letteraria. «Fra questi anche il vescovo, come i suoi predecessori – spie­ga Cavallo -, il sagrista dell’An­nunziata di Napoli e il facente funzioni dell’abate di Monte­vergine. Questo ci è attestato da due documenti datati rispetti­vamente 19 giugno 1548 e 27 set­tembre 1549».

Antonio D’Amico