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REGIONALI ALLE PORTE, IL CENTRODESTRA NON HA ANCORA IL NOME DEL CANDIDATO PRESIDENTE

In forte ritardo nei confronti di un centrosinistra che da vent’anni vince le più importanti competizioni per il calo di partecipanti alle elezioni.

Mentre in Puglia i partiti litigano sulla modifica da apportare alla legge regionale anti-sindaci, che sarà al vaglio della Corte costituzionale il 9 luglio prossimo, nella Capitale le forze politiche nazionali discutono sull’ introduzione di una eventuale possibilità di abolizione al blocco dei due mandati per i presidenti di Regione che hanno già alle spalle due elezioni consecutive e che è previsto da una legge statale del 2004. Sul tema delle prossime elezioni regionali, in Parlamento è già in itinere un ddl che, se approvato, eviterebbe la riduzione dagli attuali 50 seggi a 40 nella prossima Assemblea pugliese, per via della riduzione di popolazione residente nella nostra regione, scesa – come è noto – al di sotto dei 4 milioni di abitanti.

Perciò è possibile che, se non si sciolgono rapidamente i nodi del terzo mandato e della modifica alla norma che fissa il numero dei seggia in modo perentorio, il governo Meloni prenda ancora tempo per emanare il decreto di indizione delle elezioni nelle regioni in scadenza di legislatura nel prossimo autunno e chissà che, alla fine, proprio a causa delle proposte in corso non decida per uno slittamento delle consultazioni regionali all’inizio dell’inverno o, addirittura, alla primavera del 2026.

Anche perché nelle cinque grandi regioni che devono andare al voto (Campania, Marche, Puglia, Toscana e Veneto) le elezioni sono qualcosa di più di un semplice test locale, sia per la coalizione di governo nazionale che per le forze di opposizione, che hanno i governatori uscenti di tre (Campania, Puglia e Toscana) delle cinque regioni citate, mentre in due di queste, Marche e Veneto, i presidenti uscenti sono espressione rispettivamente di Fdi (Francesco Acquaroli) e Lega (Luca Zaia).

Quindi, è possibile che il centrodestra, che con i tempi per i nomi da mettere in campo per la guida della coalizione è sicuramente in forte ritardo soprattutto nelle regioni in cui è all’opposizione, come la Puglia, propenda a livello nazionale per uno slittamento il più possibile della data di voto. In Puglia – come si ricorderà – il centrodestra è all’opposizione dal 2005 alla Regione e dal 2004 al Comune di Bari, dove lo scorso anno non è riuscito a vincere per la quinta volta consecutiva alle amministrative, nonostante l’ondata di scandali giudiziari che – come è noto – hanno interessato il centrosinistra pugliese alla vigilia delle elezioni comunali ed europee del 2024.

Situazione, questa della Puglia, che per la coalizione che sostiene la premier Meloni stride ancora di più a livello locale e nazionale, se si considera che nella nostra regione il centrosinistra alle politiche non riesce a prevalere dal 1994 (ossia da quando è stato istituito il sistema elettorale maggioritario e conseguentemente sono state introdotte leggi elettorali, quali il “Mattarellum” prima e successivamente il “Porcellum” e da ultimo il “Rosatellum”, che – come è noto – sono state propedeutiche a detto sistema), però poi a livello locale da oltre vent’anni riesce a vincere quasi tutte le più importati elezioni.

Infatti, anche ultimamente il centrosinistra è risultato nuovamente vincente nel capoluogo ionico, dove il centrodestra si è spaccato al primo turno, nonostante il ritorno al voto al Comune di Taranto era stato determinato, in via anticipata, dalle diatribe interne al centrosinistra. Pertanto, anche per le prossime regionali il centrosinistra pugliese è dato comunque per favorito, a prescindere del nome del candidato che metterà in campo e, quindi, anche questa volta la partita regionale per il centrodestra potrebbe rivelarsi alquanto difficile e complicata.

A meno che – secondo qualche esperto locale delle dinamiche politiche – la coalizione della premier Meloni on riesca ad individuare qualche nome noto ed autorevole, esterno ai partiti e quindi espressione della società, che riesca ad entusiasmare quella parte considerevole di elettorato pugliese (circa un 10-15%) che da tempo diserta sistematicamente le urne alle elezioni locali, lasciando così campo libero per la vittoria del centrosinistra.

Insomma, secondo chi sostiene detta tesi, il centrodestra per sperare di tornare a vincere alle regionali dovrebbe tornare ad adattare una formula analoga a quella utilizzata nel 1995, alle prime elezioni regionali con il sistema maggioritario, da Pinuccio Tatarella che – come si ricorderà – candidò per la guida del centrodestra il professore Salvatore Di Stato, che non era espressione diretta di alcuno dei partiti del centrodestra, ma unicamente della realtà accademica e sociale della nostra regione. Ma gli attuali referenti del centrodestra pugliese saranno in grado di fare ciò che, allo stato dei fatti, sembrerebbe un vero e proprio “miracolo” politico alle prossime regionali, per la loro coalizione? I presupposti per un simile tentativo potrebbero esserci, però bisogna vedere se avranno il coraggio di provare ad individuare il nome di un candidato governatore vincente.

quotidianodifoggia