Perché il promontorio garganico è ritenuto sacro da sempre? Cosa porta certi luoghi a essere considerati ‘particolari’ e, quindi, scelti per ospitare e far dimorare il divino?
Chi ha ‘attraversato’ il Gargano con la doverosa sensibilità sa esattamente di cosa stiamo parlando: il pellegrino devoto; il viandante che cerca la foresta perché vuole smarrire la mente e ritrovare l’anima, per dirla alla John Muir; l’escursionista in cerca, per sé, della migliore medicina, come sentenziava Ippocrate elogiando la perduta arte del ‘camminare’; ma anche lo studioso pronto ad ascoltare gli echi della storia tra i ruderi muti del passato; o, semplicemente, la ricerca per tutti di un luogo di ‘silenzio’ e ‘libertà’.

Il Gargano è tutto questo ma anche di più.
Sapete cos’è un’epifania? È la manifestazione del divino, l’azione della divinità che palesa la sua presenza attraverso un segno. Il Gargano è uno scrigno pieno zeppo di epifanie; esso rappresenta il paradiso stesso di queste manifestazioni sacre. Per chi avesse coraggio e sensibilità per aprire tale forziere, si vedrebbe quanta ricchezza il promontorio sa offrire.
L’epifania è il tramonto che emoziona; è l’orrido profondo scavato nelle viscere della montagna; l’epifania è l’imponente dolina che affascina e stupisce; il monte più alto dove poter dominare l’orizzonte; è il mare che ammalia come la più furba delle sirene; l’epifania è il senso del tutto che si percepisce dinanzi alla bellezza della Natura.

È forse questo il segreto nascosto del Gargano, che lo rende così sacro?
“Se un antro formato da rocce profondamente erose tiene come sospeso un monte, un antro non fatto dalla mano dell’uomo, ma scavato da cause naturali
per una larghezza così enorme, ebbene questo fenomeno colpirà il tuo animo con l’indefinita sensazione di una presenza divina. Veneriamo le sorgenti dei grandi fiumi; la polla improvvisa di un imponente corso d’acqua, scaturita dal sottosuolo, ha i suoi altari; si onorano le sorgenti di acque termali. Alcuni stagni hanno acquisito sacralità per la cupezza o la profondità insondabile delle loro acque.” Questo lo diceva Seneca (Lettere morali a Lucilio, Lettera 41.3).
Il segreto è l’emozione e, a protezione di queste epifanie, l’essere umano ci ha messo dei custodi. Sia per dare un senso all’imperscrutabile, sia per convincersi di poterlo tutelare per l’eternità.
I custodi… le Ninfe e i Numi Tutelari. Ecco che le epifanie prendono corpo, materia e forma. Può essere una voce, un’immagine, una parola, un concetto. Oppure qualcosa che manifestandosi si contrappone con la sua presenza al nulla, al vuoto, alla morte, che non è solo un’alternativa alla vita, ma può diventare uno stato d’animo, una condizione esistenziale, come ci spiega Tommaso Maria De Beni.

Gli antichi Greci ne hanno dato perfino un nome: le ninfe delle sorgenti, dei torrenti, dei laghi e delle acque dolci (Naiadi); quelle dei monti e delle alte colline (Oreadi); le ninfe a protezione delle valli profonde, dei burroni e dei precipizi (Aloniadi); quelle di boschi e foreste (Alseidi); le ninfe marine (Nereidi) e ancora delle grotte, dei tesori nascosti e di ogni miracolo che l’animo umano potesse ammirare.

Persino le orchidee hanno una storia da raccontare.
Il mito vuole, infatti, che Orchis, un giovane greco bellissimo e figlio di una ninfa, forte del suo fascino pensasse di poter ottenere tutto, al punto di arrivare a violentare una delle sacerdotesse del dio Bacco, durante un festino dedicato alla divinità; per punire il suo desiderio di onnipotenza, Orchis fu sbranato da belve feroci, ma gli dèi non vollero permettere che del bellissimo Orchis si perdesse anche il ricordo e fecero quindi in modo che dai suoi resti nascesse una pianta che riproduceva nella sua parte sotterranea, ossia nei due bulbi, proprio le appendici anatomiche maschili che erano state all’origine della disgrazia e della fine del giovane. Il nome stesso ‘orchidea’ deriva proprio dal termine greco ‘orchis’, cioè testicolo, a ragione della particolare forma del bulbo della pianta.

E pensare che il Gargano, queste ninfe e questi numi, li ospita tutti. Col passare del tempo, i vecchi nomi sono stati sostituiti da nuova adorazione.
Gli antichi numi a protezione delle Isole Tremiti, Diomede e i suoi compagni trasformati in uccelli, sono stati sostituiti dalla figura di S. Maria a Mare.
La pura e bella ninfa del lago di Varano, dopo la distruzione della pagana Uria, ha preso nome di Nunzia, che dalla piccola chiesa rurale del SS. Crocifisso di Varano, continua a proteggere quei luoghi.
La splendida ninfa della foresta Umbra, Gargara, trasformata nell’eterno e millenario acero che, nel cuore della foresta, continua a tutelare quell’ecosistema ancestrale.
E ancora, la figura dello ‘Scazzamurredde’, folletto magico e dispettoso, nume e custode di incredibili tesori sepolti nelle grotte da lui scavate e autore delle innumerevoli doline, tra cui quella imponente di Pozzatina (ne parleremo in un prossimo post).

Senza dimenticare le perfide e ammaliatrici sirene. La storia delle ninfe marine della baia degli innamorati e di Cristalda e Pizzomunno (numi tutelari, a tutti gli effetti, di Vieste) l’abbiamo già raccontata, come anche le leggende che si raccontano per la Grotta delle Sirene di Pugnochiuso.
Tutto si rinnova con maggiore vigore e forza: a protezione della natura, come già accennato, oggi abbiamo i santi e la Madonna in tutte le sue accezioni.
Santi a tutela degli agrumi, degli ulivi, dei raccolti, del grano, o di singoli luoghi (come S. Maria al Monte, a Mare, della Neve, della Rocca e così via). Lo stesso Arcangelo Michele è a tutti gli effetti il nume tutelare della montagna, sostituto di più antichi protettori.
Il Gargano è in grado di accendere le emozioni che alimentano il nostro animo: osservatelo dalla piana del Tavoliere, venendo da nord o da sud, lì disteso a sonnecchiare sotto il sole d’estate o ammantato delle geometrie essenziali delle stelle d’inverno.
Il gigante che dorme. E noi, a sognare con lui.
foto e archivio web di giovanni barrella