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13 DICEMBRE/ CODA DI PAGLIA

Un giorno ho spedito a una decina di amici un telegramma che diceva: «Fuggi immediatamente. Hanno scoperto tutto». Ebbene, tutti quegli ami­ci hanno lasciato la città senza pensarci due volte.

MARK TWAIN

In italiano si è coniata l’espressione «coda di paglia» per bollare chi, pur ostentando sicurezza e onestà, sa di avere la coscienza sporca (in inglese si dice semplicemente to have a guilty conscience e in francese ne pas se sentir la conscience tranquille). Lo scherzo giocato ai suoi amici da quel terribile personaggio che era lo scrittore ame­ricano Mark Twain è, al riguardo, emblematico. Appena ricevuto quel messaggio, tutti si erano premurati di correre ai ripari, ben sa­pendo di avere qualche scheletro nell’armadio (e anche questa è una vivace e illuminante locuzione italiana che ha, però, il parallelo anche nelle altre lingue).

Alla base c’è l’ipocrisia, un vizio che autoassolve e autogiustifica, ma che non riesce a rendere tranquilla la coscienza quando essa è tutt’altro che limpida. D’altronde, lo stesso Twain ironizzava sulla cosiddetta buona educazione perché, in ultima analisi, secondo lui «consiste nel nascondere quanto bene pensiamo di noi stessi e quan­to male degli altri». Cristo, come è noto, è stato severo e sferzante nei confronti degli ipocriti, perché il loro orgoglio li rende coriacei, avvolgendoli in una cappa d’oro impenetrabile, sotto la quale si na­scondono le vergogne. Gesù ricorreva all’immagine dei «sepolcri imbiancati, belli a vedersi all’esterno, ma dentro pieni di ossa di morti e ogni putridume» (Matteo 23,27). E allora per tutti è necessa­rio un esercizio impietoso: quello dell’esame di coscienza e della sin­cerità, sapendo di avere tutti qualche macchia nascosta.

Gianfranco Ravasi