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IL LIBRO DELLA SETTIMANA/ VIESTE FINALMENTE DI MATTEO PAZIENZA

Il fascino silenzioso del Gargano, con i suoi paesaggi dalle sfumature verdi e azzurre e il cielo a segnare un orizzonte invisibile di storie. Dal sussurro degli alberi al mormo­rio delle onde contro gli scogli, Vieste diven­ta l’epicentro di un volume che snoda le mu­te matasse della storia. “Vieste finalmente”, questo il titolo dell’ultima fatica letteraria di Matteo Pio Pazienza,in un viaggio alla sco­perta della cultura, della natura e della storia di una terra che si sta perdendo. Un raccon­to diretto, chiaro, corredato dalle foto sugge­stive di Michele Sepalonee dagli schizzi dello stesso Pazienza, a cura di Andrea Pacilli Editore. “All’apparire di tutti questi elementi, dunque, senti nell’animo la solennità e la sacralità dei luoghi; provi un sentimento che avvolge, che affascina e che ci dice che questo territorio della Daunia antica è sempre stato popolato con continuità sin dai tempi più remoti”. Così Pazienza introduce nel volume le caratteri­stiche sfaccettature delle culture che hanno contaminato il territorio. Segni, oggi, che si stanno perdendo per disattenzione, come precisa l’autore. “La genesi di questo volume parte dalla con­siderazione che il nostro territorio è stato rac­contato pochissimo e da poche persone, mai inoltre da letterati della nostra zona – spiega Matteo Pazienza È un territorio, per dirla con Pasolini, che “sente poco di poe­sia”, sicché da parte nostra è nata la neces­sità di raccontarlo. Quello che è stato pubbli­cato è un racconto fatto da gente che l’ha vis­suto il Gargano. Tutte le sensazioni provate in questi anni le abbiamo raccontate in que­sto volume, con tutto ciò che i luoghi ci ispi­ravano. Un luogo un po’ greco, anche se mol­to meno rispetto alla Sicilia o a Taranto. Qualcuno ipotizza che Enea per andare a Roma sia passato da queste parti. Queste particolarità che ci portiamo dietro, un territorio che già dal neolitico è stato molto popolato. Con la fantasia siamo andati a ripercorrere i tem­pi andati e ad immaginare gli uomini del neo­litico e del paleolitico invasi da uomini strani. È un risentire la presenza di tutte queste an­tiche civiltà, che difficilmente il turista occa­sionale sente, ma che noi dovremmo sentire. Noi tra l’altro che di letteratura classica ne ab­biamo poca, sono aspetti che dovremmo prendere in considerazione per formare una coscienza. C’è una contraddizione di fondo, da un lato questa poesia naturale e dall’altra la solitudine e tutto ciò che di negativo ha fat­to questa solitudine. È anche terra di bandi­ti, questo è anche frutto della millenaria soli­tudine, interrotta dal turismo, che ci è caduto addosso. E’ presente il racconto di Enrico Mattei,che viene da queste parti e decide di realizzare il famoso Pugnochiuso. Nessuno aveva capito chi fosse e quali possibilità eco­nomiche e politiche avesse. Alla fine si è vi­sto cosa ha fatto e dopo di lui c’è stata Sorai­a, che separata dal re di Persia fu riempita d’oro e ricchezze e comprò un terreno a Vieste”. Una Vieste da scoprire, da studiare, insediata in un territorio ricco di storia, come mo­strano i siti archeologici e le contaminazioni architettoniche. “Andare alla ricerca delle proprie radici”, come dice Pazienza, in parti­colare oggi, per recuperare quella stessa identità che il territorio ancora racconta.

“Certe cose andrebbero insegnate a scuola e attraverso essa vedere di stimolare curio­sità soprattutto tra i ragazzi – dice Pazienza – Certe nozioni bisogna insegnarle fin dalle elementari, pensare di insegnarle a un ra­gazzo che frequenta il terzo liceo è difficile, si è già formati. Bisogna cominciare da ragaz­zi, come si fa in altre realtà”.

La difficoltà nel trovare materiale si è riscon­trata nel dialogo stesso con chi vive il territorio, ma soprattutto nell’assenza di fonti. “È stato difficile trovare materiale per questo vo­lume. Non ho trovato pubblicazioni, ho rac­colto informazioni varie da numerosi libri che ho letto”, conclude.

Silvia Guerrieri

l’attacco