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TURISMO/ LE NORME SULL’ACCOGLIENZA: IL TAR: ORA I B&B POSSONO IDENTIFICARE I TURISTI VIA WEB

Gli albergatori: discriminati. L’extralberghiero plaude.

Accogliendo le posizioni della Fare-Fe­derazione associazioni ricettività extralberghiera, il Tar del Lazio annulla la Cir­colare del ministero dell’In­terno che pretendeva che, per motivi di pubblica sicurezza, i turisti venissero identificati in presenza prima di farli en­trare nell’alloggio. Una decisione che ha colto di sorpresa gli alberga­tori che, invece, i controlli «de visu» li fanno tutti.

«Io trovo che intanto che è veramente deleteria questa abitudine di fare una rego­lamentazione a “macchia di leopardo” per fenomeni na­zionali come il turismo – af­ferma Marina Lalli, presi­dente Federturismo Confìndustria – Ma, al di là di ciò, che si vuole dire? Che non è im­portante monitorare la gente che si sposta nel nostro Pae­se? Se così è, allora perché gli alberghi devono identificare chi dorme da loro e i B&B no?

Lo trovo controproducente, ingiusto, un ulteriore ele­mento che va a falsare una concorrenza che dovrebbe es­sere legata solo alla scelta di ciascuno di voler soggiorna­re in un appartamento o in una stanza di albergo». Il Tar dice che voi potete fare i con­trolli in presenza perché siete organizzati e gli affittacame­re no. «Noi – dice Lalli – siamo organizzati in quanto paghia­mo gli stipendi, i contributi, cioè facciamo tutto ciò che lo Stato dovrebbe invogliare a fare».

«Non riesco a capire il sen­so – afferma Francesco Caizzi, vicepresidente nazionale e presidente per la Puglia di Federalberghi – È una senten­za molto strana che pare entri in valutazioni di merito nella pubblica sicurezza».

Il Tar di­ce che anche facendo l’identificazione in presenza, nulla osta che un malintenzio­nato possa entrare in quell’alloggio extralberghiero successivamente. «E se lo fa commette un reato. E quindi? Che facciamo eliminiamo i controlli? Quella norma nasce in funzione antiterrorismo. Guardi le dico una cosa che non è trapelata: la settimana scorsa, a Bari, una persona che aveva in­viato via email i propri documenti a una struttura extralberghiera, al momento di ritirare le chiavi non ha però voluto fornire i documenti in formato carta­ceo, ha tergiversato ed è an­data via.

Credo vi sia anche una denuncia. È poi emerso che era un terrorista che era stato denunciato all’Interpol. Quindi, se il titolare della struttura non avesse fatto il suo dovere, per Bari sarebbe transitato un terrorista che aveva dato documenti falsi».

Caizzi non fornisce ulterio­ri dettagli su questa vicenda, ma assicura che la sua or­ganizzazione protesterà per la decisione del Tar nelle sedi competenti e si aspetta che il Ministero si faccia valere.

Giancarlo De Venuto, pre­sidente di Assoturismo Assohotel Confesercenti Puglia, fa un’altra valutazione: «Quando qui a Lecce fummo convocati dai Commissariati che ci hanno invitati a rispet­tare la Circolare del Ministe­ro, non ci si diceva di iden­tificare de visu ma ci si dava la possibilità di fare un control­lo a distanza con telecamere. L’interpretazione dell’identi­ficazione de visu è una for­zatura, alla luce di quanto ci fu spiegato dalla Questura di Lecce.

È un tema che, forse, altre Questure hanno inter­pretato diversamente. Ad ogni modo, io ritengo che og­gi, in un mondo digitale, già quel tipo di legge sul ricono­scimento, con la responsabi­lità penale del receptionist, va rimodulata. Abbiamo mil­le sistemi digitali per verifi­care l’identità. Abbiamo già l’App IO che ha un documento nel wallet che vale ai fini del riconoscimento, salvo che in alcuni aeroporti. Quindi – continua De Ve­nuto – Se io ti mando un documento digitale e poi faccio un riconoscimento digitale con delle applicazioni che sovrappongono il vi­so al documento, ritengo si possa fare anche

a distanza. Il problema è che la legge risale ai tempi di Vittorio Emanuele III e la sua applicazione è nel 2025. Il Tulps (il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza è del 1931; ndr) va rivisto». «Noi – conclude – come Associazione siamo per dare la possibilità di semplificare le procedu­re, ma l’identificazione, quanto meno a distanza, ci deve essere e deve es­ser fatta con strumenti certificati come il wallet di Io».

«È una vittoria ecla­tante», dice Cinzia Capozza che è presidente dell’Associazione Extralberghiera Puglia (AeP) e vicepresidente della Federazione Fare le cui ragioni sono state accolte dal Tar Lazio.

«Noi – dice – abbiamo im­pugnato la Circolare sin da subito. Aver portato a casa questo risultato dimostra che c’è necessità di riammodernare tutto l’assetto normativo sia nazionale sia regionale.

Il nostro obiettivo prin­cipale è evidenziare che c’è la necessità di rive­dere norme non coerenti con l’attuale situazione del mercato e dell’acco­glienza». E non crede che il riconoscimento a distanza possa favorire i malintenzionati? «Au­spichiamo che questo non accada – replica – per­ché, ovviamente, questo è l’inizio di un ulteriore miglioramento dell’ac­coglienza attraverso si­stemi biometrici o altro.

La chiave è far sì che si responsabilizzi il legisla­tore verso una metrica omogenea e che consen­ta di migliorare le ope­ratività, le operazioni di check-in e di verifica. Il prossimo passo non po­trà che essere tecnologico. È ovvio che que­sto non deve mai nutrire la possibilità di sguazzare alla criminalità, piuttosto che ad altri, questo è il lato oscuro.

Ma la risposta non è in capo a noi. Noi non ci siamo opposti alle regole». Speriamo che le ne­cessità dell’extralberghiero non diano la stura all’introduzione in Italia di formule di riconoscimento biometrico diffuso integra­to con l’IA, altrimenti avremmo un sistema di tecnocontrollo di stampo cinese o russo. «Se dovessimo arrivare a un turismo biometrico – replica Capozza – io lo abbandonerei.

L’antico valore del turismo di accoglienza, risiede nell’eccezione antropologica del turismo, l’ac­coglienza di persone ver­so altre persone, un sor­riso, un caffè mentre si preparano i bagagli, que­sto è l’extralberghiero. L’accoglienza in presen­za è uno dei punti di for­za del comparto ricettivo extralberghiero. Ma il self check-in è un valido supporto in caso di ar­rivi fuori orario o in par­ticolari situazioni».

Sulla stessa lunghezza d’onda è Giovanna Castrovilli, presidente di Extralberghiero Confcommercio Bari-BAT AETB: «Noi stiamo va­lutando anche la possi­bilità si ripristinare il self check-in. ma sugge­riamo sempre di acco­gliere l’ospite, dare in­formazioni e incontrar­lo. Sicuramente i Comu­ni ricorreranno e il Mi­nistero si attiverà. Biso­gna vedere quale alter­nativa sarà posta? Pro­babilmente ci sarà un onere da parte dell’host (chi offre un alloggio; ndr) per poter utilizzare delle strumentazioni più moderne ma, forse, an­che più costose».

«L’al­ternativa era sul piatto – commenta – ed era di af­fidare il riconoscimento dei turisti a giovani di­plomati e universitari che conoscessero la lingua inglese e di farlo usando i voucher. Ci stavamo lavorando e sarebbe stato positivo anche per contrastare la disoccupazione».

IL «COLOSSO» AIRBNB: UNA DECISIONE CHE FA CHIAREZZA

«Prendiamo atto di questa decisione del Tar, che chiarisce che il self check-in è consentito. Il self check-in è una funzionalità utilizzata in tutto il settore. Consente a ospiti e host di gestire gli arrivi in modo flessibile, adattandosi a eventuali cambi di pro­gramma e permettendo agli ospiti di accedere in si­curezza alla struttura a qual­siasi ora del loro arrivo».

E quanto fa sapere Airbnb all’Adnkronos aggiungen­do: «Gli host devono co­munque raccogliere e tra­smettere i documenti d’identità degli ospiti alle autorità locali entro le suc­cessive 6-24 ore dall’arrivo. Restiamo a completa di­sposizione delle autorità nei tavoli di lavoro in tema di sicurezza». Intanto, Matteo Sarzana, country manager Italia di Airbnb, risponden­do ad una domanda sulla relazione tra affitti brevi e il caro-affitti registrato nelle maggiori città turistiche italiane ha detto: «Qua la do­manda è perché tante case rimangono completamente vuote, per cui neanche a di­sposizione degli affitti bre­vi?

Quindi è una domanda sulla quale bisogna interro­garsi». L’«overtourism»? «Bisogna prima interrogarsi su chi porta i turisti all’inter­no delle città, se le città hanno le strutture adeguate per accoglierli».

gazzettamezzogiorno