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CHIESA – COSA RIMANE DI CRISTO (CIOE’ “LUCE, FORZA E GIOIA?”) NEI GIOVANI. DON ROSSANO SALA: “SERVONO ADULTI COME SI DEVE, NON ADULTERATI”

Conoscere i giovani oggi è un compito forse ancora più complesso. Gli stimoli cui sono sottoposti gene­rano nuove reazioni e altrettante emozioni, permet­tendo così un continuo alternarsi di sensazioni. Ben noto è il fatto che “ad ogni azione corrisponde ad una reazione uguale e contraria” e i giovani sono espressione di queste conseguenze. Nella società contemporanea molti sono gli stimoli e le percezioni che nascono da un singolo fattore. Se si pensa all’avvento (costante e imperativo) della digi­talizzazione, si scoprono nuovi rapporti “con l’altro”. Di con­seguenza, i giovani oggi sono bombardati da continue in­formazioni e sulla base delle esperienze personali, nonché dell’educazione (e del carattere) si concentrano le reazio­ni a tali concetti. Per esempio, se un tempo il bullo era fat­to di carne e ossa, oggi può essere anche un leone da ta­stiera. Per alcuni, questi cambiamenti sono anche legati al­la fede, un concetto che oggi è vittima di scherno e che ve­de sempre meno giovani propensi ad accoglierlo. Questo è dovuto al fatto che la fede oggi è più la conquista di un per­corso spirituale?

Quello su cui però in molti concordano è che il comporta­mento degli adulti funge da polo per quello degli adole­scenti, che ne sono specchio e sintomo costante.

A parlare di questo presso la parrocchia di San Gugliemo a Foggia c’è Don Rossano Sala,docente presso l’Universi­tà Pontificia Salesiana e direttore di NPG – Note di Pasto­rale Giovanile.

“Cerchiamo di parlare di sinodo ai giovani, che si è un po’ fermato a causa della pandemia e che oggi fatica a riparti­re per via della guerra – commenta Don Sala -. Vediamo che la situazione globale ci crea molte tensioni. Questo sinodo è un roseto che non è ancora fiorito, perché ha generato tanti bei desideri e buone intenzioni, ma non è riuscito molto a concretizzare. Noi terremo insieme le istan­ze sinodali che sono uscite, quali ascolto, accoglienza, prossimità, vicinanza e dell’annuncio, in una società che or­mai è orientata ad un umanesimo esclusivo. Come si fa con gli adolescenti? Si è comunità credente e se manca questo, manca il pavimento dell’evangelizzazione e dell’umanizzazione. Abbiamo bisogno di una società e di adulti che non siano adultescenti, non adulterati, ma che siano adulti co­me si deve. Persone che hanno incontrato qualcosa di grande nella vita e sprigionano nella loro vita questo incon­tro. Per noi il cristianesimo è questione di luce, di forza e so­prattutto di gioia. Papa Francesco ci ripete sempre: “Evan­geli gaudium”. Con gli adolescenti c’è bisogno di tanta pa­zienza, in quest’anno in cui festeggiamo i quattrocento an­ni di San Francesco di Sales, direi (come diceva lui): “Per educare una tazzina di scienza, un barile di prudenza e un oceano di pazienza”. Una piccola formula, simpatica se vo­gliamo, ma molto profonda. Stare con i giovani, non ab­bandonarli è una questione di pazienza, la prudenza nel da­re le giuste indicazioni nella vita. Lasapienza nel ricono­scere a quel che veramente conta. La sapienza, inoltre, ci riporta all’immagine del sale, quel non perdere sapore. Ge­sù ma si domanda quanti cristiani o quanto sale ci sia, ma si preoccupa che il sale non perda il suo sapore, la sua qualificazione e il suo essere. Al Cristianesimo si chiede di es­sere se stesso: persone felici di aver incontrato il Signore della vita e della speranza, capace di accompagnare i gio­vani camminando con loro. Grande tema della sinodalità è camminare coni giovani, percorrere insieme lo stesso cam­mino. Mi piace pensare al Cristianesimo come un grande pellegrinaggio dell’opera di Dio. In Puglia è stato inaugura­to da qualche anno il cammino di Don Tonino Bello, è un’opera bella che possiamo fare con i giovani, cammina­re sulle opere dei Santi con loro. Dobbiamo farci conqui­stare dalla loro bella testimonianza di gioia, pace e amore. Camminare con coraggio, senza perdere speranza, perché uno dei rischi dei tempi di oggi è perderla. Dovremmo colti­vare la speranza, organizzarla e viverla tutti i giorni”.

Una speranza che determina il cammino di una gioventù forse oggi ancora più sola, nonostante le accortezze sul po­liticamente corretto e una maggior elasticità mentale sui te­mi più vari. I giovani sono così specchio del mondo moder­no, intrappolati su una tela che non ancora possono dipin­gere da soli, per lasciare la propria impronta, mentre co­struiscono identità e valori. Giovani che lottano, che sono barometro di quelle che succede all’interno delle comunità e che come tali possono fornire informazioni e spiegazioni a quei fenomeni (come l’esodo) su cui oggi ci si pone im­portanti e sempre più frequenti interrogativi in cerca di so­luzioni e risposte.

“I giovani sono sismografi e sentinelle del nostro tempo – prosegue Don Sala -. Pensiamo al tema della mobilità gio­vanile. In quanti partono dalle vostre terre cercando fortu­na nel Nord Italia o nel Nord Europa? Quanti dall’Africa cer­cano fortuna sulle coste del Mediterraneo? Significa che i giovani, nel momento in cui si muovono, sono alla ricerca e insoddisfatti e bisogna chiedersi perché. Di cosa sono alla ricerca? Bisogna rispettarla e accettarla, cogliere le radici e le motivazioni per rispondere. Perché se ne vanno? Per­ché non vogliono restare? Questi sono interrogativi che una comunità cristiana si deve porre e deve cercare delle rispo­ste. Non voglio darne di precostituite, il soggetto che deve interrogarsi è la città di Foggia e della sua diocesi. Papa Francesco ci ha chiesto di metterci in discernimento. Di va­lutare e giudicare le cose, di prendere decisioni rischiose e non avere paura di affrontare le sfide del nostro tempo. Pen­siamo ad esempio al mondo digitale. Non è semplicemen­te uno strumento del demonio, ma può servire, come tutti gli strumenti, per il bene e per il male. Dipende dalla nostra co­scienza morale e dalla nostra capacità educativa, dal no­stro accompagnamento”.

l’attacco