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“VOLEVA IMPEDIRE IL SERVIZIO SULLA MAFIA DI VIESTE”: ECCO PERCHÉ FILIPPO TROTTA È STATO CONDANNATO

Nelle motivazioni della sentenza la giudice parla di violenza consapevole e finalizzata a bloccare l’informazione pubblica. Decisivi i video, i riconoscimenti e i referti medici.

È stato condannato a un anno di reclusione Filippo Trotta, fratello di Omar Trotta, l’uomo ucciso a Vieste il 26 luglio 2017 durante la guerra tra il clan Iannoli-Perna di cui faceva parte e il clan Raduano. Lo ha deciso il Tribunale monocratico di Foggia, con sentenza pronunciata il 12 marzo 2025 dalla giudice Maria Giovanna Gallipoli, che ha riconosciuto l’imputato colpevole di violenza privata, lesioni aggravate e interruzione di pubblico servizio, con la recidiva specifica. Nelle scorse ore sono uscite le motivazioni di quella sentenza.

I fatti risalgono al giorno dell’omicidio di Omar Trotta nella sua bruschetteria di Vieste. Il giornalista della trasmissione “Nemo” di Rai 2, Nello Trocchia (oggi al quotidiano “Domani”) e l’operatore Riccardo Cremona, stavano documentando la scena del delitto per un servizio sulla criminalità organizzata nel Gargano. Mentre si trovavano nei pressi del ristorante “L’Antica Bruschetta”, furono avvicinati da Filippo Trotta che, dapprima, li intimò con fare minaccioso ad andarsene e poi, di fronte al rifiuto, aggredì fisicamente Trocchia: lo afferrò, lo colpì con un calcio e lo scaraventò contro un muro, facendogli perdere anche il microfono.

Il giornalista riportò un “trauma contusivo facciale con ferita lacero-contusa ed escoriazione”, lesioni giudicate guaribili in 15 giorni. Il pestaggio, ripreso dall’operatore, fu mandato in onda nella puntata intitolata “La mafia di Foggia, spietata e sconosciuta”.

Determinanti per la condanna sono stati i filmati dell’aggressione, le testimonianze di Trocchia e Cremona, i referti medici e i riconoscimenti fotografici effettuati da entrambi, che indicarono senza esitazione Filippo Trotta come responsabile. Anche i carabinieri presenti sul posto, intervenuti per mettere in sicurezza l’area dell’omicidio, confermarono l’identità dell’aggressore.

Il tribunale ha ritenuto pienamente credibile la ricostruzione dei fatti, sottolineando che l’imputato ha agito con l’intento di impedire la realizzazione del servizio giornalistico, turbando così un’attività di pubblica informazione, riconosciuta dalla Cassazione come servizio pubblico essenziale.

Nessun elemento a discolpa è emerso nel corso del processo. Trotta, assente alle udienze, non ha mai smentito i fatti. Il giudice ha riconosciuto la continuazione tra i reati, l’aggravante del nesso teleologico (le lesioni inflitte per fermare le riprese) e ha concesso le attenuanti generiche solo in via equivalente alla recidiva, rilevando comunque una “maggiore capacità a delinquere” dell’imputato.

Oltre alla pena, Filippo Trotta è stato condannato al risarcimento dei danni nei confronti di Trocchia e del Sindacato Unitario Giornalisti della Campania (SUGC), costituitisi parte civile. Il giudice ha disposto la liquidazione delle spese legali per entrambi, pari a 1.797 euro ciascuno, più Iva e Cpa.

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