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TRIBUNALE FOGGIA/ “AMMASSATI NELLE AULE COME NEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI”. IL PRESIDENTE DEGLI AVVOCATI: POCHI SPAZI, SI LAVORA IN CONDIZIONI ESTREME

«La verità è che in Tribunale a Foggia a causa della carenza di spazi, noi avvocati, i magistrati, il personale amministrativo e i cit­tadini che si recano a Palazzo di Giustizia operiamo in condizioni davvero estreme, con aule rica­vate in ogni dove, come nei peg­giori allevamenti intensivi». La dura analisi è dell’avvocato Gia­nluca Ursitti noto penalista del Foro di Foggia, dall’estate 2019 presidente dei circa 3600 avvocati iscritti all’Ordine forense.

Uno dei problemi sollevati il 30 gennaio a Bari nella relazione sull’andamento della Giustizia in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto di corte d’appello, ha riguardato l’edilizia giudiziaria e la difficile situazione del Tribunale di Fog­gia, unico ufficio giudiziario (la casa madre di viale Primo Maggio e la succursale di viale Ofanto do­ve ci sono sezioni lavoro e giudici di pace) della seconda provincia d’Italia, con un bacino d’utenza di oltre 600mila cittadini. In seguito alla soppressione del Tribunale di Lucera e delle 6 sezioni distaccate dislocate in provincia (San Seve­ro, Cerignola, Manfredonia, Trinitapoli, Rodi Garganico e Apricena) datata settembre 2013 nell’ambito della riforma della geografia giudiziaria voluta dall’allora governo Monti, tutti gli uffici sono stati accorpati a Fog­gia, il Tribunale è quindi diven­tato troppo piccolo per le accre­sciute esigenze, tant’è che servo­no altri 13mila metri quadri.

«L’inaugurazione dell’anno giudiziario cui ho partecipato co­stituisce un momento di riflessio­ne che va al di là dei freddi nu­meri» dice l’avv. Ursitti: «que­st’anno più che di bilancio o re­soconto parlerei di referto, perché la giustizia è stato uno dei settori più contagiati a causa delle tante comorbilità che già la attanaglia­vano, cui si è aggiunta la paralisi quasi imposta dal Covid. Un anno pessimo, che sarà difficile recu­perare perché si era già in affanno prima».

Passando al tema dell’edilizia giudiziaria «eventi come la pan­demia hanno dimostrato che il re è nudo. Il grande problema diven­tato veramente insostenibile» prosegue l’avv. Ursitti «è quello dell’edilizia giudiziaria, diventa­to ormai un refrain. Stiamo ope­rando in condizioni estreme con aule ricavate in ogni dove; siamo ammassati nelle aule, la maggior parte del tutto inadeguate a ospi­tare l’udienza poiché nate per le camere di consiglio; siamo am­massati nei corridoi e se penso al giudice di pace mi balza in mente tutta la contraddizione di un edi­ficio dove tutto si poteva fare, tranne che il palazzo di giustizia. L’edilizia giudiziaria, se prima della pandemia era una priorità, oggi costituisce una necessità. Se, come preconizzano molti esperti, il distanziamento sociale dovrà in qualche modo divenire uno stile di vita, il pianeta giustizia deve attrezzarsi per un’adeguata gestione degli spazi. Alla politica, quindi, chiediamo risposte. Non propaganda, ma risposte concrete. Come noi avvocati abbiamo fatto rilevare nella cerimonia a Bari, i fondi a disposizione per la giustizia in Italia ammonterebbe­ro a 450 milioni di euro, da quanto si legge sulle prime bozze del re­covery plan. Una somma mode­sta, insufficiente a coprire perfino le richieste della sola Puglia». Va ricordato che c’è un progetto per ampliare la sede di viale Pri­mo Maggio (inaugurata nell’otto­bre dell’89 in concomitanza con l’entrata in vigore del nuovo co­dice penale), costruendo nuove palazzine sul suolo che il Comune ha già ceduto gratuitamente al ministero della Giustizia. Le nuo­ve palazzine verrebbero a supplire alle carenze di spazi, consen­tendo nuovi uffici per giudici e cancellieri; nuove e più ampie au­le d’udienza; parcheggi più gran­di; ritorno alla casa madre di sezione lavoro e giudici di pace da anni trasferiti nella succursale di viale Ofanto; e chissà sistemarvi anche una sede distaccata della corte d’appello di Bari se mai que­sta esigenza nella terra della quar­ta mafia , da sogno inseguito per decenni si trasformasse in realtà.