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27 OTTOBRE SULLA SABBIA O NEL CUORE?

Ho scritto il tuo nome sulla sabbia, ma l’onda l’ha cancellato. Ho inciso il tuo nome su un albero, ma la corteccia è caduta. Ho scolpito il tuo nome sul marmo, ma la pietra si è rotta. Preso dalla disperazione, ho nascosto il tuo nome nel mio cuore e là il tempo l’ha conservato.

ANONIMO

Non so chi abbia scritto queste parole. Le ho trovate almeno un paio di volte sui libretti che gli sposi confezionano per il loro matri­monio religioso così da aiutare i parenti e gli amici a seguire la liturgia nuziale. Certo, le frasi sono un po’ enfatiche e sentimentali, ma il sentimento in certi momenti non guasta, soprattutto quando coglie un fondo di verità umana e spirituale. Il tema è semplice e può toc­care sia l’amore di coppia sia ogni genere di relazione interpersonale e, in senso più lato, ogni impegno di donazione al prossimo.

Le professioni d’amore esteriori sono significative ma, come si sa, i bei discorsi lasciano tracce esili, anche quando sono frementi e incisi­vi. È l’ingresso nel santuario della coscienza, nel profondo della vo­lontà, nella serietà della vita che rende l’amore solido e costante. Le molte parole, le smancerie, le espressioni retoriche lasciano il tempo che trovano, pur avendo una loro funzione. Ciò che conta e permane è la scelta del cuore, ossia dell’interiorità, che si consacra all’altro con verità e intensità. Purtroppo l’educazione a vivere in questo modo l’a­more è rara e accade quello che scetticamente il principe Fabrizio del Gattopardo di Tornasi di Lampedusa (1896-1957) osservava: «Amore: fuoco e fiamme per un anno e cenere per trenta!».

Gianfranco Ravasi