L’accordo per la candidatura di Decaro a governatore è stato già raggiunto. Ma in cantiere c’è la modifica alla legge elettorale che consentirebbe a Emiliano di potersi ricandidare, nel caso in cui Decaro non potesse.
Di ritorno da Bruxelles, dove in questi giorni è relatore al Comitato delle Regioni, Michele Emiliano metterà mano alla sua inquieta maggioranza. E tenterà di darle ordine. Il vertice è già fissato, il 17 ottobre alle 15. Ufficialmente si parlerà del Consiglio regionale convocato per il 23. Significa, nei fatti, occuparsi dei temi spinosi emersi nelle settimane passate e causa di molti scompensi nel centrosinistra. A cominciare dalla richiesta di un assessorato avanzata da Azione e dalla richiesta di due posti in giunta arrivata dai 5 Stelle (dall’unico che avevano). I pentastellati non saranno presenti alla riunione, proprio perché collocatisi fuori dalla maggioranza.
Nel menu, abbastanza composito, entrerà la proposta di modifica ad alcuni punti della legge elettorale e dello Statuto: una bozza gira già tra i capigruppi. Prevede 4 punti: il consigliere supplente (sostituisce in Aula l’assessore fino a quando resta in giunta), le dimissioni dei sindaci sei mesi prima della candidatura in Regione, il calcolo dei voti sul presidente (e non sulla coalizione come oggi) per determinare il premio di maggioranza, la doppia preferenza di genere (prevista ora solo nella legge dello Stato che la introdusse in Puglia con i poteri sostitutivi). Arriverà anche un’altra proposta: quella di introdurre una disposizione che renda possibile il terzo mandato per Emiliano. Non sarà il governatore a proporla. Ma arriverà, per calcoli di strategia, benché Emiliano non sia interessato a correre di nuovo per la Regione.
Si tratta di introdurre nell’ordinamento regionale la norma prevista da una legge statale del 2004 che prevedeva il limite di due mandati. Sicché, secondo una scuola di pensiero, la regola varrebbe per il futuro e questo farebbe partire da zero il contatore: Emiliano avrebbe altre due legislature davanti a sé.
Il governatore, come detto, non vuole correre. L’accordo perché sia Antonio Decaro il candidato presidente è già stato raggiunto. Emiliano, tuttavia, vorrebbe prevedere la norma come forma di «paracadute» nella eventuale ipotesi che Decaro debba rinunciare alla candidatura. Per esempio nel caso che la relazione degli ispettori al Comune di Bari lo metta in grave imbarazzo politico. O decida, all’ultimo istante, di restare a fare l’eurodeputato a Bruxelles.
Il «paracadute» nasce per due motivi. Il primo: Emiliano considera Decaro la carta migliore, ma subito dopo colloca il suo nome. Il secondo, conseguente: vuole restare sulla scena come possibile candidato, altrimenti svierebbe verso Decaro ogni attenzione e l’eurodeputato diventerebbe il baricentro della coalizione.
In questo senso, secondo i bene informati, Emiliano sta lavorando per essere eletto in Consiglio regionale come consigliere tra un anno e per portare con lui una nutrita pattuglia di fedelissimi: e restare determinante. Poi nel 2027 pensare ad un seggio in Parlamento.
Dalla riunione del 17 si attende pure altro: un documento per sancire un «patto di fine legislatura» e circoscrivere il perimetro della coalizione che concorrerà nel 2025. I 5 Stelle per ora non ci saranno, ma non ci sono preclusioni nei loro confronti. Potranno aderire dopo, al pari di altre forze che vorranno. Determinare il perimetro della coalizione, nelle intenzioni, porterebbe serenità in Consiglio regionale e indurrebbe i 4 centristi di Azione ad essere coerentemente solidali con la maggioranza.
In questa chiave è possibile che Emiliano si risolva ad assegnare presto ad Azione il decimo assessorato lasciato vuoto dopo l’uscita del M5S. Il predestinato sembra essere Ruggiero Mennea. Più difficile per lui interloquire in questo momento con i pentastellati. I quali sono alle prese con il loro percorso interno. Il leader Giuseppe Conte pare poco propenso in questa fase a stringere accordi di coalizione, come si è visto nelle polemiche con Schlein e Renzi. È più concentrato nel tenere unito il movimento in vista dell’assemblea costituente di fine novembre. Il rapporto con il M5S si ricucirà, ma più in là.
corrieredelmezzogiorno