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I MEDICI DI FAMIGLIA AL BIVIO. NON SARANNO (TUTTI) DIPENDENTI. «CHI VUOLE RESTERÀ LIBERO PROFESSIONISTA». IL SINDACATO: UN PASTROCCHIO.

I medici di famiglia potranno sce­gliere se restare in regime di con­venzione con il Servizio Sanitario na­zionale, e quindi lavorare da liberi professionisti, oppure se diventare di­pendenti. Le ultime bozze circolate in conferenza Stato Regioni confermano quello che il ministro della Salute Orazio Schillaci ha auspicato per la ormai vicina riforma della medicina di base. L’opzione del provvedimento sarà quindi quella di ima soluzione intermedia, rispetto alle ipotesi cir­colate nei mesi scorsi lasciando sem­pre ai cittadini la possibilità di sce­gliere il medico di riferimento.

«Credo che sul tema del contratto dei medici di famiglia sia giusto la­sciar scegliere i medici se continuare ad essere liberi professionisti o di­ventare dipendenti del Ssn», ha detto il ministro intervistato dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fon­tana. Il tema centrale è quello di far funzionare meglio la medicina del ter­ritorio, dove il medico di famiglia svolge un ruolo da protagonista as­soluto.

Ma serve arginare la fuga dei medici di famiglia, carenza che ha creato una vera e propria emergenza in alcune aree del paese. «Dobbiamo rendere nuovamente più facile e at­trattivo fare il medico di famiglia, c’è ima crisi vocazionale. Oggi nei con­corsi non c’è una ampia partecipa­zione. E’ necessario varare una ri­forma che preveda una scuola di spe­cializzazione universitaria su base nazionale».

«Dobbiamo avere più me­dici di famiglia, che sono il primo punto di contatto tra cittadini e Ssn. Poi c’è un ampio dibattito su questa figura, credo sia fondamentale che i medici di medicina generale passino una parte del loro tempo all’interno delle strutture della medicina del ter­ritorio previste dal Pnrr, faccio ri­ferimento alla Case di comunità, dove all’interno dei team multidisciplina­re previsti, una figura fondamentale è il medico di famiglia». Anche questo passaggio compare nei testi in cir­colazione ancora in bozza della ri­forma.

Schillaci ha concluso spiegando che dalla categoria ci si aspetta «la massima collaborazione per conti­nuare a fare quello che negli anni hanno sempre fatto. In tempi brevi avremo una soluzione nell’interesse primario dei cittadini, dei malati e dei fragili». «A fronte di questa carenza di vocazione non servono riforme pa­sticciate, ma più risorse da investire per rendere più attrattiva la specia­lizzazione», replica il segretario della Federazione Italiana dei Medici di Fa­miglia (Fimmg), Silvestro Scotti.

La riforma, ben vista in modo trasver­sale da alcune forze politiche e go­vernatori di regione nasce dall’esi­genza di dare attuazione al Piano Na­zionale di Ripresa e Resilienza, con­tinua a trovare l’opposizione del prin­cipale sindacato di categoria. «Siamo disposti a sederci a un tavolo – afferma Scotti – e a portare il nostro contributo per le Case di Comunità ma non tro­viamo benefici nel passaggio alla di­pendenza, anche qualora si configu­rasse come volontario».

Secondo Scotti, i primi a pagarne il prezzo sarebbero i cittadini: «In Spagna e Portogallo – spiega – esiste un sistema di cure primarie con medici dipen­denti. Per prenotare un consulto si passa da una piattaforma ed è venuto meno il dialogo diretto tra medico e paziente. Il medico lavora su turni, rispetta orari di servizio, e fuori da quelli non risponde al telefono».

Inol­tre, il passaggio alla dipendenza po­trebbe ridurre ancor di più il già scar­no esercito dei medici di base. Un sondaggio condotto su 3.000 medici in formazione ha rilevato che oltre il 40% abbandonerebbe il corso nel caso in cui venisse introdotta. Questo an­drebbe a pesare su numeri già ridotti all’osso: mancano 5.500 medici di fa­miglia, e si prevede che altri 7.300 lasceranno il lavoro entro il 2027 per raggiunti limiti di età.

Il vero pro­blema, conclude Scotti, è un altro: “Il numero annuale di borse di studio per la formazione in medicina generale è poco più di duemila, ma spesso non vengono neppure assegnate, n motivo è che questi studenti ricevono 900 eu­ro mensili, contro i quasi 2.000 pre­visti per le altre scuole di specializ­zazione».

ansa