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UNIVERSITA‘ BARI/ TROMBE D’ARIA, SICCITA‘, CAMPI DESERTI COSI‘ IL CLIMA STA CAMBIANDO LA PUGLIA

Il cambiamento climatico è una realtà che anche in Puglia porta a una serie di variazioni, pericoli e fe­nomeni fino a qualche decennio fa estremamente rari. Gli squilibri me­teorologici, la desertificazione del­la terra e i pericoli legati alle coste sono dirette conseguenze, aggrava­ti da un forte consumo del suolo per l’azione dell’uomo sul territorio.

LE TEMPERATURE

«Negli ultimi sessantanni la tempe­ratura globale è aumentata di un grado centigrado circa – spiega Do­menico Capolongo, docente di geo­grafia fisica e geomorfologia all’Uni­versità di Bari – In Italia e in Puglia invece l’aumento è stato di 2 gradi perché siamo nell’hotspot climati­co del Mediterraneo. Aumentano i picchi di calore, le giornate molto calde saranno sempre più frequenti in futuro e crescono sia in numero che in intensità. In futuro potrem­mo anche raggiungere i 47 gradi». Dai dati Ispra spiccano gli aumenti sia nelle temperature minime sia in quelle massime, in modo particola­re nel Foggiano e nella zona del Ta­voliere (parliamo di circa +1,5 gradi nelle minime e di 2 nelle massime) rispetto alla media 1961-1990.

LE PIOGGE

L’altro problema è legato ai periodi in cui non piove, con una continua crescita di giorni consecutivi sec­chi. «Abbiamo più calore e si accu­mula più energia in atmosfera, con maggiore capacità di trattenere umidità nell’aria – continua il pro­fessor Capolongo – Così siamo sog­getti a precipitazioni estreme che crescono in frequenza e intensità perché paradossalmente non piove per periodi molto lunghi, ma la quantità di pioggia annua resta qua­si costante e si concentra in eventi estremi. In passato magari ce n’era uno ogni 100 anni, oggi abbiamo tempi di ritorno di cinque o dieci an­ni o anche due per certi eventi allu­vionali». È sul Tavoliere e in una zo­na sovrapponibile al confine della provincia di Lecce con quelle di Brindisi e Taranto che le mappe Ispra indicano le aree con minore precipitazione cumulata in Italia.

GLI EFFETTI

Le prime conseguenze sono legate alla desertificazione: il suolo perde capacità produttiva, l’erosione è molto più intensa e le piogge estre­me ne tirano via pezzi abbondanti. «Abbiamo vissuto un anno decisa­mente anomalo, con una primavera più fresca in cui ci sono state anche gelate e grandinate per poi avere una forte riduzione di precipitazio­ni che hanno portato a fenomeni di siccità che si sono ampliati per estensione geografica e intensità – spiega Ramona Magno, del CnrIbe – Da uno studio sulle proiezioni cli­matiche e l’aumento di anidride car­bonica nel periodo 2021-2070 nello scenario medio gli impatti maggiori in agricoltura si avrebbero sulle piante da frutto e le orticole nella Capitanata e nel bacino tarantino di Stomara e Tara. Con scenari peg­giori sarebbe interessata anche l’area delle Terre d’Apulia, fra il Bare­se e il Brindisino. Di solito dopo un lungo periodo siccitoso ci possono essere eventi estremi di pioggia, ma il terreno è secco e l’acqua non rie­sci a infiltrarsi». E poi ci sono le tem­perature dei mari, il cui aumento porta instabilità, e l‘innalzamento delle acque. Fenomeni come le trombe d’aria, nel Foggiano o nel Sa­lente da rari sono diventati quasi consuetudinari. «La costa ionica del Salento è stata colpita negli ulti­mi anni da intense mareggiate», scrivono Marco Delle Rose (del Cnr di Lecce) Corrado Fidelibus (Unisa- lento) e Mario Marcello Miglietta (Cnr di Padova). C’è il caso di Torre Suda del 2018, «con mareggiate che hanno anche causato lo spostamen­to di vari blocchi di roccia sulla piat­taforma costiera. Uno di essi, con sti­mato inferiore alla 2 tonnellate, è stato staccato dalla massa rocciosa lasciando ben in vista la nicchia di distacco, a indicare la posizione pre­cedente l’impatto delle onde di tem­pesta» a circa 7 metri di distanza. O quello fra il 12 e il 13 novembre 2019 con «venti di scirocco con raffiche di 100 km/h sul Salento ionico. A Gallipoli il lungomare è stato chiu­so al traffico a causa di blocchi di roccia rimossi dalle barriere frangi­flutti e frammenti di manufatti, tra­scinati nel mezzo della carreggiata dalla furia delle onde. Il blocco di di­mensioni maggiori presentava un volume di circa 3 metri cubi e un pe­so stimato di circa 8 tonnellate»

IL RUOLO DELL’UOMO

«Le ondate di calore sono legate an­che a come il suolo le recepisce – spiega ancora Domenico Capolongo – Il problema è legato consumo di suolo: vuol dire rendere artificia­li, con l’intervento dell’uomo, suoli naturali che normalmente mitiga­no questi impatti di calore o le piog­ge estreme perché in parte l’acqua si infiltra e in parte ruscella in super­ficie. Se togliamo la parte in cui si infiltra, resta tutta in superficie». Con­sultando l’ultimo rapporto Ispra si nota come la Puglia sia fra le peggio­ri d’Italia in termini di consumo di suolo, con l’8,l per cento rispetto al­la media nazionale del 7 fortemente concentrato da Bari a tutta l’area meridionale soprattutto costiera.