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ABUSI E VIOLENZE SU PAZIENTI PSICHIATRICI, ARRESTI A FOGGIA

Con le accuse di maltrattamenti e abusi sessuali nei confronti di 25 pazienti psichiatrici ricoverati nella struttura socio sanitaria Don Uva di Foggia, 15 tra operatori sanitari, infermieri e ausiliari, sono stati arrestati e altrettanti sono stati raggiunti da misure cautelari (obbligo di dimora e divieto di avvicinamento alle vittime). L’indagine, coordinata dalla Procura di Foggia, è stata condotta da carabinieri Nucleo Investigativo e del Nas. Le accuse sono di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, violenza sessuale, favoreggiamento personale nei confronti di almeno 25 pazienti ricoverati.

Sono 25 le persone che, secondo gli investigatori, avrebbero subito abusi dagli indagati. Si tratta di degenti che si trovano in condizioni di incapacità e o di inferiorità fisica o psichica ricoverate nel reparto femminile di psichiatria di lunga degenza ed hanno tutte tra i 40 ed i 60 anni. Le indagini sono state avviate la scorsa estate. Perquisiti, oltre alle abitazioni dei 30 indagati, anche gli uffici ed i locali della struttura sanitaria oggetto di indagini. I vertici della struttura non risultano indagati.

Avrebbero chiuso le pazienti a chiave nelle stanze, le avrebbero legate ai letti o alle sedie con le lenzuola. Le avrebbero umiliate, picchiate, minacciate e offese approfittando della loro età avanzata e della loro disabilità. I maltrattamenti erano quotidiani: i 25 pazienti vittime di violenze venivano afferrati per i capelli e per il corpo, colpiti al volto con schiaffi e pugni e trascinati per i corridoi. Le condotte delle 30 persone colpite dai provvedimenti cautelari non finivano qui: ci sono anche gli abusi sessuali compiuti da un operatore su una donna e quelle dell’Oss che ha indotto un paziente a violentare una donna.

TUTTI I NOMI – Il gip Marialuisa Bencivenga ha disposto la custodia cautelare in carcere per Anna Maria Amodio, Pasquale Andriotta, Angelo Bonfitto, Antonio Melfi, Michele Partipilo, Nicola Scopece, Nicola Antonio Tertibolese. Arresti domiciliari per Giuseppe Antonucci, Antonio D’angelo, Savino Giampietro, Martina Pia Longo, Ciro Mucciarone, Salvatore Ricucci, Aldo Rosiello, Rosanna Varanelli. Divieto di dimora nei locali della struttura Don Uva e di avvicinamento alle persone offese per Rosa Cocomazzi, Aurelio D’Ambrosio, Francesca D’Angelo, Vittorino De Santis, Damiano Difeo, Gianmarco Pio Gaeta, Lorella Lo Conte, Antonio Macajone, Antonio Pio Pagliuso, Anna Antonietta Perrella, Alessandra Anna Sanna, Assunta Santarsiero, Luigi Surgo. Solo divieto di dimora nei locali del Don Uva per Vincenzo Lobardi e Antonio Roberto.

“Le agghiaccianti circostanze il cui accertamento è stato reso possibile dalla capillare attività investigativa – scrive il gip Bencivenga nell’ordinanza – si sono sostanziate, peraltro, nella lesione della dignità sessuale delle pazienti, cui si è giunti tanto mediante condotte attive violente poste in essere da taluni degli indagati, quanto a seguito di una consapevole (e, come si vedrà rivendicata) assenza d’intervento da parte dei sanitari e degli operatori socio-sanitari, i quali hanno pacificamente consentito che alcuni tra gli ospiti della struttura venissero a contatto tra di loro e che gli stessi potessero scambiarsi effusioni e palpeggiamenti in zone erogene. Il tutto sotto lo sguardo colpevolmente inerte di chi avrebbe dovuto vigilare sui soggetti affidatigli, prendersi cura di persone in evidente stato di disagio mentale e indirizzare i comportamenti dei sottoposti verso la cura e l’amorevole presa in carico, nell’ambito di un percorso — per quanto possibile — condiviso”.

Gli indagati sono contestati a vario titolo due episodi di violenza sessuale, 19 episodi di maltrattamenti, 13 sequestri di persona e uno di favoreggiamento personale. Quest’ultimo reato fa riferimento al tentativo di alcuni indagati di cercare microspie e telecamere installate nella clinica dai carabinieri per accertare le violenze. Quasi tutti i reati sono aggravati anche dall’essere stati compiuti ai danni di soggetti gravemente disabili, dall’aver agito con crudeltà e approfittando dello stato di minorata difesa delle vittime.

Azienda: «Sospesi tutti i lavoratori indagati»

«Abbiamo provveduto alla sospensione di tutte le persone coinvolte e procederemo ai licenziamenti laddove ce ne saranno gli estremi». Lo afferma in una dichiarazione l’Ad di ‘Universo Salutè, Luca Vigilante, riferendosi alle indagini che hanno portato alla notifica di 30 misure cautelari nei confronti dei dipendenti della società che opera nell’ex istituto ortofrenico di Foggia.
Secondo l’Ad, è «massima la collaborazione della proprietà e dei vertici di Universo Salute nelle indagini». «Siamo in attesa – aggiunge – dei dettagli del lavoro svolto dalla magistratura in collaborazione con la nostra amministrazione che, sin dal primo giorno, ha lavorato per la tutela dei pazienti, soprattutto di quelli più fragili sul piano mentale, chiedendo a tutte le Organizzazioni sindacali e a tutti i lavoratori l’autorizzazione all’installazione di telecamere anche nelle camere. Questo alla luce della delicatezza del tipo di lavoro. L’autorizzazione ci venne concessa solo in alcune zone, per giunta note a tutti i lavoratori». «Intanto – conclude – l’amministrazione aveva già operato dei licenziamenti per atti non conformi alla dignità e alle regole della comunità. Per cui noi continueremo ad essere cooperativi e collaborativi. Abbiamo provveduto alla sospensione di tutte le persone coinvolte e procederemo ai licenziamenti laddove ce ne saranno gli estremi».

Ugl: «Accuse agghiaccianti»

«E’ un vero scandalo: le accuse nei confronti degli operatori della struttura sanitaria Don Uva di Foggia, se confermate, sono agghiaccianti». Lo scrivono in una nota congiunta il segretario nazionale Ugl Salute, Gianluca Giuliano, e il segretario regionale della Puglia, Giuseppe Mesto in riferimento alle violenze nei confronti di 25 pazienti della struttura per le quali sono stati emessi 30 provvedimenti cautelari. «Siamo vicini ai pazienti e alle loro famiglie che oltre ad avere la preoccupazione di un familiare in condizioni di inferiorità fisica e psichica, si sentono traditi da uno Stato incapace di proteggere i propri cittadini più fragili», aggiungono. Per i due esponenti di Ugl, l’episodio avvenuto a Foggia è sintomo «di una sanità che deve essere riformata dalle radici». Di qui la richiesta «alle istituzioni di valutare l’introduzione dei dispositivi di video sorveglianza in tutte le strutture sanitarie affinché atti vili e ignobili come questi non debbano più accadere».

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