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Basta cialtronate e a Grillo dico: ma vaffa…

No, non basta che Beppe Grillo colga un sentimento di insoddisfazione popolare, quando è così facile facile, perché, nella fattispecie, dietro questo sentimento c'è ignoranza, qualunquismo, cialtronaggine e perfino un seme di pericolo per il terreno già poco fertile della democrazia italiana.

Esagero? Non credo. Visto che la sua proposta più applaudita e significativa riguarda l'ineleggibilità e le dimissioni di qualsiasi parlamentare sia stato condannato con una sentenza passata in giudicato «anche in primo o secondo grado», che non soltanto è una fanfaronata anticostituzionale, ma mina alla base tanto le regole fondamentali dello Stato di diritto quanto il principio, altrettanto delicato e cruciale per una democrazia, della separazione dei poteri, e non mi stupisce che piaccia a un simbolo del giustizialismo populistico-poliziesco come Antonio Di Pietro (al quale quale proporrei anche l'impre­sentabilità elettorale dei pubblici mini­steri che si sono occupati di politica e so­prattutto se candidati dalla parte di cui non si sono occupati). Significa, facendo due più due, la de­legittimazione della Corte d'appello e della Cassazione, la delegittimazione del potere elettivo e di rappresentanza a favore di quello giudiziario e giu­diziariamente sommario, significa che una condanna in primo grado diventa una condanna definitiva, signi­fica far passare il messaggio che la presunzione d'inno­cenza, nei tre gradi del processo che ci distinguono da uno Stato di polizia, non esiste più, in un Paese in cui già la carta stampata e il senso comune alimentano un giustizialismo superficiale che vìola regolarmente il se­greto istruttorio e reputa colpevole già solo chi riceve un avviso di garanzia, garanzia che do­vrebbe tutelare chi viene sottoposto a indagine e al contrario diventa, per quelli come Grillo, una sentenza bella e buona che nessun processo e nessuna assoluzione potranno più cancellare. È una concezione grossolana della politi­ca chiacchierata, di questo tribuno im­provvisato e furbo, che si appaia perfet­tamente alla immonda criminalizzazio­ne di una legge, giusta o perfettibile che sia, scritta da uno che da criminali, igno­ranti come Grillo, è stato ammazzato. Non saprei cosa rispondere a Grillo perché il diritto e i princìpi del liberali­smo non richiamano folle nelle piazze, e perché le piazze, quando si agitano nel­la visceralità di un istinto così terribil­mente approssimativo, mi fanno orrore, mi fa orrore l'identità indifferenziata di uno, nessuno e centomila, il discorso da autobus e da bar, il ventre molle dell'opinione pubblica a buon mer­cato al quale accennava ieri anche Giampiero Mughini, quella che piove governo ladro ma intanto ti chiede di pagarla in nero. Non saprei cosa rispondere a Grillo, che nelle scuole vuole sostituire con i computer i libri perché di libri non deve averne mai visto uno, se non di studiarsi Beccaria, o i romanzi di un grande scrittore di nome Franz Kafka, o il Terrore della Rivoluzione Francese, o l'ottobre del 1917 in Russia e i racconti di Salamov, o i Putsch nati nelle birrerie e in frangenti ben più drammatici di que­sto e generando mostri ancora più devastanti, o anche, se questo è troppo faticoso per Grillo, di andarsi a leg­gere la nostra Costituzione e il nostro Codice di proce­dura penale e pensare prima di aprire bocca dicendo di sentirsi un detonatore, perché sarà pure un detonatore ma è anche un gran coglione. Non saprei cosa rispondere a Grillo se non di quali­ficarsi, ho un'idea dei suoi redditi ma non ho capito che mestiere fa, di cosa si occupa, cosa ha studiato, perché come comico non mi fa ridere da anni, essendo troppo noioso per farmi ridere e troppo superficiale per farmi pensare, e come corsaro antipolitico mi suscita un di­sprezzo senza confini, a me, beninteso, che ho un'am­mirazione sconfinata per Marco Pannella e le battaglie radicali e antipolitiche alla cui raccolta di firme ho sem­pre aderito, e che ci hanno sempre insegnato la forza delle idee, del movimento di opinione al di fuori dei go­verni e dei Parlamenti, ma anche il rispetto della lega­lità, dell'intelligenza, della cultura e della democrazia li­berale. Non saprei cosa rispondergli, da scrittore, da cittadino, da singolo e da casa mia, se non un singolo e sentito vaffanculo.

 

Massimiliano Parente