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NUOVO PENTITO NELLA MAFIA DEL GARGANO, INIZIA A COLLABORARE ORAZIO CODA. SCRICCHIOLA IL MURO DI OMERTÀ

Quasi due secoli dietro le sbarre decisi dai giudici del Tribunale di Bari che hanno inflitto pene a boss e picciotti del clan Raduano, batteria “vincente” della guerra con la fazione rivale. Tra i condannati il boss Marco Raduano detto “Pallone” al quale sono stati inflitti 3 anni e 4 mesi.  Tra i condannati anche Liberantonio Azzarone detto “Antony”, braccio destro e nipote di Raduano, al quale sono stati inflitti 5 anni e 4 mesi. Durissime, invece, le condanne per Marco Langi, 10 anni e 4 mesi e Davide Carpano detto “Daviduccio”, 12 anni.

Condannati inoltre, ma con un importante sconto di pena, i due collaboratori di giustizia Danilo Pietro Della Malva, 8 anni e Giovanni Surano, 5 anni e 4 mesi.Il prezioso apporto probatorio dei “pentiti” ha ulteriormente sostenuto le accuse dell’autorità giudiziaria barese.

Raduano e Azzarone, nel giugno del 2020, per la prima tranche d’indagine, derivante in particolare dai fermi del pm emessi nell’agosto del 2018 dalla DDA di Bari ed eseguiti sempre dai militari del Nucleo Investigativo di Foggia, erano stati già condannati rispettivamente a 19 anni e 18 anni e 10 mesi di reclusione. Con loro, condannati Gianluigi e Luigi Troiano, il primo a 9 anni e 2 mesi, il secondo a 3 anni e 4 mesi.

“Neve di Marzo” aveva, di fatto, consentito di disarticolare un “sistema criminale” radicatosi nell’area del Gargano. Contestata in particolare l’associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal “metodo mafioso” e dall’uso di armi.

Durante le indagini, iniziate nell’estate 2017, diversi erano stati gli arresti operati dagli investigatori dell’Arma, come anche gli importanti recuperi di stupefacente (cocaina, marijuana e hashish) e di armi, anche da guerra, il tutto sotto la direzione ed il coordinamento della DDA di Bari.

Tra gli altri condannati: Nicola Monacis detto “Lampadina” 10 anni, Francesco De Vita 6 anni, Giovanna Grilli 3 anni, Michele De Vita 2 anni e 8 mesi, Vincenzo Langi un anno e 4 mesi, Giuseppe Lorusso detto “Il nero” 10 anni, Antonello Scirpoli detto “Mussulin” 2 anni e 2 mesi, Carlo Sicignano 3 anni, Gianmichele Ciuffreda detto “Paparedd” 4 anni, Daniele Cotugno 2 anni.

Altri due imputati di rilievo, Michele Notarangelo alias “Cristoforo” e Mario Raduano detto “Mariolicchio”, sono andati a dibattimento optando per il rito abbreviato condizionato davanti al collegio di Foggia. (In alto, Orazio Coda; sotto, Marco Raduano e Danilo Della Malva)

Scricchiola il muro di omertà sul Gargano. Dopo Danilo Pietro Della Malva detto “U’ Meticcio” e Giovanni Surano, si è pentito Orazio Lucio Coda, ex membro, come i primi due, del clan Raduano di Vieste. Coda ha iniziato un percorso di vita nuovo, avviando una collaborazione con la giustizia. 

Il giovane, 31 anni, era stato catturato dai carabinieri di Termoli ad inizio ottobre scorso. Su di lui pendevano accuse di rilievo: associazione di tipo mafioso, furto aggravato, riciclaggio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e porto di armi in luogo pubblico.

Coda potrebbe fornire importanti dichiarazioni sulla recente guerra di mafia che ha sconvolto Vieste dove numerose persone, soprattutto giovani, sono state ammazzate nell’ambito della rivalità tra i clan Raduano e Iannoli-Perna, nati dalla scissione del gruppo Notarangelo.

 Il 31enne è stato inoltre coinvolto nel maxi blitz del 2019 “Neve di Marzo”, sfociato nel processo (22 imputati) che si è concluso poche settimane fa con una raffica di condanne. La più pesante proprio nei confronti di Coda al quale sono stati inflitti 18 anni di reclusione.

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