Un ombrellone nelle prime file? Meglio scordarselo, sono riservate ai clienti dell’esclusivo resort. Qualcosa di commestibile al bar? Meglio portarselo da casa. Un passaggio dal mezzo elettrico per scendere in spiaggia? Senza la card non è possibile. Motorini? Banditi. E così i proprietari vip di case e villini a Pugnochiuso sono costretti alla fuga dal nuovo corso dettato dalla Marcegaglia. Un nome vagamente ed insolitamente sessantottino, a dispetto della bellezza mozzafiato ed elitaria. Si sprecano le leggende, sulla nascita di Pugnochiuso e sull’arrivo del mecenate Enrico Mattei, potentissimo presidente dell’Eni che l’avrebbe vista sia dall’alto che direttamente dal mare, accompagnato dal pescatore viestano Michele Trimigno, ormai un’istituzione con tanto di citazione su libri e riviste. Un affare, quella distesa di verde a picco sul mare, realizzato tra il 1959 ed il 1960, peccato per l’incidente aereo – per molti un sabotaggio – che avrebbe presto privato Mattei del
soggiorno nel suo paradiso. Poteva essere la svolta per un’intera economia ed un intero territorio, non ancora costretto a confrontarsi con globalizzazione e low cost: fu semplicemente una cattedrale sciccosissima, insieme al relativamente poco lontano Pizzomunno (nel deserto proliferante di campeggi, alberghi ‘normali’ e case in vendita ed in fitto). Con un turismo dal target alto, altissimo, per nulla spaventato dalle curve e dai disagi (una sofferenza obbligata anche per gli aficionados della costiera amalfitana, della Sardegna, di Maratea, per fare solo qualche esempio). Legato ai fruitori delle strutture alberghiere prima, ai proprietari di case private poi. Costruite in maniera non invasiva, cucina/soggiorno e al piano di sopra camera da letto e cameretta, nessuno sfarzo, 180 miniappartamenti iniziali equamente distribuiti trala Foggia e la Bari bene, professionisti affermati come vicini, figli cresciuti tra una partita a tennis ed un tuffo in piscina, pronti a bagnarsi in acque incantevoli in attesa della barca da acquistare da grandi, nessuna nostalgia e nessuna invidia per altre baie, a parte la sera quando da fare c’è poco quanto nulla, ed allora il pellegrinaggio verso Vieste diventa necessario. Questo ha trovato Emma Marcegaglia o chi ne fa le veci al suo arrivo, quando ne12001 ha deciso di rilevare gran parte dei 180 ettari del paradiso di Mattei nel frattempo appannato. Quegli appartamenti un po’ ingialliti, strutture da rimodernare, una sensazione generale di rallentamento vicino alla stasi, mentre tutto intorno il mondo corre sempre più veloce. Una scommessa più che un affare, date le alterne fortune dell’aeroporto più vicino, il GinoLisa di Foggia, la distanza di quello più affidabile, Bari Palese , e dell’uscita autostradale. E la mancanza di una strategia di fondo, di un mecenate clone dell’AghaKan in grado di trasformare in oro un patrimonio naturale inestimabile, così come avvenuto in Sardegna. Alle soglie del terzo millennio le eccellenze ci sono ma procedono in ordine sparso. La Marcegaglia Tourism’ ha prima fatto il suo necessario rodaggio a Pugnochiuso, cercando sul campo di capire il contesto di riferimento: poi ha deciso di seguire la propria politica. Puntando sull’eccellenza, a livello di prezzi richiesti ai turisti, e su una qualità dei servizi soltanto presunta, destinata a scontrarsi con la numerosa comunità dei proprietari di appartamenti (al numero iniziale vanno aggiunti altri cento, rientranti nella zona ‘i delfini’), che pagando anche bollette stellari per il condominio e le spese di manutenzione, un po’ si sentirebbero nella loro seconda casa, soggiornandovi in molti da una ventina di anni. Ma le due spiagge, quella di Pugnochiuso e quella dell’incantevole baia adiacente Portopiatto, sono diventate troppo piccole di fronte ai turisti (potenziali e reali) che arrivano a soggiornare all’Hotel del Faro, all’Hotel degli ulivi, al residence Belvedere ed alle villette delle Macine, i satelliti che all’interno del resort ruotano intorno alla galassia Marcegaglia, senza considerare il Centro congressi. Così le cose, lentamente ma inesorabilmente, sono cambiate: così se prima bastava una semplice prenotazione in tempo utile (i primi di maggio) per garantirsi 1’ombrellone al solito posto, quest’anno ai proprietari alla spiaggia di Pugnochiuso toccano le file all’estremità, quelle raggiunte presto dall’ombra; ed a Portopiatto non se li fila proprio nessuno, essendo gli ombrelloni monopolizzati dai clienti. Una situazione di spiacevole disagio, per chi ha là un immobile dal valore stimato di almeno 200mila euro. Aumentata dalla mancanza di bar all’altezza, una cronica lacuna del resort che i nuovi proprietari hanno amplificato piuttosto che tamponato, preferendo puntare sulla pensione completa, con ampia disponibilità al buffet per colazione, pranzo e cena. Impossibile però trovare qualcosa di decente al bar se si decide di non rientrare in hotel o in casa, magari per prendere la tintarella in pieno relax nella spiaggia semideserta: difficile andare oltre il caffé, le patatine ed il gelato, delle bruschette garganiche (olio e pane stratipico) nemmeno l’ombra. Ciliegina sulla torta, i mezzi per muoversi all’interno del resort, parcheggiata l’auto all’ingresso o negli spazi riservati: le tradizionali navette che prendevano chiunque per accompagnarlo fino alle baie e riportarlo su sono state sostituite da mezzi elettrici, a due e quattro ruote. Ma l’ accesso è riservato ai soli possessori della `Pugnochiuso card’, che garantisce l’accesso ai servizi: nessuna possibilità per gli ospiti occasionali e per i proprietari ancora non in possesso della preziosa (dato il costo) tessera, che comunque sono di target medio/alto, costretti a risalire a piedi nonostante le navette girino quasi sempre deserte. Il risultato è la fuga da Pugnochiuso da parte dei proprietari. Ed un coro di lamentele sempre più assordante.
Claudio Botta
L’Attacco