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S. GIOVANNI ROTONDO/ ANZIANA UCCISA, IL DELIRIO DELL’IMPUTATO: “ERO UNO STRUMENTO DI PADRE PIO, MANDATO PER ELIMINARE IL DEMONIO DA ALCUNE PERSONE”

La tragedia di San Giovanni Rotondo ricostruita attraverso le testimonianze acquisite agli atti. L’uomo, affetto da psicosi, è accusato di aver massacrato Rachele Covino.

“Mamma, sono tutto nudo come mi hai fatto tu”. È uno dei messaggi deliranti che Fabio Carinci, 45enne di San Giovanni Rotondo, avrebbe inviato alla madre poco prima di uccidere brutalmente Rachele Covino, 81 anni, vedova e sua compaesana, colpita a calci e pugni fino alla morte il 25 maggio 2024 nel garage della propria abitazione in via Sergente Padovano. Una tragedia senza apparente movente, che affonda le radici in un delirio mistico alimentato da psicosi, droga e alcol, secondo gli psichiatri.

Durante l’ultima udienza del processo in Corte d’Assise a Foggia, sono stati acquisiti agli atti i verbali resi ai carabinieri dalla madre e dalla compagna dell’imputato, interrogate nelle ore successive all’omicidio. Dichiarazioni che tracciano un quadro inquietante e confuso della fragilità mentale di Caringi nei giorni precedenti al delitto.

“Mi ha detto di sentire delle voci nella testa, di non sentirsi lui, che era stanco e voleva aiuto”, ha raccontato la madre. “Non ho dato peso a quelle parole perché non sapevo come comportarmi. Fabio non è mai stato violento, non ha mai sofferto di malattie psichiche. Era solo molto nervoso”.

Anche la compagna ha descritto un comportamento simile: “Lo conosco da una vita, stiamo insieme da più di tre anni. Non è mai stato violento con me o con altri. Negli ultimi giorni diceva di sentirsi confuso. Il giorno prima dell’omicidio mi ha detto che aveva la testa piena di voci, che qualcuno gli stava parlando, ma senza spiegare oltre”.

Secondo la ricostruzione, Carinci inviò un messaggio alla madre alle 12.20, poco più di un’ora prima dell’aggressione, poi parlò al telefono con lei, dicendole appunto di essere nudo. Alle 13.30, l’orario in cui l’omicidio fu compiuto, la compagna chiamò la madre chiedendole di recarsi subito a casa di Fabio: i carabinieri lo avevano appena fermato, completamente nudo, mentre vagava per strada insanguinato.

“Quando sono arrivata – ha raccontato la compagna – a terra c’erano il pigiama e l’intimo di Fabio. Ho sentito urla strazianti dalla strada. In via Crisetti ho visto i carabinieri che lo caricavano sull’auto. Alcune persone dicevano: ‘l’ha uccisa, l’ha uccisa’”.

Carinci ha confessato subito dopo l’arresto, sia davanti al gip che nel corso delle successive valutazioni psichiatriche: “Le voci mi dicevano che ero uno strumento di Padre Pio, mandato per eliminare la presenza demoniaca da alcune persone”, avrebbe detto. “Ho iniziato una guerra contro il demonio, decidendo chi doveva morire e chi vivere. La vittima, una volta purificata, tornerà in vita”.

Secondo la consulenza psichiatrica disposta dalla pm, l’uomo era incapace d’intendere e volere al momento del delitto, a causa di una psicosi indotta da uso di droga e alcol in un quadro di disturbo borderline di personalità. Tuttavia, ora è in grado di partecipare coscientemente al processo, dopo essere stato curato in una comunità riabilitativa psichiatrica, dove è detenuto da mesi.

Non è stato necessario ascoltare in aula madre e compagna, come stabilito in accordo tra accusa, difesa e parti civili.