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3 DICEMBRE/ ELOGIO DELLA PAURA

Non dobbiamo reprimere la paura dietro un volto lieto. Non dobbiamo resi­stere alla paura con tutte le forze. Non dobbiamo ignorare l’esistenza della paura né dominarla con una volontà sempre ferma. La paura ci appartiene; non è nemico, bensì un ospite da accogliere con la convinzione che il padro­ne di casa è più forte di lui! Un ospite che può ritornare.

DA UNA RIVISTA TEDESCA DI PSICOLOGIA

Non è la prima volta che ci interessiamo alla paura, l’unica cosa di cui abbiamo e dobbiamo avere veramente paura, come suggeriva nel Cinquecento il grande moralista francese Montaigne. Le note che oggi propongo le trovo in un articolo, dedicato a temi psicologi­ci, di una rivista tedesca. Proprio perché realtà umana, non dobbia­mo esorcizzare la paura facendo finta che non esista o cercando di sopraffarla con la baldanza e l’arroganza. Anche perché, buttata fuo­ri dalla porta, rientrerà dalla finestra. Bisogna, allora, imparare a convivere con la paura, sapendo che essa è simile a un ospite.

Un ospite forse un po’ sgradito ma che è possibile controllare, anzi, finalizzare a un compito. La paura, infatti, ci rende più umani e più umili. Ci fa più attenti al rischio e alla complessità della vita. Ci allena a essere più coraggiosi e pazienti. Ci mostra che esiste il male con una forza da non sottovalutare. Possiamo, perciò, consi­derare la paura come un’educatrice. Certo, essa può diventare pato­logica: «Per chi ha paura, tutto fruscia» diceva già il tragico greco Sofocle. Essa non deve prendere il sopravvento come padrona di casa, ma la sua presenza non deve essere considerata necessaria­mente come una maledizione. Anzi, c’è il «timore del Signore», che per la Bibbia è una virtù.

Gianfranco Ravasi