Il ragionamento era già stato fatto ai diretti interessati, da tempo ma senza fortuna. Ed è per questo che le parole pronunciate da Antonio Decaro sabato sera a Lecce suonano come un vero e proprio ultimatum: sono pronto, ha detto in sostanza l’ex sindaco di Bari, ad accettare la candidatura a presidente della Regione, ma «senza forzature e senza tutele da parte di nessuno». Intendendo con questo che Decaro non accetterà la presenza in lista dei suoi predecessori Nichi Vendola e Michele Emiliano.
È un discorso che nel giro dei fedelissimi di Decaro viene ripetuto da tempo e non senza fastidi. Non si è mai visto, nella storia delle elezioni regionali post-riforma, che i presidenti uscenti si siano candidati «a supporto» dei loro successori. Il perché è ovvio, ed ha a che fare con la libertà politica di chi subentra. Che vuole (e deve) essere libero di impostare la legislatura senza i vincoli derivanti dalla presenza di chi lo ha preceduto. Cosa diventerebbe un Consiglio regionale presieduto da Michele Emiliano? Una sorta di contropotere rispetto a quello del governatore Decaro, che sarebbe costretto ad andare a trattare in via Gentile ogni singolo provvedimento.
Ecco perché ieri dall’entourage del candidato in pectore è filtrata un’altra frase, «mi sta passando la voglia», che si riferisce alla visione prospettica di Decaro: con una carriera nazionale (da leader Pd) e un ruolo internazionale (da presidente di commissione all’Europarlamento) lui sarebbe pronto a candidarsi a presidente della Regione per spirito di responsabilità verso la Puglia. Ma non – è il ragionamento – a tutti i costi.
La questione è stata affrontata privatamente a ogni livello. Anche perché, viene fatto notare, Vendola ed Emiliano hanno da settimane ingaggiato uno scontro dialettico. Nichi accusa il successore per tutte le cose non fatte e spinge sulla questione morale e sul trasformismo, convinto com’è che la sua (di Vendola) candidatura potrebbe dare ad Avs almeno due punti percentuali in più. Emiliano critica il suo predecessore per tutta una serie di posizioni assunte in campo nazionale, sottolineandone l’irrilevanza (politica) anche per marginalizzarne le alleanze sul territorio. E Decaro sta a guardare, tirato per la giacchetta ora da uno ora dall’altro.
Ma ad un certo punto le schermaglie dovranno terminare e sarà il momento delle decisioni. In molti, soprattutto nel Pd, sono convinti che Decaro finirà per accettare la candidatura l’ultimo giorno utile («Quando era sindaco ha fatto così…»). Non è però un mantra, soprattutto perché Emiliano non sembra disponibile a rinunciare a una candidatura a consigliere che va già annunciando urbi et orbi. E quindi, se per ipotesi Decaro dovesse decidere di rimanere a Bruxelles, i Dem (e i loro alleati) dovranno trovare l’alternativa: lo stesso Emiliano aveva parlato dell’ipotesi di primarie.
Fino a dieci giorni fa i candidati naturali erano Loredana Capone, Alessandro Delli Noci e Raffaele Piemontese. Delli Noci è alle prese con l’inchiesta giudiziaria di Lecce, e comunque – fanno notare fonti Dem – non faceva salti di gioia all’idea di un impegno che avrebbe stravolto il suo stile di vita. Piemontese preferirebbe mille volte una candidatura al Parlamento. Resta la Capone, che non è propriamente una figura unitaria nel partito nonostante si sia iscritta tra le prime alla corrente della segretaria Schlein: la storia della Regione Puglia, però, dice che i presidenti del Consiglio uscenti non vengono mai rieletti.
Domani intanto toma a riunirsi il Consiglio regionale in cui il centrosinistra non ha di fatto più i numeri per governare. Le dimissioni sono fuori discussione (c’è gente imbullonata alla poltrona che, ben sapendo di non essere rieletta, farà di tutto per garantirsi gli ultimi sei mesi di stipendio), ma ci sono provvedimenti indifferibili che dovranno essere comunque approvati; variazioni ed assestamenti di bilancio necessari ai conti della sanità, come quella che sta predisponendo l’assessore Fabiano Amati per evitare il ricorso ai 47 milioni di extragettito Irpef. Significa che per stare in piedi e arrivare alle elezioni (ottobre o forse novembre) al centrosinistra potrebbe servire un sostegno trasversale.
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