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LA CLIMATOLOGIA DI VIESTE E DEL GARGANO NEL PRIMO NOVECENTO DOPO LA DISTRUZIONE DEI BOSCHI. GLI STUDI DI RAFFAELE VITTORIO CASSITTO

Nel 1915 Raffaele Vittorio Cassitto, «Dottore in Scien­ze Agrarie e Diplomato nell’Istituto Superiore Agrico­lo Coloniale in Firenze», pubblica un testo sulla cli­matologia di Vieste e del Gargano che dedica alla sorella Carolina.

Nell’introduzione scrive: «Pubblico questa terza monogra­fia, con la speranza di portare un piccolo contributo alla co­noscenza degli elementi climatici del mio paese, ed in ge­nerale della regione Garganica…», chiarendo che il limite del suo lavoro, circoscritto quasi solo alla città di Vieste, era dovuto alla «mancanza assoluta di osservazioni» nelle altre località del Gargano, mentre Vieste, «la ricca, la industriale, l’agricola città del Gargano» con una popolazione di 9484 abitanti, città «ricca di cultura o specialmente di ulivi e di or­ti» , all’interno del maestoso castello poteva contare su di un Osservatorio meteorologico e di un telegrafo Mariani.

Circa l’Osservatorio meteorologico Cassitto precisava che era «l’unico e completo della provincia di Foggia», posto «sotto la direzione dei militi del R. Semaforo» con osserva­zioni fissate alle ore 9,15,18, e indicava persino gli strumen­ti in dotazione: psicometro, termometro, anemometro, anemoscopio, barometro, pluviometro.

Rilevanti le considerazioni di Cassitto circa l’importanza de­gli studi meteorologici del Gargano, data l’influenza che essi avevano sulla meteorologia dell’intera Puglia: «Infatti gli studi e le osservazioni raccolte ed eseguite dal Cagnazzi in Altamura, dal Giovene da Molfetta, dal Nigri di Foggia, dal Padre Manicone e dal Del Viscio a Vico, confermano, come i vari fenomeni atmosferici delle Puglie e specialmente della Capitanata si rannodano e sono una conseguenza dei feno­meni meteorici del Gargano».

L’autore, ai fini di completare gli studi sulla climatologia gar­ganica e di ottenere informazioni utili all’agricoltura «ricca e ubertosa» dei promontorio garganico, auspicava che il Mi­nistero provvedesse a dotare il Gargano almeno di piccoli impianti di rilevazione del regime pluviometrico e termome­trico, indicando anche le località per il posizionamento della strumentazione: Mattinata, Monte Sant’Angelo, Rignano, San Nicandro, Rodi.

Dall’esame della pressione atmosferica dei decennio 1903- 1913 Cassitto rileva a Vieste una «continua oscillazione» da cui deduce che «il clima di Viesti è anche assai variabile, che non ha una costante, ma che i suoi limiti si trovano nell’op­timum confacente agricoltura». Una variabilità che sarebbe stata più accentuata senza la presenza del mare, delle col­tivazioni arboree, degli estesi boschi influenti sul clima lo­cale, dell’ubicazione della città posta sulla punta estrema del promontorio garganico.

Cassitto riporta le temperature dell’aria a Vieste dal 1903 al 1913, rilevando che gennaio risulta il mese più freddo con una temperatura che non si abbassa quasi mai fino agli 0° C, come avvenuto nel 1905, allorquando gli agrumeti soffri­rono danni da freddo. La più alta temperatura media si raggiungeva in agosto con 22,01° C, quella più bassa in gen­naio con 6,91 ° C.

L’escursione termica diurna raggiungeva il massimo in giugno con un valore di 7.28, il minimo in di­cembre con 3,50.

L’autore osservava che il mite clima invernale lungo la co­sta era dovuto all’influenza del mare, delle coltivazioni ar­boree, dei boschi. Nelle aree interne montuose le tempera­ture erano più rigide e più frequenti erano le nevicate.

Le primavere erano soggette a sbalzi di temperatura, le estati erano calde e spesso umide e afose. Il cambio repentino delle condizioni climatiche in primavera e autunno, le estati eccessivamente calde, erano dovute non solo all’ubicazio­ne dì Vieste, ma anche ai grandi disboscamentì eseguiti negli ultimi decenni che avevano modificato negativamente il clima: «Infatti sono le foreste, come il mare ed i laghi, che rendono il clima più mite, poiché la chioma degli alberi osta­cola tanto il passaggio delle radiazioni solari quanto di quel­le emanate dalla terra. Inoltre i vegetali assorbono calore, di cui parte è impiegata per la traspirazione fogliare».

La descrizione del territorio da parte di Cassitto risulta uti­lissima per la ricostruzione del paesaggio viestano della prima parte del Novecento, a seguito delle nefaste conse­guenze degli intensi disboscamenti:

«Ora tutto il territorio di Viesti prima del disboscamento di quelle immense e caratteristiche boscaglie veniva ad es­sere circondato dal mare, e dà tutti quei boschi, ora invece non resta che il mare, ed ecco il disquilibrio delle meteore, ecco tutte le conseguenze che gravano su questo paese».

Sulla distruzione dei boschi del Gargano Cassitto si soffer­mava anche nelle conclusioni del testo, definendo il disbo­scamento in atto dal 1860, anno di annessione del Mezzo­giorno al Regno d’Italia, «incosciente, cieco, continuo» e dandone anche precisi cenni statistici: nel 1885 l’estensio­ne dei boschi garganici era di 40.977 ettari, ridotti a 25 mila nell’anno di pubblicazione del testo, il 1915.

L’aspetto del Gargano era ben diverso prima del 1860, ma «quando l’ira della scure cadde fatale in quei boschi, tutto il Gargano di­venne sterile, le temperature estreme non si succedettero con regolarità, le piogge non vi caddero più abbondanti e quando erano più necessarie e tutta la Puglia ne risentì del­le stesse conseguenze.

Il calore aumentò sensibilmente, poiché denudati i monti crebbero le riflessioni della luce solare nelle pianure sotto­stanti, come in tutto il Tavoliere di Puglia, così si ebbero e si hanno improvvisi sbalzi di temperatura ed improvvise e impetuosissime tempeste.

La vendita dei boschi seguita al disboscamento è uno degli imperdonabili delitti che solo dall’incoscienza e dall’igno­ranza dell’amministrazioni comunali possono avere origi­ne, perché funesti sono ì danni che ne derivano, e ciò per favorire l’individualità a svantaggio del bene comune». Qualificante il giudizio critico negativo sull’operato delle amministrazioni comunali, incuranti della tutela degli inte­ressi pubblici e teso a favorire l’interesse privato dei grandi proprietari.

Un giudizio, quello di Raffaele Vittorio Cassitto, in linea con la tradizione di una famiglia i cui intenti quotidiani sono stati «costantemente volti non al conseguimento di lustro per­sonale bensì a opere utili agli altri in un perfetto connubio tra i progressi dello spirito e la felicità del prossimo».

michele eugenio di carlo

società di storia patria perla puglia