Sarà dunque il Tar di Puglia a riportare ordine e chiarezza nell’Oasi Lago Salso travagliato da una intricata serie di diatribe e polemiche che hanno finito per penalizzare quel comprensorio di grande valore naturalistico.
Il Tar ha accolto la domanda cautelare avanzata dall’Ente parco del Gargano in merito agli eventi seguiti all’iniziativa del presidente dell’Ente Parco, Pasquale Pazienza, di liquidare la società di gestione Oasi Lago Salso s.p.a., ed ha fissato la trattazione di merito del ricorso nell’udienza del 9 dicembre prossimo.
Una iniziativa, quella della liquidazione della società Oasi Lago Salso – ha spiegato più volte il presidente Pazienza – oltre che per la mancata rispondenza della società ai requisiti fissati dalla riforma delle società a partecipazione pubblica, per far piena luce sulla conduzione gestionale dell’Oasi la cui società si era ridotta, dopo il ritiro del comune di Manfredonia con conseguente cessione gratuita delle proprie quote all’Ente Parco del Gargano, a quest’ultimo con la maggioranza del 96 per cento delle quote, e al Centro Studi Naturalistici con il rimanente 4 percentuale. Neutralizzato anche il tentativo del CSN di privatizzare l’Oasi con l’acquisizione del pacchetto azionario del socio pubblico. Tra gli altri punti controversi, il risultato di gestione della società Oasi lago Salso: per quest’ultima positivo con un avanzo di circa 6mila euro; per il commissario liquidatore negativo con un deficit di circa duecentomila euro. La controversia pende dianzi ai giudici amministrativi. Ma a far divampare la contesa già ai ferri corti, la più recente denuncia della Federazione Nazionale Pro Natura e WWF di Foggia, di illegittimo utilizzo da parte
dell’Ente Parco, per attività agricola di vaste aree di terreni vincolate del comprensorio. Accusa che il presidente Pazienza respinge categoricamente. In buona sostanza la querelle è quella di aver coltivato aree destinate a pascolo compensative di aree utilizzate per completare l’area industriale D46 e PIP. «Niente di tutto questo – ribatte il presidente del Parco, Pazienza – Si è trattato – spiega – di una “semina a sodo”, senza aratura dei terreni, operazione essenziale per la semina, a beneficio delle varie specie di uccelli che altrimenti andrebbero a cibarsi nei campi coltivati degli agricoltori limitrofi. Una attività di salvaguardia del patrimonio faunistico dell’Oasi». La circostanza è stata confermata dagli stessi agricoltori nei cui fondi coltivati gli uccelli trovano il mangime per il sostentamento. Una tempesta in un bicchier d’acqua o un pretesto per bloccare l’azione riorganizzazione? A dicembre lo chiarirà il Tar.
Michele Apollonio