Un tumore su tre non si svilupperebbe a fronte di stili di vita corretti. Gli screening oncologici offerti gratis, ma persistono differenze geografiche importanti nell’organizzazione (più diffusi al Nord rispetto al Centro-Sud).
Dagli esperti riuniti a Chicago per il convegno dell’American Society of Clinical Oncology arriva forte un richiamo alla prevenzione: un tumore su tre non si svilupperebbe a fronte di stili di vita corretti. Le più recenti stime Usa dicono che è evitabile quasi la metà dei decessi per cancro nella popolazione dai 30 anni in su. Come? Con una manciata di buone regole, alla portata di tutti, che gli specialisti ripetono da decenni: basti pensare, per esempio, che la prima versione del Codice europeo contro il cancro (un elenco delle 12 azioni che ognuno può adottare per la prevenzione dei tumori) risale al 1987. Ecco quelle relative agli stili di vita: seguire un regime alimentare equilibrato e sano, praticare regolare attività fisica, stare alla larga dai chili di troppo, astenersi da fumo e consumo di superalcolici.
Gli ultimi dati raccolti dall’American Cancer Society dicono che al tabacco è attribuibile la maggior parte delle diagnosi (ben il 19,3% del totale), seguito da sovrappeso (7,6%), consumo di alcolici (5,4%), esposizione eccessiva al sole (4,6%) e mancanza di attività fisica (3,1%).
Programmi di screening
A fare la differenza nelle probabilità di superare un tumore è la diagnosi precoce. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio nazionale screening, però, su quasi 16 milioni di persone invitate a fare un esame nel 2023, solo 6,9 milioni hanno aderito. Il risultato? Oltre 50mila diagnosi mancate, tra tumori e lesioni pre-cancerose che potevano essere asportate prima che si trasformassero in una neoplasia vera e propria. «In Italia i programmi di screening oncologico per il tumore della mammella, del collo dell’utero e del colon retto sono considerati Livelli essenziali di assistenza (Lea) e ciò significa che devono essere garantiti a tutti i cittadini che ne hanno diritto – spiega Francesco Perrone, presidente Aiom -. A oggi è previsto che tutte le donne tra i 50 e i 69 anni ricevano ogni due anni una lettera d’invito dalla loro Azienda Sanitaria a eseguire gratis la mammografia. Inoltre, tutti i cittadini fra i 50 e i 70 hanno diritto, sempre ogni due anni, a eseguire il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (test Sof). Infine, per le donne tra i 25 e i 64 anni è previsto ogni tre anni il Pap test o ogni cinque l’Hpv-Dna test».
Ma le statistiche indicano due grandi problemi: primo, una donna su due rifiuta l’invito per cancro al seno e cervice e due connazionali su tre dicono no per il colon; secondo ancora troppe Regioni, soprattutto del Sud, non si sono organizzate in modo tale da far ricevere l’invito a tutti gli aventi diritto. «Aderire agli screening organizzati significa diagnosi precoce di eventuali tumori, trattamento tempestivo delle lesioni pre-cancerose, un numero maggiore di guarigioni definitive, meno sofferenze per i pazienti, costi minori per il Servizio sanitario nazionale e, soprattutto, meno decessi per cancro» sottolinea Perrone.
Non c’è alcun motivo valido per rifiutare questa opportunità, peraltro nel nostro Paese offerta gratuitamente dal Ssn. «Prevenzione e promozione della salute rappresentano i pilastri per ridurre l’incidenza delle malattie e contribuire alla sostenibilità del Ssn – conclude l’esperto -. Oggi il paradosso è evidente: da un lato i cittadini sono in lista di attesa per esami diagnostici non sempre appropriati, dall’altro sono in milioni a non aderire ai programmi di screening».
corrieredellasera