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FOGGIA – L’OMBRA DELLA MAFIA SUGLI APPALTI IN TRE ASL

Dopo l’interdittiva antimafia del prefetto di Foggia, Maurizio Valiante, nei confronti della cooperativa “Tre Fiammelle”, motivata dalla «contiguità soggiacente agli ambienti della criminalità organizzata», finiscono sotto osservazione altre due aziende dello stesso gruppo che fa capo alla famiglia D’Alba, la “San Giovanni di Dio” e la “Lav.i.t.” alla quale Innovapuglia ha affidato un appalto da 112 milioni 339mila 735, 35 euro. Nella gara telematica gestita nel 2020 da Innovapuglia, società della Regione attiva come centro di competenza per la gestione integrata degli acquisti, Lav.i.t. l’ha spuntata su altre tre concorrenti, assicurandosi per cinque anni i servizi di lavanolo (lavaggio e noleggio) nelle aziende sanitarie e degli Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) pugliesi. Entrambe le società sono citate nell’interdittiva, insieme alla “Tre Fiammelle”, come facenti capo alla famiglia D’Alba e socie di minoranza della foggiana “Universo salute srl”. Questo e altro viene segnalato in questi giorni dalla direzione del Policlinico Riuniti alla prefettura di Foggia. Informazioni che vanno ad aggiungersi a quanto contenuto nelle 18 pagine dell’interdittiva contro la società di cui l’imprenditore Michele D’Alba è rappresentante e vice presidente del cda. Notizie che forniscono un quadro piuttosto dettagliato anche delle attività e del giro d’affari della “San Giovanni di Dio”: oltre 100 milioni di euro di introiti per la gestione quinquennale delle Rsa della Asl di Bari e più di 10 milioni di euro per i servizi resi dal presidio di riabilitazione di Adelfia convenzionato con la stessa Asl. Ma nei rapporti indirizzati all’Ufficio territoriale del governo si parla anche di convenzioni tra “Universo Salute” e le Asl di Foggia e della Bat per un valore di circa 40 milioni di euro, che sommati ad altri porterebbero l’asticella degli incassi ad oltre 300 milioni di euro spalmati in questi ultimi anni.

Il quadro tracciato è, dunque, quello di un gruppo che dal Foggiano si è esteso in altre due province (Bari e Bat) riuscendo a radicarsi piuttosto stabilmente. Nel giugno del 2017 “Universo Salute srl” ha acquisito le cliniche Don Uva di Bisceglie, Foggia e Potenza. L’anno seguente il gruppo con alla guida Michele D’Alba e il genero Raffaele Pio De Nittis, manager della “San Giovanni di Dio”, ha rilevato il centro di riabilitazione “Padre Pio” di Capurso. La società finita nel mirino del prefetto, da parte sua, oltre ad esprimere stupore per l’interdittiva, ha preannunciato ricorso con richiesta di sospensiva. «La società cooperativa Tre Fiammelle esprime viva sorpresa dopo l’adozione nei suoi confronti dell’interdittiva antimafia da parte del prefetto di Foggia – hanno reso noto i vertici del gruppo – benché avesse fornito, nei limiti consentiti dalla scarna comunicazione di avvio del procedimento ricevuta, tutti gli elementi volti a dimostrare l’insussistenza dei presupposti per l’irrogazione di una siffatta misura». La missione dei legali è ora quella di provare a sgretolare le articolate motivazioni con cui la prefettura ha inteso dare sostanza al suo provvedimento. A cominciare dai risultati delle indagini che hanno portato alle operazioni “Decima Azione” e “Decima Azione Bis”, da cui emergerebbe l’assoggettamento di Michele D’Alba ad una «tassa di sovranità” imposta dall’associazione mafiosa Società foggiana. Ma soprattutto si evincerebbe l’esistenza di «un rapporto» tra lo stesso imprenditore ed «esponenti di vertice» del sodalizio criminale, «inizialmente di contiguità soggiacente», ma che «si oggettiva nella timidezza espositiva» manifestata nel momento in cui egli stesso si presentò alla polizia per denunciare di avere subito una richiesta estorsiva. Tutto ciò, malgrado dalle intercettazioni risulterebbe che D’Alba fosse già in contatto con un pregiudicato per il pizzo.