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15 NOVEMBRE/ LA CAREZZA

La carezza non è un semplice contatto, perché allora verrebbe meno al suo significato. Carezzando l’altro, io faccio nascere la sua carne con la mia ca­rezza, sotto le mie dita. La carezza fa parte di quei riti che «incarnano» l’al­tro, fa nascere l’altro come carne per me e per lui. Il desiderio si esprime con la Carezza come il pensiero col linguaggio.

JEAN-PAUL SARTRE

È stato un pensatore osannato e contestato, la sua visione del mondo atea, pessimistica e rigida ha provocato le reazioni più diver­se. Ora, invece, il filosofo e scrittore parigino Jean-Paul Sartre (1905- 80) è una figura un po’ appannata. Noi lo ricordiamo attraverso un passo piuttosto sorprendente di un suo saggio filosofico famoso, L’essere e il nulla del 1943; sono, infatti, parole molto intense che pos­sono essere riprese da tutti. Sì, perché ai nostri giorni la tenerezza è impallidita, anzi, intisichita.

I comportamenti, anche in amore, sono sbrigativi, i contatti fuga­ci, la comunicazione è affidata alla freddezza dei «messaggini» dei cellulari, simili a telegrammi cifrati. Si sta compiendo quello che Pa­solini confessava: «Ho un’infinita fame d’amore, d’amore di corpi senz’anima». Ecco, la carezza ha senso solo se c’è l’anima, altrimenti è solo uno sfregamento di pelle. Non per nulla il vocabolo ha alla ba­se la stessa radice della parola «carità», che è l’amore puro e totale, ossia il greco chdris, che è la «grazia» celebrata da san Paolo come se­gno dell’amore divino. Per questo è necessario ritornare alla carezza che fa «nascere» la carne dell’altra persona in un’intimità profonda e spirituale, ove anima e corpo si fondono in una unità d’amore. In una società che sempre più semplifica le cose, accelera le reazioni, ignora le sfumature, il sentimento e la delicatezza sono emarginati, impoverendo così le relazioni. E, invece, come diceva il protagonista di Papà Goriot, il famoso romanzo di Honoré de Balzac, «un senti­mento non è il mondo in un pensiero?».

Gianfranco Ravasi