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IL CROCIFISSO DI VARANO, LA PIOGGIA MIRACOLOSA E LA LEGGENDA DI URIA.

Qualcuno ha detto che la storia si scrive con i documenti. Vero.

È del tutto pacifico che gli eventi passati si ricostruiscano sui documenti e su quei testimoni muti che sono le fonti. I fatti sono fatti e i documenti ne rappresentano l’attestazione.

Ma è davvero sempre così?

Quando i documenti e le fonti risultano scarsi, quando le tracce del passato sono rappresentate da pochi frammenti, è necessario adottare una differente forma di osservazione storica. Il sapere e le tradizioni popolari, il ricordo tramandato attraverso i miti e i racconti, la toponomastica, usi e costumi, il folklore in generale, possono tratteggiare un percorso storico altrettanto valido.

È necessario, a volte, vestire più i panni dell’investigatore che dello storico nel senso classico del termine. Il problema dell’utilizzo del folklore come fonte storica, per lo studio dell’etnogenesi dei popoli, non è più messo in discussione, soprattutto dove mancano le fonti scritte o quando c’è da prendere in considerazione tempi assai antichi.

Perché diciamo tutto questo?

Ci sono elementi tanto cari alle comunità da riuscire a sopravvivere all’oblio del tempo attraverso il ricordo tramandato oralmente di generazione in generazione: canti popolari, poesie o anche una ninna nanna attraverso la quale una mamma racconta al figlio una bella storia per conciliare il sonno.

Ci spostiamo nella zona garganica dei due grandi laghi e, nello specifico, presso il lago di Varano, diviso tra Cagnano Varano, Carpino e Ischitella. Qui si narra, ancora oggi, la leggenda di Uria, antica città del Gargano citata da diversi storiografi del passato.

Essa rappresenta un elemento peculiare della tradizione orale dei paesi circumlacuali appena citati, sfatando indirettamente quelle ipotesi che pretendono di collocare Uria altrove.

Racconteremo, adesso, una storia mitica di una città leggendaria, collocata secondo la tradizione popolare tra il centro del lago e -dov’ mo’ pass lu tren’- ovvero dove attualmente passa la ferrovia garganica.

L’esistenza di Uria non è mai stata provata ufficialmente ma la tradizione è così forte da indurci a pensare che qualcosa di vero ci sia senz’altro, anche perché la zona è ricca di ritrovamenti archeologici.

La posizione indicata dal folklore, però, collocherebbe Uria sottacqua. Come è possibile?

Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C., riferisce che vi era un ‘sinus’ al posto del lago, ovvero un’insenatura, un golfo. Anche Pomponio Mela ricorda il ‘sinus Urias’.

In effetti, il lago come lo conosciamo oggi si è formato col tempo per via delle correnti marine che, trasportando detriti, hanno dato origine al cordone litoraneo che ha chiuso la vecchia insenatura.

La prima citazione ufficiale del lago di Varano risale al 1158, in una bolla di papa Adriano IV.

Cosa ci racconta, allora, la leggenda? Curiosi, eh?

Prima di entrare nei dettagli, citeremo una data: il 23 di aprile. Tale data è ricorrente in diverse tradizioni garganiche e daunie. Non solo rappresenta il giorno per commemorare San Giorgio, altro ‘sauròctono’ uccisore di draghi, come San Michele (nel Gargano, le chiese più antiche di diversi borghi sono intitolate al santo cavaliere), ma è anche ricordato come giorno di fondazione di Manfredonia, nel 1256, da parte del re Manfredi di Svevia, figlio di Federico II.

Non solo. Il 23 aprile è fondamentale per il lago di Varano perché è il giorno del ‘miracolo della pioggia’. Ogni anno, presso la chiesa della SS. Annunziata, si rievoca l’episodio della pioggia miracolosa: la prima testimonianza risalirebbe al 1509, anno in cui fu dedicato l’altare al Santo Crocifisso di Varano, quando in seguito a una prolungata siccità i contadini invocarono il Cristo Crocifisso per ottenere la salvezza del raccolto. Tale episodio si è ripetuto il 23 aprile 1717, e poi nel 1899 e nel 1948.

La chiesa custodisce al suo interno un crocifisso gotico-romano in legno del XIV secolo, di pregevole fattura, che secondo la tradizione locale riprodurrebbe le reali sembianze di Gesù in croce.

E qui arriviamo alla leggenda di Uria.

Si racconta, infatti, che proprio in questo luogo, molto tempo prima che sorgesse la chiesa della SS. Annunziata, viveva una umile e bella contadina di nome Nunzia. Come accennato prima, al posto del lago vi era la città di Uria governata dal re Tauro (qui ritorna il simbolo-totem del toro, insieme al simbolo-totem del serpente-drago con il successivo San Giorgio). Pare che il comportamento del popolo di Uria non fosse dei migliori, essendo particolarmente violento e scellerato, a tal punto da scatenare l’ira divina. La potenza celeste si abbatté su Uria attraverso un diluvio che spazzò via per sempre la città. Nunzia, nel tentativo di salvare il suo amato sposo, lanciò un gomitolo di lana tra le acque. Tale gesto non salvò il giovane ma nel punto in cui il gomitolo si fermò anche le acque si arrestarono, permettendo alla fanciulla di salvarsi.

Pare che l’anima della ragazza continui ad aleggiare tra le acque del lago, in cerca del suo amato, e i pescatori giurano che in certe notti si senta ancora il suo canto straziante per l’amore perduto.

Ma non è l’unica cosa che i ‘pantanesi’, gli abitanti del lago, ascoltano durante le notti di luna piena, quando si ritrovano nei pressi del punto in cui sorgeva Uria: giurano tutti di udire anche il suono di campane, là dove sono visibili le mura sommerse quando le acque del lago sono limpide, ma soprattutto ‘lu Vociantaur’, la voce di Tauro, ossia il suono cupo e tetro simile al muggito di un grosso toro ferito, che si eleva durante le giornate ventose, interpretato come la voce del re Tauro arrabbiato e disperato per la punizione subita.

Alcuni studiosi ipotizzano che un qualche evento sismico abbia potuto modificare la morfologia di quei territori, intorno al VI – V sec. a.C., ma rimangono soltanto ipotesi. I pescatori si tramandano storie così vive da indurci a pensare che il ricordo di Uria sia ancora molto “vissuto” e presente nell’immaginario collettivo della gente del posto.

Di Uria avremo ancora modo di parlare. A quanto pare, l’umile casetta di Nunzia è stata l’unica a salvarsi dalla devastazione e oggi, essa, rappresenta quella che è venerata come la piccola chiesa rurale della SS. Annunziata, che porta ancora il nome della bella fanciulla di Uria. Le leggende si mischiano. Il sincretismo rende le trame delle antiche storie ancora più intricate, ma esse non smettono mai di affascinarci e di accendere la nostra immaginazione.

Acqua miracolosa che permette la vita e acqua distruttrice che devasta e uccide.

Provate a recarvi presso il lago, quando è buio, durante le notti ventose: capirete presto che quel cupo e penetrante mugghiare non è il vento ma il terribile e lugubre lamento prolungato di un re arrabbiato e ferito, condannato per l’eternità.

garganosegreto