Il governatore e il suo predecessore continuano nella polemica a distanza alla vigilia di una campagna elettorale che li avrà fra i protagonisti. I dubbi dell’eurodeputato Pd.
Nichi Vendola? Ora è diventato ingombrante. La riflessione agita sia qualcuno dei suoi sia Antonio Decaro, il quasi certo candidato alla presidenza della Regione. L’europarlamentare del Pd, più precisamente, è molto insofferente all’idea di avere nel prossimo Consiglio regionale due ex presidenti che si guardano in cagnesco.
Di più: Michele Emiliano e il suo predecessore si lanciano bordate reciprocamente un giorno sì e l’altro no. L’ultimo attacco è partito pochi giorni fa dal governatore in carica: «Abbiamo preso una Regione in ginocchio». Nichi ha risposto «sottraendosi alla rissa» salvo rinfacciarli la sua propensione al trasformismo, così come Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e leader nazionale dell’Alleanza Verdi Sinistra, quasi a voler prevenire lo scenario di una campagna elettorale sincronizzata sul 2015 anziché sul 2025. Un regolamento fra ex che per il deputato ecologista potrebbe occultare quelle che ritiene la responsabilità principale dell’emilianismo: la «transumanza di politici da destra a sinistra per il potere».
Un giudizio particolarmente severo a pochi mesi dalle elezioni regionali, che potrebbero arrivare all’improvviso. Molto prima di quello che ci si attende, se proprio Emiliano decidesse di bruciare le tappe. E questo potrebbe avvenire entro questo mese, quando il Consiglio di Stato si pronuncerà sul caso del Veneto. Dove lo Statuto consentirebbe a Luca Zaia di spostare le elezioni a gennaio. E se dovesse essere confermata quest’ipotesi, anche la Puglia potrebbe essere tentata di percorrere questa strada.
Sono ipotesi residuali: quasi certamente si voterà fra settembre e novembre, più verosimilmente a ottobre. Ma Emiliano e gli altri presidenti che vanno al voto stanno aspettando questa scadenza per decidere se concordare insieme la data. Nel frattempo si litiga alla grande. E Decaro soffre.
L’ex sindaco di Bari sta vivendo questa fase come una tortura: non può dire nulla fino a quando non si ufficializzerà, per l’appunto, la data e quindi per il momento lui è soltanto il presidente della commissione Ambiente nel Parlamento europeo. E in questa veste si occupa di cose complicatissime, come le tecniche genomiche per la resistenza delle piante all’assenza d’acqua e agli agenti patogeni o la resilienza idrica. Ieri ha partecipato al dibattito sul bilancio e ha
chiesto fondi per gli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici. Sta maturando esperienza e visibilità su temi cari alla galassia green e questo, nonostante le critiche sull’aumento del consumo di suolo nel corso del suo decennio barese, gli consolida le simpatie di Bonelli. Ma la prospettiva di Vendola candidato al Consiglio regionale, anche se in suo sostegno, manda in fibrillazione Decaro, malgrado la stima e gli ottimi rapporti che intrattiene con lui.
Le scaramucce di queste settimane, inoltre, non rischiano solo di essere il preludio di una competizione litigiosa, che potrebbe allontanare gli indecisi. Potrebbe oscurare la novità della sua discesa in campo. E farlo apparire, in prospettiva, come un governatore dimezzato e continuamente lacerato fra Emiliano, che potrebbe diventare il futuro presidente del Consiglio regionale, e Vendola, che svolgerebbe il ruolo di anima critica del “sistema” trasversale che Michelone sta cedendo in comodato d’uso non gratuito all’ex delfino.
Ma oltre ai big ci sono anche i partiti. Nel Pd il segretario regionale Domenico De Santis è intervenuto su Emiliano per frenare i suoi assalti verbali nei confronti sia di Vendola sia del Movimento 5 Stelle. La linea è che bisogna essere, come dice la leader Elly Schlein, «testardamente unitari».
Avs, da una parte, pone al tavolo la questione «perché il governatore si può candidare e Nichi no?». Dall’altra, c’è chi, tra i Verdi, mal digerisce la sua candidatura. In particolare a Taranto, dove gli contestano la sua azione sull’ex Uva. Però il poeta-presidente tira: ieri all’Ateneo di Bari, dove ha tenuto una prolusione su Pierpaolo Pasolini, lo hanno acclamato. E nei corridoi, in tanti lo fermavano: «Mettiti in lista, fallo per noi».
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