La storia delle tradizioni anche gastronomiche di un territorio è per tanti motivo di orgoglio, com’è il caso del cuoco vichese, Libero Ratti,di recente artefice di un grande successo ottenuto ai contest di cucina “Un tuffo tra le stelle Michelin”, organizzato dalla nota guida culinaria. Ratti, si è piazzato secondo in una gara che lo vedeva confrontarsi con oltre duecento competitors, proponendo una versione speciale del pancotto, un piatto povero, semplice ma amato proprio per la sua naturalezza e genuinità che ne fa una delle ricette cardine di una cucina tradizionale.
“Ho sempre pensato che gli elementi della tradizione vadano preservati, il pancotto garganico realizzato per il contest di guida Michelin è stato molto apprezzato.
Il concorso prevedeva la realizzazione di una ricetta tradizionale che fosse emendata con delle varianti in grado di renderla attuale, e così è stato per il mio piatto”, racconta su queste colonne il cuoco vichese, tornato da tre anni in terra garganica dopo diverse esperienze durate per lunghi periodi anche all’estero.
“Faccio il cuoco da dieci anni, portando le mie ricette nei vari .posti in cui sono stato, come Barcellona e Milano, città quest’ultima in cui ho lavorato per un ristorante situato sui navigli. Dopo il mio ritorno sono stato il cuoco di un hotel anche prestigioso, ma ben presto mi sono reso conto che lavorare in una realtà alberghiera non fa per me. La mia cucina è fatta di ricordi, di ricette scolpite nella tradizione e nella storia del nostro territorio. Non potrei mai prescindere dagli elementi storici della cucina della mia terra e il contest a cui ho preso parte sintetizza molto bene i due elementi che per me racchiudono l’arte del cucinare bene: tradizione e modernità”. Il pancotto garganico realizzato da Ratti era costituto da un tortello ripieno di una farcia condita da olive nere del Gargano, patate e acciughe.
“Il regolamento prevedeva l’uso esclusivo di pasta o riso”, spiega Libero, raccontando della grande varietà di un piatto universale.
“Nella zona garganica il pancotto è un piatto molto diffuso soprattutto durante il periodo invernale. Ci sarebbero almeno centocinquanta varianti della medesima ricetta per ogni paese. Il pancotto è un piatto di recupero, consumato in antichità dai contadini del Gargano e realizzato con del pane vecchio sul quale venivano poste le verdure tipiche del territorio. Molte varianti sono presenti anche nella versione marittima molto diffusa a Vieste, località in cui mi sono trasferito e in cui ho in mente di realizzare un nuovo progetto imprenditoriale”.
Il pancotto è uno dei cavalli di battaglia del cuoco vichese, realizzato durante l’evento “La transumanza digitale” organizzato a maggio dal Carpino Folk Festival.
“In occasione dell’iniziativa organizzata dall’amico Luciano Castellucciaho realizzato un piatto ad hoc, tipico della tradizione contadina dell’area garganica dandogli un nome particolare:’l’acqua sale che si crede un pancotto. Anche in quell’occasione sono stato felice di aver diffuso un piatto storico. La ricetta prevedeva il classico pane bagnato condito con pomodoro, origano e olio extravergine di oliva taggiasca nostrana, una spolverata di pecorino e delle puntarelle a crudo private del loro cuore. Il piatto si completava con una salsa di pancotto, realizzata con carote e patate frullate”, prosegue.
Il contest Michelin, iniziato il 18 ottobre e finito il 25 novembre, ha visto la premiazione soltanto martedì.
“Per il secondo posto era prevista la consegna di un voucher da 300 euro da consumare in un ristorante stellato. Per una volta sarò dall’altra parte della cucina”, ironizza il cuoco vichese, parlando del premio ottenuto da questa competizione che lo ha visto protagonista.
“Attraverso quest’esperienza ho potuto far parlare del Gargano e delle nostre tradizioni. E’ stata per me una grande soddisfazione arrivare secondo tra 227 partecipanti. Mi auguro di poter replicare la ricetta in un nuovo ristorante in qualità di chef a Vieste. Oggigiorno non solo la cucina ma anche il concetto che ne è alla base si è evoluto. Credo che i media hanno dato molto slancio ad un settore che tende verso la perfezione, raggiungibile anche grazie all’utilizzo di sofisticate apparecchiature”, osserva parlando dell’evoluzioni subite dall’arte culinaria e dalla concezione sociale e mediatica della stessa.
“In passato era molto più semplice fare una cucina di qualità senza troppe pretese da un punto di vista estetico ed organilettico. Oggi i blog di informazione hanno portato le donne di casa a cucinare come si fa al ristorante, anche se resto convinto del fatto che bisogna privilegiare la qualità piuttosto che la quantità, credo inoltre che sia importante dar vita a delle ricette che muovino dalla tradizione e che si evolvano, senza distruggere la storia che ne è alla base”.
LA RICETTA
DAGLI ANTICHI ROMANI A GARIBALDI, LA GENUINITÀ DI UN PIATTO CHE HA FATTO STORIA
Una “minestra costituita da pane raffermo fatto a pezzi, bollito nell’acqua con aglio, rosmarino, una foglia di alloro e sale, e condito con olio crudo; può essere arricchita in cottura con succo di pomodoro fresco”. È così che il vocabolario Treccani definisce il pancotto. Dentro questo piatto povero della tradizione italiana, però, non ci sono soltanto il pane e gli altri ingredienti umili. C’è la storia dei nostri nonni, che ritenevano pagnotte e filoni un cibo sacro e mai li avrebbero sprecati. C’è quella della cultura contadina, quando il pane veniva impastato e infornato ogni due settimane, diventando inevitabilmente duro, e bisognava aguzzare l’ingegno per renderlo di nuovo appetibile. E c’è persino un aneddoto che risale all’epoca dell’Unità italiana, quando il convento di San Cesario di Lecce accolse Garibaldie un gruppo di cospiratori antiborbonici, ai quali venne offerto proprio un piatto di pancotto limante. Considerato un discendente della puls tractogalata, una ricetta che il gastronomo romano Apiciocitò nel suo trattato “De re coquinaria”, Diffuso quasi ovunque nello Stivale, ogni regione ne ha dato un nome.
Claudia Ferrante
l’attacco