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Una fondazione per ri-fondare l’abbazia di Kalena.

Lettera a Monsignor D’Ambrosio, vescovo della diocesi di Manfredonia, cerniera portante e fondante. Di Peppino Tanaglione, portavoce comunità peschiciana a Roma.

Un decennio circa dall’inizio del primo appello lanciato dal “Centro Studi Martella”, salviamo Kàlena, per approdare a nulla o quasi. Quella dell’abbazia di Kàlena, in agro di Peschici, è una lunga storia che vede contrapposti i proprietari e la collettività peschiciana, garganica, regionale e nazionale. L’abbazia è un monumento di interesse nazionale, per il Gargano è la fonte della sua millenaria storia e cultura. Risale all’anno 1023, nasce come convento di monaci con annessa fattoria e un podere, legato al monastero benedettino di S.Maria di Tremiti, successivamente si rese indipendente estendendo la sua influenza, anche economica, oltre i confini della Capitanata.
Nel 1782, con un provvedimento di Re Ferdinando I di Borbone, tutti i beni di Tremiti vennero messi all’asta dal Regio Demanio. Il complesso abbaziale di Peschici sarà solo in seguito acquisito dalla famiglia Martucci, attuale proprietaria. L’Abbazia di Kàlena è stata dichiarata, sin dal primo Novecento, “sito di interesse particolare importante” e sottoposta a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge 20 giugno 1909, n° 364 e seguenti. Sul bene in questione, in data 20 maggio 1918, veniva notificato al Signor Martucci Domenico il “vincolo di tutela”, rinnovato ancora il 3 marzo 1951. L’abbazia, allo stato attuale, trovasi in condizione di avanzato degrado murario a causa della mancata manutenzione negli anni, tra l’altro imposta dal vincolo di tutela.
I proprietari non intendono mettere mano alle loro finanze, nè, tanto meno, favoriscono un  compromesso dignitoso con le istituzioni e comitati pro-Kàlena. Da più anni stiamo assistendo come ad un tracciato di cardiogramma con picchi sopra e sotto la linea, a secondo del momento e del lontano ricordo di qualcuno che ne parla nei convegni, incontri culturali, consigli comunali, ma privo di continuità e consistenza. Intanto l’agonizzante malato Kàlena, continua a sperare nel buon senso. In concreto solo turbolenze, grandi polveroni, ma i risultati sono deludenti, conditi da tanta amarezza e delusione. E’ di questi giorni, sulle pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno”, l’ennesima soffiata su quelle vecchie, meglio storiche pietre millenarie, facendo sollevare ancora una volta solo polvere che acceca ogni tentata soluzione. Quando la sofferenza è prolungata il malato non riesce più a sopportarla e quindi grida questa sua sofferenza, imprecando contro chi gliela ha procurata. Grida, al Ministero per i Beni e le attività culturali, per quale motivo non ha vigilato sulle leggi n°364/1909, n°1089/1939, n°490/1999 e ancora sul D.L. n°42/2004, forse è cambiato il detto “la legge è uguale per tutti” ? Dove è finito l’impegno del Soprintendente di Bari, lettera prot. n°7384 del 23 aprile 2003, di procedere immediatamente ai sensi degli articoli 37 e 38 del D.L. n°490/1999, cioè esecuzione diretta dei lavori con spesa a carico del proprietario, qualora i proprietari di Calena avessero disatteso gli impegni di iniziare i lavori di restauro ?
Perché non sono stati osservati gli obblighi conservativi da parte dei proprietari?
Perché ai proprietari non viene imposto l’ordine di reintegrazione, come prevede l’articolo 160 del D.L. n°42/2004 ? Mentre tutto ciò avviene, una degli eredi Martucci presenta al Comune di Peschici, che lo approva, un progetto edilizio soft (già realizzato) di “casa colonica e magazzino deposito” che, in corso d’opera, converte in struttura di accoglienza turistica con venti mini appartamenti e due piscine, con la benedizione del parere favorevole iniziale della Soprintendenza di Foggia. Il Ministero per i Beni e le attività culturali, a cui è affidato il controllo e tutela dell’Abbazia di Càlena si è associato ai proprietari nel comune intento di affossare ulteriormente le già povere speranze di rinascita del monumento ? Il già menzionato D.L. n°42/2004 chi deve farlo rispettare ? L’art. 45 (prescrizione di tutela indiretta) chi doveva farlo rispettare ?
Le distanze, condizioni di ambiente e di decoro che nella fattispecie non sono consone nella loro destinazione o nel loro significato, alla dignità propria del monumento protetto, chi doveva farle rispettare ? Domande alle quali chi di dovere deve avere il coraggio e la dignità di dare una risposta.
In questa fase di apparente stanchezza, gli Amici veri di Kàlena devono coalizzarsi, unirsi e costituire la “Fondazione dell’Abbazia di Kàlena”. La forza della ri-fondazione dell’abbazia passa attraverso questa sfida civile che deve vedere uniti tutti gli Enti istituzionali a partire dalla regione Puglia, provincia e Comune di Peschici, nonché la Curia Arcivescovile, Ente Parco, Comunità Montana, associazioni non lucrative e operatori turistici. Più volte, gli enti di cui sopra hanno espresso l’interesse a far rinascere questo sito storico, religioso e culturale, unico sul Gargano.
Il tempo è maturo per dimostrare la veridicità di quanto detto, ora servono i fatti, serve la semplicità di attuare le promesse. Kàlena ha bisogno di un “capo fila” prestigioso, di un soggetto che dia fiducia e serietà. Kàlena ha bisogno di una figura “interessata” al recupero materiale, culturale storico e religioso. Kàlena ha bisogno di “Don Mimì D’Ambrosio”, figlio di Peschici, innamorato del territorio e di Kàlena, soggetto di grande cultura e carisma, pastore di anime.
Monsignore Domenico D’Ambrosio, vescovo della diocesi di Manfredonia, Vieste, San Giovanni Rotondo, potrebbe essere la cerniera portante per un convegno allargato agli enti sopra citati, con l’obiettivo di fondare la fondazione per ri-fondare Kàlena. Capacità e coraggio non gli mancano. Accetterà questa sfida?