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VERSO LE REGIONALI/ EMILIANO: “CORRERÒ DA CONSIGLIERE DECARO E ALTRI SONO TUTTI FIGLI MIEI’’

A colloquio col presidente della Regione che conferma la sua candidatura ma non assicura un futuro passaggio poi al Parlamento. E si appresta a lanciare Piero Binetti sindaco di Taranto.

Certe volte lo dice con quell’autocanzonatura alla barese che gli piace sfoggiare quan­do qualcuno per strada gli chiede del Muro politico della Puglia: «So’ tutti figli a me». Mentre nella sua sa­la in presidenza si avvicendano alti carabinieri e finanzieri (per un pro­tocollo d’intesa contro le discariche abusive), infaticabili organizzatori di consenso come Rosario Cusmai e il segretario regionale del Pd Dome­nico De Santis, uomini-macchina co­me Gianni Paulicelli – molto più che un autista – perfino un sacerdote ta­rantino, Michele Emiliano rivendi­ca la sua sconfinata paternità.

Non solo figlie ribelli come l’ex ambasciatrice pugliese nel mondo Nancy Dell’Olio. O strapazzate, co­me la presidente del Consiglio re­gionale Loredana Capone, da lui de­nunciata per aver integrato (per lui un falso) nella legge di bilancio la norma Laricchia che gli toglie i pote­ri di nomina. Molte anzi sono le don­ne proiettate verso un futuro radio­so anche con la prossima era di An­tonio Decaro: da Gianna Elisa Berlingerio, direttrice del dipartimento sviluppo economico, già candidata in Con nelle elezioni 2020, alla ma­gistrata Anna Maria Tosto, presiden­te di Apulia Film Commission.

Dalla presidente dell’Agenzia regionale per la tecnologia e innovazione, Lui­sa Torsi, alla ex prefetta di Bari An­tonella Bellomo, oggi coordinatrice dei nuclei ispettivi regionali sulla sa­nità. E ancora: Grazia D’Alonzo, pre­sidente di Pugliasviluppo, France­sca Portincasa, direttrice generale di Aqp. La presidente di Innovapuglia Anna Rosaria Piccinni, la re­sponsabile dell’avvocatura regionale, Rossana Lanza.

Ma non è soltanto a questa proge­nie che si riferisce Emiliano quando rivendica di «aver costruito, in que­sti anni, una vera classe dirigente». Da lui governata con la pazienza del padre con i figli che litigano, come Fabiano Amati, ripreso in giunta do­po la sbandata per il leader di Azio­ne Carlo Calenda (oggi per il presi­dente meno nemico di ieri) ma mes­so al bando da De Santis e il Pd brindisino.

Una prole che poi corre con le sue gambe, come nel caso di Fran­cesco Boccia, già ministro nel secon­do governo Conte, oggi capogrup­po al Senato e interprete nei territo­ri del verbo della segretaria Elly Schlein.

E che comunque da gioia si­stemandosi alla Camera, come Ubal­do Pagano e Claudio Stefanazzi o lo stesso Marco Lacarra, che pur già so­cialdemocratico, prese il volo come assessore ai lavori pubblici a Bari. A ognuno il suo pezzo di eredità: ad Alessandro Delli Noci, assessore al­lo sviluppo economico, la sua intui­zione civica “Con”.

Al suo vice Raf­faele Piemontese, tutta la Capitana­ta e un futuro da parlamentare. Sua creatura è anche il presiden­te della provincia di Lecce, Stefano Minerva, pescato tra i giovani democratici e lanciato come sindaco di Gallipoli nel 2016. Lo stesso primo cittadino di Bari, Vito Leccese, rina­sce, dopo la parentesi nei Verdi, co­me suo city manager. Qualche par­to è riuscito male: Rinaldo Melucci, deposto sindaco di Taranto.

Ma è già pronto il ricambio: è l’ex presi­dente del consiglio comunale Piero Bitetti, sul quale si è trovato raccor­do. Ma la soddisfazione più grande è Decaro, l’ex assessore invocato al­la presidenza: «Anche lui è figlio mio. Lo dico con orgoglio e senza ar­roganza. E ad onta di quello che si racconta, stiamo lavorando in tota­le sintonia». Lo attaccheranno, pre­vede, ma potrà contare su di lui. «Mi candiderò come consigliere regio­nale nel Pd».

Ma non necessaria­mente per avere un parcheggio tem­poraneo in vista delle politiche del 2027. «Potrei anche non aver voglia di fare avanti e dietro da Roma». E il suo patrimonio politico? «Sono con­vinto che se non fossi sceso in cam­po io, il centrosinistra in Puglia non sarebbe durato così tanto».

Ventun anni dalla primavera barese 2004, venticinque se si conta anche la legislatura Leccese. A parte l’Emilia Romagna e la Toscana, rosse dal Do­poguerra, e la Campania di Vincen­zo De Luca, rispetto alla quale Emi­liano rivendica una sua diversità, nessuno può dirsi così longevo nel centrosinistra italiano. «Sì, la mia è una storia di successi.

Ma non è un mio cruccio capitalizzarla. Mi basta che questo resti nella storia». Dice di non capire perché il suo prede­cessore Nichi Vendola ce l’abbia tan­to con lui. «Io sono sempre stato cor­retto e leale nei suoi confronti. Lui invece mi attribuisce ogni nefan­dezza».

repubblicabari