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CELESTINO V IN PUGLIA. I GIORNI DEL PAPA CHE TORNO’ MONACO NEGLI SCENARI DELLA TERRA DEL GARGANO

Questo libro è nato sull’onda della cu­riosità: la scoperta che i luoghi dove papa Celestino V – tornato frate Pie­tro dal Morrone – ha vissuto le sue ultime gior­nate da uomo libero, sono luoghi a me cono­sciuti, “cari al cuore e allo sguardo”, a pochi chilometri dalla mia città di Foggia: Apricena, la Foresta Umbra, Rodi Garganico, Vieste”. E’ lo stesso autore Vincenzo D’Erricoche nell’introduzione alle pagine del suo libro “La fuga in Puglia di Celestino V. Fit monachus qui papa fuit”, Aracne Editrice, fornisce le coordinate per inquadrare le ragioni all’origine di un pregevole lavoro di ricerca esitato nella stesura di un saggio/romanzo storico.

D’Er­rico fa partire la narrazione profilando alcuni cenni biografici di Pietro Angelerio, più cono­sciuto come Pietro del Morrone, diventato Celestino V dopo l’elezione a Sommo Ponte­fice. L’eremita e monaco benedettino già molto anziano fu eletto all’unanimità il 5 luglio 1294. Come narrano le cronache del tempo, rendendosi ben presto conto della sua inca­pacità e della sua tremenda responsabilità, cominciò a pensare all’abdicazione. Il 13 di­cembre del 1293, riunito il concistoro, rinun­ciò al papato. Il 24 dicembre gli succedeva Benedetto Caetani, Bonifacio VIII.

Celestino V, tornato Pietro del Morrone, avrebbe volu­to riprendere la vita eremitica, la vocazione che egli sentiva di avere pericolosamente tradito nei mesi del suo pontificato. Dopo al­terne vicende e per sfuggire al controllo del suo successore Pietro fuggì decidendo in se­guito di raggiungere la Grecia ma una tempesta gli impedì il passaggio, e fu arrestato sulla spiaggia, a Vieste.

“Questo evento di cui sono venuto a conoscenza per caso, nel cor­so di una mia ricerca in internet, mi ha incu­riosito da subito ed ho cominciato ad indaga­re” spiega l’autore che in sei mesi di scanda­glio delle carte e dei documenti contenuti ne­gli archivi della Biblioteca della città di Benevento ha raccolto gran parte del materiale oggetto dell’intreccio narrativo. Dall’elabora­zione romanzata delle fonti così studiate e processate D’Errico finisce per ricomporre gli eventi accaduti 800 anni fa in una ricostru­zione in cui verità storica e invenzione pro­cedono in parallelo alla creazione di un ordi­to avvincente: “Non ho certo la pretesa di aver scritto un saggio storico, ma sono sicu­ro di aver scrupolosamente tentato di coniu­gare le fonti che sono riuscito a rintracciare alla mia fantasia, documentando il docu­mentabile e immaginando il resto. Nel ritrat­to dei personaggi, che pure si attiene alla ico­nografia classica, così come nel discorso di Celestino sulla spiaggia di Vieste e nel suo drammatico colloquio con Bonifacio VIII ad Anagni – con la descrizione degli ambienti do­ve si svolsero le azioni -, prevale la mia im­maginazione e l’emozione suscitata, nell’unire tutti i pezzi della sua vita, dal rievoca­re l’atmosfera di quell’epoca e quasi perce­pire i sentimenti che dovette provare un Pa­pa, divenuto poi santo, costretto alla fuga ver­so la Grecia” spiega ancora lo scrittore e giornalista.

Nelle misurate aggiunte narrati­ve che si palesano in forma di interventi di dia­loghi, descrizioni, analisi introspettive dei personaggi che danno corpo alle vicende, l’autore non perde occasione per tratteggia­re i luoghi della Montagna Sacra in cui sì di­pana la vicenda “ci sono le rappresentazioni del Gargano, della Foresta Umbra, i profumi dei sentieri, l’odore dell’origano selvatico, l’immensità del mare che abbraccia la costa”. In posizione di centralità nello scenario geo­grafico della provincia di Foggia c’è quel mo­nastero di Apricena che fu prima roccaforte della presenza celestiniana in Puglia, punto di riferimento del papa tornato monaco che ci resta per un mese meditando un approdo che non avverrà mai verso l’altra sponda del­l’Adriatico.

Nella bella prefazione al libro cu­rata dalgiornalista Maurizio Tardioemerge tutta l’attualità della parabola di Celestino V/Pietro del Morrone che proprio sul Garga­no cercò la salvezza e che però ebbe in sor­te un diverso epilogo nella cattura finale per mano degli sgherri di Bonifacio VIII: “ La mo­dernità di una vicenda del Duecento è nella suddivisione dei capitoli, che rendono il rac­conto simile a una fiction a puntate, di quelle che incollano al teleschermo e permettono di conoscere figure e figuri, senza mai perdere il filo di una narrazione che non è mai un pro­cesso a una decisione presa, ma un reso­conto verosimile di una cronaca che affasci­na oggi come ieri, perché è storia di debolez­za e di totale abbandono alla volontà umana e che per certi versi offre una luce nuova dei due protagonisti: Celestino V e Bonifacio VIII”. Il libro di indubbio interesse culturale che presenta anche la prefazione di Gino Capozzi,è stato di recente acquistato in di­verse copie dalle Università di Cambridge ed Harvard.

Daniela Corfiati

l’attacco