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MAFIA DI VIESTE IN GINOCCHIO: DURA CONDANNA ANCHE A NOTARANGELO, “GORILLA” DEL CLAN RADUANO. 10 ANNI DI CARCERE

Si chiude l’ultima tranche del processo “Neve di Marzo” contro la criminalità viestana. Oltre a “Cristoforo”, inflitto un anno e 4 mesi a Mario Raduano detto “Mariolicchio”. La sentenza del Tribunale di Foggia.

Dieci anni di reclusione a Michele Notarangelo alias “Cristoforo”, 25enne di Vieste, esponente di rilievo del clan Raduano. Questa la decisione del Tribunale di Foggia al termine del processo con rito abbreviato condizionato a carico del giovane garganico. Un anno e 4 mesi (più 2600 euro di multa), invece, a Mario Raduano detto “Mariolicchio”. Notarangelo e Raduano erano tra gli imputati – oltre 20 persone – del processo “Neve di Marzo” dal nome del blitz omonimo del 2019 messo a segno da DDA, Procura di Foggia e Arma dei Carabinieri. Per Notarangelo i giudici hanno anche applicato la misura di sicurezza della libertà vigilata di tre anni da espiare all’esito dell’esecuzione della pena ed è stato disposto il ritiro della patente di guida per la durata di un anno. Inoltre, confisca e distruzione della droga sequestrata e confisca delle armi da destinare alla Direzione di artiglieria territorialmente competente.

È l’ennesima mazzata per la mafia garganica e viestana in particolare, già colpita da pesanti condanne in due tranche separate dello stesso processo. Il boss Marco Raduano alias “Pallone” e il suo braccio destro e nipote Liberantonio Azzarone detto “Antony” erano già stati condannati rispettivamente a 19 anni e 18 anni e 10 mesi di reclusione, mentre la stragrande maggioranza degli imputati ha subìto pene molto dure ad ottobre scorso per quasi due secoli di carcere. Tra i condannati di “Neve di Marzo” spiccano anche i tre pentiti Danilo Pietro Della Malva detto “U’ Meticcio”, Giovanni Surano e Orazio Lucio Coda, quest’ultimo collaboratore di giustizia da pochi giorni. Il muro di omertà che per troppo tempo ha circondato Vieste sta scricchiolando dopo anni di guerre e morti ammazzati, molti di questi giovanissimi.

In “Neve di Marzo” spiccò proprio la figura di Michele Notarangelo detto “Cristoforo”, ampiamente intercettato durante le indagini. Secondo il gip, “Notarangelo aveva poteri decisionali che gli consentivano di imporsi rispetto a Marco Langi e Orazio Coda” (tutti arrestati in “Neve di Marzo”, ndr). Dalle conversazioni emerse “un’indole quanto mai violenta e vendicativa di Notarangelo” che si ergeva “a punitore dei traditori e bramoso di vendetta per la morte dell’amico Antonio Fabbiano occorsa qualche giorno prima (il 25 aprile 2018, ndr)”. Da quell’agguato si salvò proprio Notarangelo, fuggendo a gambe levate. Per l’omicidio di Fabbiano è stato arrestato, pochi mesi fa, Giovanni Iannoli detto “Smigol”, appartenente alla fazione Iannoli-Perna, rivale dei Raduano.

Ma ecco i sanguinari propositi di Notarangelo, captati dagli inquirenti: “Vedi a questo, io lo prenderei a botte di martello in testa a questo pisciaturo di merda”. E ancora: “Comunque ce lo dobbiamo fare un’altra volta, ancora sta da qualche parte, figlio di bastardo”. Secondo quanto riportato in ordinanza, a parere degli investigatori, “il giovane Notarangelo risulta essere il braccio armato, o quantomeno il braccio punitore del gruppo perché si muove in nome e per conto di Azzarone (e dunque anche di Raduano), tanto è vero che nel marzo 2018, quando iniziano ad esserci le prime avvisaglie che hanno poi portato Gianmarco Pecorelli a cambiare casacca e iniziare a spacciare per il gruppo Perna, era Notarangelo che veniva incaricato di andarlo a cercare per avere chiarimenti circa il suo comportamento sospetto”.

Durante un vertice malavitoso, “Michele Notarangelo – si legge nelle carte dell’inchiesta – si proponeva ad Azzarone di uccidere i nemici all’arma bianca: ‘Nel corpo a corpo si… non tiene scampo’. E ancora: ‘Comunque se questo sta in giro lo uccido a botte di martello in mezzo alla strada, lo prendiamo, lo circondiamo e lo uccidiamo proprio di taccarate, ma proprio forte, forte, forte, forte, forte, in tal caso si incazza ancora di più che poi mi devo mangiare il cuore. Stasera acchiappiamo… ci ficchiamo le pistole, andiamo ad uccidere a ‘Ciaciak’ – mentre parla – scrivono ancora gli inquirenti – si batte la mano sul petto come un gorilla –. La scia è lunga, è lunga… allora mo dobbiamo andare pure sopra la spiaggia… dobbiamo spezzare le gambe se ne deve zompare pure lui… sta storia non la può raccontare a nessuno… Poi se andiamo a sbattere in modo che se stasera lo troviamo in mezzo alla piazza e lo trovo che sta lo squaccio il petto. Vado là, una bella 44… gli faccio tre o quattro botte in corpo”. Secondo il gip, “Notarangelo e Azzarone progettavano di mandare qualcuno in ospedale a colpi di martello”.

Notarangelo: “Si, si… io a quello ecco perché voglio il martello che gli devo sfraganare le mani, i legamenti glieli devo torcere, tu mi devi dare un martello che mò ti faccio vedere io l’arte del martello”.

Azzarone: “Gli infilzo il coltello in mezzo alla mano, sopra la strada lo devo pigliare… faccio col coltello così, la mano non la deve poter usare più”.

Notarangelo: “Gli devo zappare in testa, in testa gli devo zappare, in testa gli devo zappare… Se non mi hanno venduto proprio loro… Io non mi fido più di nessuno, non mi fido neanche più di me stesso tu mo immagina”. Secondo i giudici, i due sono “chiaramente alla ricerca dei soggetti che hanno voltato le spalle al gruppo Raduano”. Tra i bersagli c’era anche il defunto Gianmarco Pecorelli, passato nel “sodalizio Perna”.

La caccia ebbe termine quando Notarangelo, Azzarone e Coda trovarono uno dei presunti rivali per strada obbligandolo a salire nella loro auto. “Dopo averlo picchiato – riporta l’ordinanza – si sentiva il Coda dire agli altri due: ‘Al Nero l’ho mazzolato buono buono… Pure io a botte di martello’. Poi il Notarangelo si esaltava nel raccontare le fasi dell’analogo pestaggio subito da un altro giovane del posto, dicendo all’Azzarone: ‘Tu a quello, lo hai crepato in corpo a quell’altro… Bravo, bravo, bravo… così le schegge si sono ficcate nel cervello… bravo’”.

Si comprende chiaramente come Gianmarco Pecorelli fosse passato con i rivali da un’intercettazione agghiacciante in quanto a violenza. 

Coda: “Che gli è successo! Che deve succedere! È diverso il discorso! Che deve succedere!”

Azzarone: “Traditore!”

Coda: “Lo uccido! Poi dobbiamo giocare a pallone con la testa sua davanti alle tre piante… dobbiamo fare i palleggi davanti alle tre piante… ci mettiamo e palleggiamo”.

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