“Perseguita i lavoratori, adesso basta”.
I sindacati confederali hanno proclamato lo stato di agitazione del personale di servizio presso la presso la Comunità Montana del Gargano. Le segreterie provinciali di Cgil-Cisl-Uil hanno denunciato la grave situazione in cui sono costretti ad operare i dipendenti dell'ente montano per via dell'atteggiamento assunto dal presidente della Comunità, Nicola Pinto, nei loro confronti. Cgil-Cisl-Uil denunciano «condotte persecutorie e antisindacali» da parte della presidenza, tra l'altro, per non aver accolto, nonostante sia stato più volte sollecitato, l'avvio della concertazione, così come prevede la vigente normativa. Dunque, si fa sempre più aspro lo scontro tra presidenza e personale dipendente dell'ente sulla questione riguardante il rinnovo del contratto aziendale. I sindacati hanno informato sia il presidente Nicola Pinto che il prefetto Sandro Calvosa. Che a parere di Cgil-Cisl-Uil, il presidente stia disattendendo la richiesta di concertazione sarebbe negli atteggiamenti e negli atti, tant'è che, dopo la nota sindacale, lo stesso Pinto ha convocato la giunta per lunedì 15 ottobre, che dovrà occuparsi del nuovo regolamento interno, malgrado – sottolineano i sindacati – «la nostra ripetuta richiesta di concertazione preventiva e necessaria sul testo dello stesso regolamento». Come recita un vecchio adagio, a "pensar male si fa peccato, ma non si sbaglia", sembra andare a braccetto con quanto sostengono i sindacati a proposito della volontà di Pinto di non tener in nessun conto la richiesta di concertazione, tant'è che, guarda caso, la convocazione c'è, ma è per il giorno successivo cioè, dopo l'approvazione del regolamento, malgrado venga sottolineato nella nota sindacale «1'espressa richiesta di convocazione prevista quale obbligatoria dalle disposizioni contrattuali vigenti». Il personale dipendente della Comunità montana del Gargano aveva già denunciato lo stato di sofferenza in cui si troverebbe ad operare con una lettera alla Procura e al prefetto. Otto dipendenti sui dieci che fanno parte dell'Ente montano, non accettano la proposta formulata da presidente e giunta che, a loro dire, risente di «evidenti intendimenti persecutori, a svantaggio dei lavoratori dipendenti». Tutto risalirebbe ad alcuni mesi addietro, in coincidenza con l'emanazione di provvedimenti «palesemente illegittimi – sostenevano i dipendenti – in materia di disdetta del contratto collettivo decentrato integrativo, peraltro, meramente applicativo del Contratto collettivo nazionale di lavoro».