Il Sirdimm è il dossier radiologico elettronico voluto dalla Regione Puglia per raccogliere, in formato digitale, gli esami di diagnostica dei pazienti e renderli consultabili da parte dei medici. Ma il sistema non è mai entrato in funzione.
L’obiettivo era di quelli ambiziosi, soprattutto se si considera che risale a sette anni fa: permettere a qualunque medico, in qualunque ospedale della Puglia, di controllare tutti gli esami eseguiti da un paziente. Per farlo, sono stati spesi quasi 16 milioni di euro. Peccato, però, che nessun medico possa vedere alcunché. Il problema? La privacy. Parliamo del Sirdimm, il dossier radiologico elettronico voluto dalla Regione Puglia per raccogliere, in formato digitale, gli esami di diagnostica dei pazienti e accessibile dai reparti che eseguono questo tipo di esami: radiologie, Medicina nucleare, Cardiologie.
Ad aderire alla prima fase del progetto sono state le Asl Bari, Foggia, Brindisi, Taranto e i Policlinici di Bari e Foggia. A queste si aggiungeranno a breve, le Asl di Lecce e Bat e i due Ircss Giovanni Paolo II di Bari e De Bellis di Castellana Grotte. Per capirne il potenziale, basta farsi un giro nei pronto soccorso.
«Giorni fa – racconta il neuroradiologo del Policlinico di Bari, Stefano Andresciani – è arrivata, da un ospedale di altra provincia, una paziente con un problema importante a un occhio. Bisognava capire l’estensione di una lesione, per cui abbiamo eseguito una tac con mezzo di contrasto. Il problema è che questa persona aveva eseguito lo stesso esame il giorno prima, ma noi non potevamo in nessun modo visionarlo. Sa cosa significa? Che un paziente deve esporsi nel giro di 24 ore nuovamente alle radiazioni, deve sopportare un nuovo mezzo di contrasto quando basterebbe un clic di pochi secondi per visionare l’esame, identico, già fatto».
Di casi come questi se ne raccontano a decine anche al Policlinico di Foggia. «Non possiamo vedere nulla dei pazienti che arrivano con codici di urgenza – spiega un radiologo – Non possiamo vedere nessun precedente. Ma anche negli accessi non urgenti, se non è il paziente a portare con sé esami o lastre, noi non abbiamo accesso a nulla. Se ci arrivano pazienti che hanno fatto esami senza contrasto, noi non possiamo confrontare il precedente. Sa quanto è importante, invece, poterlo fare?».
L’inghippo di tutta questa storia sta nella normativa sulla privacy. Il titolare del trattamento dei dati sanitari del paziente è l’azienda sanitaria. Che significa questo? Che una azienda non può condividere i dati dei pazienti con un’altra. Ecco che tutto il sistema Sirdimm diviene limitato.
«All’interno della stessa Asl – spiega Concetta Ladalardo, dirigente regionale Servizi informatici della Sanità – la visione è possibile ad esempio tra ospedale Di Venere di Bari e Umberto I di Corato, ma ad esempio tra Policlinico e Di Venere no perché le titolari dei dati sono aziende diverse». Questo dipende dalla normativa nazionale, finché non cambia i medici ospedalieri non potremmo accedere a quei dati. L’alternativa è nel fascicolo sanitario elettronico. «Su questo il Garante ha espresso parere positivo. Il fascicolo – spiega Ladalardo – sarà in grado di raccogliere e rendere disponibili tutti i dati clinici di un paziente, finora accessibili ai soli medici di medicina generale, anche ai medici ospedalieri».
Tutto risolto? No. Perché occorrerà che il paziente dia il proprio consenso al fascicolo sanitario elettronico, se si considera la platea più anziana meno esperta con le pratiche digitali, se ne comprenderà il rischio che sia limitato. «Il consenso del cittadino è imprescindibile – spiega – è l’unico a decidere dei suoi dati». Ma non è proprio tutto qui, perché per Andresciani ci sarebbe un ultimo paradosso: «Quando arrivano pazienti da codice rosso, spesso arrivano dalle altre strutture con il dischetto dell’esame precedente. Perché, allora, passarsi una tac su cd non lede la privacy mentre accedere ad un server, sì?». Già, perché?
corrieredelmezzogiorno