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19 DICEMBRE/ A PIAZZA VITTORIO

Questo Natale sarà duro / e lo si vede qui tra questi banchi tetri di piazza Vittorio /fra le buie facce di disgraziati / che come bestie cercano / una luce di dolore, una luce che taglia / le stesse facce, gli stessi corpi. / Ti cerco e cer­co / la tua faccia ridente, i tuoi occhi, il tuo naso… / Nessuno è felice, c’è una merce già morta. Il bambino è felice /perché solo lui vede la luce che verrà.

GIOVANNA SICARI

Tutti i romani sanno che cos’è piazza Vittorio, a pochi passi dalla stazione Termini: una volta era una sorta di mercatino popolare, ora è un crogiolo di razze e idiomi, di volti e colori diversi. In questo spazio, alle soglie del Natale, si muove la poetessa Giovanna Sicari, morta nel 2003 a soli 49 anni, dopo essere stata insegnante per vario tempo a Roma nel carcere di Rebibbia. E intuisce in quei visi bui e tristi solo lampi di «una luce di dolore»: è un po’ la stessa sensazione che si prova nei centri delle nostre città, occupati da persone che non sperano certo in un Natale felice e camminano chiusi nelle loro an­gustie e nei loro crucci.

È per questo che tutti cerchiamo ansiosamente una faccia sorri­dente, occhi che brillino, parole che dicano amore e pace. E alla fine, ecco la sorpresa: non importa che abbiano la pelle bianca o nera, che abbiano un giocattolo o solo un sasso levigato in mano, sono i bam­bini a svelarci la felicità perché solo loro sanno vedere la luce che viene, il Dio invisibile, la speranza nascosta. Per questo abbiamo bi­sogno di diventare come i bambini per entrare nella gioia del regno di Dio (Matteo 18,4), o almeno per ritrovare la serenità dell’anima. Osservava Jung nella sua opera L’integrazione della personalità: «Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non sia qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi».

Gianfranco Ravasi