“GLI INCENDI DOLOSI, SPESSO COLLEGATI ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, RAPPRESENTANO UNA MINACCIA PER L’AMBIENTE E LA SICUREZZA” —–
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani oggi ricordala vicenda di Carmela e Romano Fasanella, due fratelli morti per un incendio doloso la mattina del 24 luglio 2007 in provincia di Foggia. Nella tragica circostanza morì per le ustioni riportate, qualche giorno dopo in ospedale, anche Domenico De Nittis, che si trovò nella zona circondato dall’incendio.
Nonostante ci fossero delle ipotesi di reato inerenti all’incendio a carico di alcune persone sospette, il caso fu archiviato per la mancanza di prove.
La giovanissima studentessa calabrese, Serena Macrì, della classe III sez. G, del Liceo scientifico Filolao di Crotone, rievoca le vicende relative alla tragica storia di Carmela, Romano Fasanella e Domenico De Nittis.
“Era la mattina del 24 luglio del 2007 quando due fratelli, Carmela e Romano Fasanella, persero la vita durante un enorme incendio avvenuto tra Peschici e Vieste sul Garnano in Puglia. I due erano a bordo di un’automobile, mentre, il terzo uomo, che morì a causa dell’incendio, Domenico De Nittis, saputa la notizia dell’incendio corse con il ciclomotore a dirlo alla moglie,la quale gestiva un chiosco e riuscì a salvarsi; l’uomo, invece, rimase intrappolato nelle fiamme.
De Nittis non morì subito, ma dopo 4 giorni all’ospedale Gaslini di Genova. Dato che l’incendio si era sviluppato in quattro punti diversi, andando a circondare e poi a chiudere l’area interessata, fece subito pensare a un evento volontario. Furono accusati un imprenditore locale, proprietario dell’uliveto da cui si si era originato il fuoco, oltre ad un dipendente dell’ANAS, che, avvisato da alcuni turisti, non si affrettò ad intervenire e tardò ad avvisare la centrale operativa del rogo. Il caso però fu archiviato due anni più tardi, a causa della mancanza di prove.
Gli incendi dolosi, spesso collegati alla criminalità organizzata, rappresentano una minaccia per l’ambiente e la sicurezza. Infatti le cosche e i clan cercano di dimostrare il loro controllo e la loro capacità di influenzare il destino delle terre. Questo è particolarmente evidente se i terreni incendiati sono soggetti a vincoli di inedificabilità.
Inoltre se i proprietari non cedono alle richieste estorsive dei criminali, gli incendi possono essere utilizzati come forma di pressione, spesso poi le aree bruciate possono diventare terreni di sversamento illecito di rifiuti. È importante combattere questa piaga per preservare il nostro ambiente e la sicurezza delle comunità.”
Nonostante siano passati diciassette anni dalla drammatica sciagura, gli incendi boschivi a carattere doloso non decrescono nel tempo.
Infatti secondo i dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nel corso degli anni è aumentato il fenomeno degli incendi boschivi di origine dolosa. In generale da una lettura dei dati possiamo rilevare che in Italia nel 2023 è cresciuta l’estensione delle zone percorse da grandi incendi boschivi, arrivando a superare i 49000 ha, di cui oltre 8500 ha riguardano ecosistemi forestali.
Tra le aree maggiormente interessate risulta con il 64% la macchia Mediterranea.
Il triste primato degli incendi è detenuto dalla Sicilia, seguono la Calabria e la Puglia che complessivamente raggiungono più del 95% delle aree bruciate fino ad oggi.
Gravi danni al patrimonio boschivo si sono registrati nella provincia di Palermo (oltre 14500 ha, di cui il 21% foreste), nella provincia di Reggio Calabria (8100 ha, il 17% di foreste), nella provincia di Messina (4362 ha, il 22% di foreste) e nella provincia di Siracusa (3808 ha, il 24% foreste).
Oggi risulta fondamentale commemorare l’innocenza di queste vittime innocenti decedute a causa della violenza altrui.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.
Prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU