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STORIE DI CALCIO DI PUGLIA BY NICO COMO/ SOLLITTO: BANDIERA RARA DEL CALCIO MODERNO. ROCCO AUGELLI: GUIDA SPIRITUALE. IL BALUARDO DELLA RIPARTENZA DI ECCELLENZA. NO PLAYOFF: COLPA DI CALCIATORI TECNICI E SOCIETÀ

“Se ho lasciato il calcio ed ho accettato di fare l’allenatore e’ perché ho ricevuto una vocazione dal cielo, da Rocco Augelli. Rocco era un esempio di atleta, vita sana, attaccamento alla maglia. Era uno dei 5/6 fratelli, con Colella, Gentile, Bua, Silvestri, il fratello Paolo che, con l’avvento dell’era Spina hanno fatto diventare grande il Vieste. Pranzavamo, dormivamo,  uscivamo sempre insieme. Lui sognava di fare l’allenatore, con me D.S. e Paolo (Augelli) preparatore atletico. Quando mi hanno proposto di fare l’allenatore e sono tornato a casa, addormentandomi, ho sognato che fosse lui a darmi la spinta per andare al timone, con lui guida spirituale”.

Una vita al servizio del calcio viestano, quella di Francesco Sollitto, 34enne dell’omonima città, ancora idoneo a calcare i campi, ma che non si pente affatto di aver appeso le scarpe, in quello che ritiene il momento propizio.

Si innamora presto del calcio, condotto dal padre a soli 6 anni al campo sterrato della città garganica. Percorre la trafila giovanile esordendo in deroga a soli 15 anni in 2^ categoria, parallelamente all’ingresso della storica famiglia Spina, che conduce il Vieste, con una promozione ogni 3 anni, dalla 2^ categoria alla Eccellenza, dove e’ in dimora fissa da 11 anni (record pugliese).

E’ svezzato da 2 tecnici, ora avversari, a cui e’ molto legato: Massimiliano Olivieri e Franco Cinque.

Da loro ha imparato tanto e quest’ultimo lo porta con sé nella breve esperienza fuori dalle mura di casa, in Serie D a Manfredonia, dove ci resta pochi mesi, perché pur in una città dall’alta mentalità calcistica, vivendo in albergo da tipico calciatore, scarseggiano i soldini, costretto a rientrare in patria, da cui non si e’ più allontanato, forse per la mancanza di un pizzico di coraggio.

Di mister Cinque ci racconta un simpatico aneddoto: “il mister e’ un guerriero, riesce a trovare motivazioni anche nei momenti bui. Lo e’ anche di notte, perché nei ritiri non dormiva e lo appioppavano sempre a me. Fu però ad un ritiro a Roma, per un’amichevole che la società ci regalo’ contro la Lazio, che mi predisse che sarei diventato capitano del Vieste”.

Con mister Olivieri e’ legato alla maggiore gioia e delusione, “perché da un lato (2014/15) ritengo fosse la migliore squadra, togliendoci la soddisfazione a novembre di battere in casa loro (1-2) la candidata alla vittoria (Francavilla di Calabro) e portandoci a +10. La mancanza di coraggio della società ed una serie di passi falsi successivi, pur vincendo il titolo d’inverno, ci porto’ a scivolare sempre più, fino ad arrivare 5° a -22 dagli stessi vincitori brindisini”.

Grande delusione, come per la sconfitta in finale di Coppa vs il Corato, con la pandemia alle porte, in un 1° tempo con i garganici veri protagonisti.

Francesco e’ stato anche leader e baluardo del Comitato per la ripartenza dell’Eccellenza, lanciando 2 sottili bacchettate ad iniziare dai Presidenti.

“Ho spinto tanto, ed era giusto lottare per i giovani e le famiglie. Ma molte società pretendono professionalita’ ma pagano briciole, anzi molte partono sparate, poi dopo 2 mesi mollano tutto”. Ce ne ha anche per alcuni colleghi “molti che sembrano dei supereroi, sono invece timidi e subito si dileguano; se ognuno va per la sua strada, difficile cambiare. In certe situazioni bisogna avere più coraggio. Se quest’anno non ci sono Playoff e’ anche colpa di calciatori, tecnici e società”.

Anche per il tecnico viestano e’ l’ora di tornare al girone unico, più affascinante ed anche faticoso. Ma non disprezza questo attuale: “E’ calata la qualità, ma c’è lo stesso furore agonistico, corsa e via libera a tanti giovani”.

E vale molto per il suo Vieste, sottostimato a suo dire dai giornalisti, forse perché geograficamente ai margini, non dagli addetti ai lavori, piazza ideale, perché senza pressioni, per i giovani, vivendo in città e facendo la vita da calciatori, 24h a disposizione della società.

Il suo pensiero e’ fisso li, alla crescita di un gruppo tra i più verdi dell’Eccellenza (poco superiore ai 21 anni di media), ad ottenere il 12° miracolo in Eccellenza e ad alzare l’asticella da gennaio dell’intero gruppo.

Ma non disdegna anche un pizzico di ambizione personale: “Amo questo lavoro e mi dedico con professionalità, ma al tempo stesso umiltà, perché ho tanto da imparare, rubacchiando qui e là”.

E con la fede da cristiano, non mette limiti alla Divina Provvidenza, “solo il Signore sa dove posso arrivare. E come da calciatore sogni di vincere la Champions, da allenatore il pallino sarebbe allenare il Liverpool”.

Sognare non costa nulla per una rara bandiera come lui, specie se poi ha un angelo custode come Rocco Augelli che lo ispira e guida in ogni passo.

Storie di Calcio di Puglia by Nico Como