Popolo di Vico del Gargano, popolo di sadducei, miscredenti che vi battete il petto tre volte senza produrre, però, né dolore né rumore, che state “come foglie sugli alberi in autunno”, il parlare al pubblico, la piazza, il comizio non è fatto per compiacere, tanto meno per spettacolo.
È fatto per portare al vostro pensiero frammenti di vita di un paese in declino, rompere il muro di sordità, scuotere la cattiva memoria, l’indifferenza, l’ignoranza. Si va in piazza San Domenico per riflettere sugli errori, sulle scelte sbagliate, sul silenzio assordante, e se non vi piace allora siete nel posto sbagliato.
Fuga dei giovani, lavoro, sanità, servizi, povertà educativa, sono responsabilità di tutti non solo degli amministratori. Nei due comizi abbiamo ascoltato un mantra, un vulcano in eruzione, lapilli che hanno colpito a destra e sinistra, singolari personaggi che indossano abiti non adatti a loro, secondo un proprio codice e linguaggio adatto ai comizi; non è una novità.
Nino Gervasio ci ha ricordato, con una punta di umorismo, di fasce color pistacchio e di disperati in cerca di gloria. Michele Sementino ha voluto ricordarci che cambiando i musici la musica è peggiorata.
Clientelismo, amichettismo, fratellanza e sorellanza resta una pratica viva e vegeta. Ora aspettiamo il resto poiché la politica e il suo dispiegarsi cammina e mette i piedi sulle orme tracciate da Pirandello: uno, nessuno e centomila.
Manca il resto, siamo fermi a don Abbondio, mezz’uomini, anzi peggio, mezze donne, è un dialogo appeso ad un filo sottile dove sono intrecciati molti, troppi silenzi e sul silenzio questo paese chiude.
Popolo, abbiate pazienza! Cordialmente…
michele angelicchio