Ogni costituzione è un sistema coerente di norme e di principi che determinano le caratteristiche e le istituzioni fondamentali di uno Stato, la sua particolare individualità, i suoi organi fondamentali, il suo regime interno, la posizione che in esso hanno i cittadini. E’, al dire di Giuliano Pischel, la legge fondamentale di uno Stato, che ne costituisce l’atto di fondazione e la concretazione del suo ordinamento giuridico. Una costituzione risulta quindi, oltre che da un insieme di norme, da consuetudini e da principi tradizionali, praticati con la convinzione della loro obbligatorietà: il “to quote a precedent” del diritto.
Anche oggi, dunque, per compiere l’esame dei requisiti essenziali per la eleggibilità di un cittadino al Parlamento, in relazione alle prescrizioni statutarie e delle norme elettorali, occorre discorrere delle incapacità, siccome quelle che privano dei diritti civili e politici.
Discorrere oltre di indegnità penali, oltre il lungo parlare che se ne è fatto per anni, ci sembra superfluo. La questione è ben altra.
Comparve infatti nella nostra prassi parlamentare, sin dagli anni ‘60 del sec. XIX, incontestabile il diritto di una Camera elettiva di informarsi della onorabilità d’ un suo membro, convertendosi così essa come in giury e l’assemblea in un circolo chiuso, che nel proprio, non nella designazione degli elettori, riconosce un giudizio sovrano.
Il 23 novembre 1865 era stata annullata l’elezione del Conte Enrico Martini a Crema senza che nella elezione vi fossero state proteste; era soltanto pervenuta una domanda di alcuni elettori così concepita: può essere convalidata l’elezione a Deputato di un cittadino, la cui elezione a Consigliere Provinciale aveva dato luogo a un processo per corruzione ancora pendente?
Alla rielezione alla Camera dell’On. Mezzucci, si produsse analoga questione e il 22 febbraio 1866 il relatore On. Micotera dichiarava che, sebbene dalle autorità della Corte Criminale di Ferrara non risultasse in modo strettamente legale che il Mazzocchi non era eleggibile, pure l’Ufficio, non potendo assolutamente dividere la questione legale dalla morale, che invero si sarebbe trovata molto compromessa e che era quella principale, per la quale la Camera la volta precedente era venuta nella determinazione di annullare l’elezione, propose l’annullamento, perché pur riconoscendo la sovranità degli elettori, quando questa sovranità è fuorviata, la si tratta come trattasi un ammalato. L’elezione fu nuovamente annullata.
A maggior ragione la Camera si ritenne in diritto di indagare la natura di una sentenza per reato che non produceva l’inagibilità, per dedurne tuttavia l’annullamento dell’elezione.
Il Not. Penotti, eletto nella X Legislatura dal Collegio di Borgomanero, era stato assolto dall’accusa di avere, come Ispettore Comunale, rilasciato due mandati di pagamento falsando la firma del Sindaco; un non luogo a procedere era stato pronunziato per contravvenzione alla Legge del Notariato; ma egli era stato condannato alla multa di £. 75, con carcere suddidiario di gg. 30, per contravvenzione al regolamento forestale per essersi appropriato di piante. Il relatore On. Pasquali disse che giuridicamente doveva parlarsi della sola condanna, tranne che la Camera, uscendo dal terreno della legalità, non avesse voluto entrare in quello della moralità, poiché la elezione di un Deputato è cosa che riflette altamente il decoro della Camera e perciò della Nazione. Entrando nel merito dell’accusa lasciava comprendere che, più. che una contravvenzione, il fatto imputato al Penotti costituiva una truffa. Alla un animità l’Ufficio proponeva perciò l’annullamento e la Camera il 28 maggio 1867 annullò l’elezione.
Il 27 giugno 1867, prendendosi argomento dalla mancata allegazione di schede al verbale, si annullò l’elezione a S. Nicandro Garganico dello Zaccagnino. Questi, sottoposto a procedimento per connivenza nel brigantaggio, era stato prosciolto; non ne era stato poi provato l’invio a domicilio coatto, il che non sarebbe peraltro stato ragione sufficiente di ineleggibilità.
Severissima si manifestò la Camera contro il Mancuso di Gerace, eletto a Prizzi nella XI Legislatura. Nel 1859 egli era stato arrestato con l’accusa di ricettazione di animali, ma non aveva subito condanna. Allorché venne, il 22 dicembre 1870, riferita alla Camera la sua elezione, l’ON. Mancini ne prese le difese come di un perseguitato politico, al punto che per tre volte era stato prosciolto dalle accuse. Nonostante questa difesa, anche dal lato morale, reiezione del Mancuso fu annullata. Rieletto, però, l’elezione fu senza discussione convalidata il 31 gennaio 1871.
Il diritto della Camera di indagare sulla moralità dell’eletto prima di convalidarne l’elezione fu ancora una volta affermato il 15 gennaio 1883 in occasione dell’elezione dell’On. Coccapellier, presentata alla Giunta come contestata. L’On. Malocchi dichiarò che avrebbe votato contro la convalida, interpretando secondo la sua coscienza l’art. 60 dello Statuto del Regno (Ognuna delle Camere è sola competente per giudicare della validità dei titoli di ammissione dei propri membri), perché, quando per effetto di avvenimenti straordinari politici o morali, è nato un equivoco nel corpo elettorale, la Camera deve provvedere alla propria dignità, al decoro delle istituzioni, come se si trattasse di corruzione. Ci si trovava di fronte a una votazione avvenuta a causa d’una celebrità fabbricata con mezzi che ripugnavano a ogni cittadino, cui stesse a cuore il mantenimento della pubblica morale. La proposta dell’On. Malocchi di annullare 1’elezione del Coccapellier fu respinta e pure, a seguito di prove e controprove fu convalidata l’elezione.
La cosa si ripetè l’11 dicembre 1884 per l’elezione dell’On. Castellazzo a Grosseto. Presenta dalla giunta la convalidazione pura e semplice, gli On.li Adamoli e Chinaglia proposero il rinvio dell’elezione Mia Giunta coll’incarico di appurare taluni fatti politici addebitati all’eletto (accusa di aver denunziato i compagni di congiura). L’On. Aporti, dichiarando che nessuno può erigersi a tutore del decoro della Camera, rilevò il pericolo della proposta Adiamoli-Chinaglia, che rendeva possibile l’esercizio di un diritto di veto contro la votazione degli elettori e, mentre feriva il più alto Ordine cavalleresco militare conferito all’On. Castellazzo, ingiuriava la memoria di Garibaldi, il quale non solo gli aveva fatto lo aveva perdonato, ma lo aveva onorato affidandogli nel 1867 a Roma la missione che gli era valsa dal Tribunale pontificio La condanna alla galera a vita.
Anche l’On. Cavallotti fece l’apologia dell’On. Castellazzo. Una pregiudiziale proposta dall’On. Crispi fu approvata per appello nominale con 155 sì, 123 no e 11 astensioni e l’elezione restò così convalidata, dando luogo all’incidente delle dimissioni dell’On. Finzi, dalla Camera all’unanimità non accettate.
La Camera però non seguì su questa via l’On. Imbriani allorché, annunziata il 7 aprile 1891 la convalidazione dell’elezione dell’On. Siliprandi, egli, accennando al reato di adulterio da questi commesso, dichiarò. che, come il Senato, giudicando quale alto giury d’onore, aveva allontanato dal suo seno diversi Senatori, così poteva ben fare la Camera. Opposta dall’On. Severi pregiudiziale i alla proposta dell’ON. Imbriuani, questi la ritirò.
Quoted these precedents, il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati possono con un, voto d’indole politica, nel senso generale della parola, fosse pure in contrapposto alla necessità giuridica, annullare o meno un’elezione, o deve ritenersi che la regola generale fa dipendere soltanto da una sentenza passata in giudicato la dichiarazione di ineleggibilità, della quale non è dato loro che prendere atto?
Praetor Urbanus