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14 DICEMBRE/ COME IL CERVO

Dove ti sei nascosto, Amato, lasciandomi a gemere? Come il cervo corresti, dopo avermi ferito: ti inseguii gridando; ma te neri andato! Pastori, voi che andate da un ovile all’altro su fino all’altura, se per caso vedrete chi più di tutti amo, ditegli che soffro, languo e muoio. Cercando il mio amore, andrò per monti e rivi, non coglierò mai fiori, né temerò le belve, passerò oltre le fortezze e le frontiere.

SAN GIOVANNI DELLA CROCE

Nella notte fra il 13 e il 14 dicembre del 1591 moriva a 49 anni san Giovanni della Croce, uno dei maggiori mistici cristiani con santa Teresa d’Àvila, che l’aveva conosciuto e avuto come sostegno nella riforma dell’Ordine carmelitano. Gli ultimi suoi anni erano stati se­gnati dalla sofferenza fisica e da ogni genere di umiliazioni all’inter­no del convento spagnolo della Sierra Morena in cui viveva. Eppure il suo spirito era illuminato da quella «fiamma d’amore»: essa river­berava di bagliori la «notte oscura» che il santo stava attraversando.

Le Canzoni tra l’anima e lo Sposo – da cui abbiamo tratto alcuni dei versi più celebri – sono la testimonianza di quella fiamma. Le parole sono modulate sul Cantico dei cantici e svelano il mistero dell’assenza apparente di Dio. È un momento che tutti attraversiamo: il Signore sembra esser fuggito da noi, lasciandoci soli; il suo silenzio è assor­dante; la sua distanza incolmabile. Forte è la tentazione di lasciarci andare alla deriva, di scoraggiarci e di abbandonare Dio. Ecco, inve­ce, la scelta di Giovanni: sulla scia della donna del Cantico, egli-corre per monti e valli; superando ogni ostacolo, continuando in quella ri­cerca che alla fine non approderà al vuoto ma all’incontro. Credere è cercare, sperare e tenere alta la fiaccola dell’amore. E, come già dice­va il Socrate di Platone, «ima vita senza ricerca non mette conto di essere vissuta» (così nell’Apologià di Socrate).

Gianfranco Ravasi