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Comunità Montana del Gargano, niente scarcerazione per Pinto e Maratea

C'è peri­colo di reiterazione del reato ed anche di inquinamento delle prove perchè le dimissioni dei due imputati, rispetti­vamente dalla carica di presidente e assessore alla cultura della comunità montana del Gargano, non sono ancora effettive.
Per queste ragioni il gup del Tribunale di Foggia, Enrico Di Ded­da, ha rigettato l'istanza di scarcera­zione di Nicola Pinto, 60 anni di Rodi e Peppino Maratea, 69 anni di Vico, agli arresti domiciliari per concussione dall'11 gennaio scorso. Avrebbero pre­teso 20mila euro da un ingegnere per sbloccare un progetto per il cablaggio del Promontorio e la connessione a in­ternet senza fili: si dicono innocenti. Giovedì scorso 20 marzo il gup Di Dedda aveva rinviato a giudizio Pinto (già presidente dell'ente montano) e Maratea (già assessore alla cultura) che saranno processati i128 aprile dai giudici della seconda sezione penale. Gli avvocati Raul Pellegrini, Vincenzo Palumbo, Michele Curtotti e Ber­nardo Lodispoto avevano chiesto la scarcerazione dei due imputati, che si sono dimessi dalle rispettive cariche per cui non c'è più – dice la difesa – pericolo di reiterazione dei reati. I pm Giuseppe Gatti e Enrico Infante hanno espresso parere negativo perchè «le dimissioni inviate dagli imputati devono ritenersi inefficaci in assenza della nomina dei successori». II gup Di Dedda condivide il parere dei pm e aggiunge: «la partecipazione a un or­gano come la comunità montana del Gargano attiva una serie di relazioni politiche, correntizie e amicali che non viene certo interrotta dall'invio delle dimissioni. La stessa delibera dell'or­gano rappresentativo, con il motivato parere contrario del segretario gene­rale, consta significativamente e am­biguamente di una semplice "presa d'atto" e non di accettazione formale delle dimissioni. Il che la dice lunga sul permanere dei rapporti predetti e della possibilità degli imputati di continua­re a influenza le decisioni della comu­nità montana. Nonchè della possibi­lità, tutt'altro che astratta e non ne­cessariamente in malafede, di ispirare in futuro i comportamenti e le dichia­razioni processuali di coloro che sa­ranno citati da accusa e difesa e de­porre come testi», In soldoni vuol dire che il gup ritiene sussistente il pericolo di reiterazione di reati e di inquinamento delle prove: da qui il «no» alla richiesta della difesa di scarcerare i due noti amministratori garganici.