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IMPRESE, NON è UN TURISMO PER GIOVANI. “IN CINQUE ANNI SALVA SOLO UNA SU DIECI”

La Puglia dei giovani im­prenditori non da segni di ri­presa. Anzi, almeno nei setto­ri del commercio, della ricet­tività e della ristorazione, la bilancia «operativa» mostra una perdita netta di peso. A evidenziare le difficoltà di un territorio che si propone co­me nuova frontiera del turi­smo internazionale è una rie­laborazione condotta da Con­fesercenti Puglia che ha ana­lizzato i dati del registro delle imprese delle Camere di Commercio. L’esito è alquan­to sconfortante perché mo­stra un trend al ribasso che, abbinato alla diminuzione del saldo demografico, non porta nulla di buono.

In particolare, nella ricetti­vità e nei servizi di ristorazio­ne e bar, Confesercenti segna­la che nel 2019 le imprese gio­vanili erano 13.631 (pari al 14,9% del totale) con una pro­pensione di crescita dell’1,82% e dopo cinque anni (nel 2024) sono passate a 10.605 (12% del totale) con una propensione dell’1,51%.

«C’è un mercato sempre più difficile – analizza Benny Campobasso, presidente di Confesercenti Puglia – sul quale pesa un elevato tasso di mortalità delle imprese che in regione si attesta sul 25%. Ma esiste anche una grande com­petizione, lo strapotere delle piattaforme web, una debole domanda interna e l’elevata fiscalità. Il fenomeno sta de­terminando una inversione di rotta che ci sta sfuggendo di mano, a danno dei territori che si impoveriscono sempre più». Ma non è tutto perché

sul mercato gli imprenditori sono sempre meno giovani (anagraficamente parlando) e il grado di innovazione, pro­prio delle nuove generazioni, si riduce.

Al calo delle attività, perciò, corrisponde un invecchia­mento della popolazione im­prenditoriale: l’età media – in cinque anni – è aumentata complessivamente di sette mesi. Se nel 2019 si attestava sui 48,1 anni nel 2024 è passa­ta a 49,8 anni.Il risultato? È un tessuto di piccole e medie aziende alimentato sempre più da sog­getti commerciali anziani e il range d’ampiezza si assotti­glia. L’indagine, ancora, foto­grafa una situazione allar­mante: solo un’impresa gio­vanile su 10 (10%) sopravvive, nel 20×9 l’andamento si atte­stava al 12,1%.

Si tratta di realtà intestate a soggetti under 35. «È un dato che ci deve far ri­flettere – prosegue Campo­basso – perché alla fine rende evidente un dato di fatto: la Puglia scommette nel turi­smo e nell’accoglienza. È un motore dell’economia locale, ma i risultati non rassicurano. I motivi? Gli aspetti da affron­tare sono molteplici e parto­no dalla considerazione che per fare l’imprenditore o per gestire un’attività commer­ciale è necessaria tanta for­mazione. Non si può improvvisare e la “certificazione” che le aziende giovanili si riducono

 è una conferma di una specializzazione limitata. Il turismo, oltre a non produrre effetti positivi sulla imprendi­toria, non riesce neanche a fornire garanzie sufficienti a chi è in cerca di un’occupazio­ne. Le attività sono troppo stagionali e chi può sceglie al­tri comparti. Come ogni anno sono ripartite le polemiche sulla mancanza di personale, ma le motivazioni alla base della carenza di operatori è chiara: se non si riesce a ge­nerare benessere in tutto l’ar­co dell’anno è difficile creare una sinergia con il persona­le».

Dietro l’eldorato dell’acco­glienza spesso non c’è un rea­le modello di gestione del set­tore che non è strutturato. C’è chi si lancia nel mondo dei B&B e, a fronte di un investi­mento variabile dai 30 ai 40 mila euro, non è in grado di rientrare. «Il fenomeno del­l’abusivismo – conclude il pre­sidente di Confesercenti Pu­glia – non è più tollerato e per svolgere il servizio occorre es­sere in possesso di licenze e rispetto delle normative del lavoro.

L’improvvisazione porta alla chiusura. Anche nella ristorazione notiamo la tendenza a snaturarsi. A Bari Vecchia molti locali tendono a cambiare menù per accatti­varsi le preferenze dei turisti, ma questo inevitabilmente taglia fuori i clienti del posto che nell’arco dell’anno com­pensano i cali stagionali».

corrieredelmezzogiorno