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Clemente: “L’incompatibilità presunta che doveva diventare effettiva secondo l’UDC, FI ed altri”

Nel corso di questo mese, secondo il Capogruppo UDC, a Vieste si è verificato un evento disastroso: una presunta incompatibilità mi ha portato ad essere escluso dal Consiglio Comunale. Sempre secondo il capogruppo UDC, la colpa dell’evento disastroso è da imputare al Partito Democratico.
Nascono spontanee due domande:
Ma se come dice il Capogruppo UDC l’incompatibilità è presunta perché egli stesso l’ha votata?
Le scelte del Partito Democratico di Vieste devono essere avallate dall’UDC?
Sempre secondo il Capogruppo UDC: io ero un consigliere comunale, professionista validissimo e persona seria e onesta, per me gli organi dirigenziali comunali hanno evidenziato una situazione di incompatibilità dalla carica di consigliere comunale per un presunto – a suo dire – credito che vanto per motivi professionali nei confronti della società Aurora. A seguito di ciò il Sindaco, preso atto dei pareri del dirigente del settore e dell’organo legale comunale, mi ha invitato a chiarire la posizione ed a rimuovere l’incompatibilità, senza rinunciare ai miei diritti. A questa proposta io ho detto di no.
Quanto affermato dal Capogruppo UDC non rispecchia i fatti e non è conforme a legge almeno per le seguenti ragioni:
il partito di cui fa parte il Capogruppo UDC ed altri mi hanno discreditato nel periodo della campagna elettorale (aprile 2008) dicendo che per “due lettere” ho azionato la procedura giudiziaria per importi eccessivi. Oggi, però, il capogruppo UDC dichiara pubblicamente che sono una persona seria ed onesta.
2)  la situazione di incompatibilità non è stata evidenziata dai dirigenti comunali ma è stata causata da un intervento in giudizio del sindaco avallato dal legale del comune senza alcun parere dirigenziale (di dirigente o del segretario comunale). Quindi anche lui è responsabile dell’accaduto.
3) il sindaco, che mi ha invitato a chiarire la posizione ed a rimuovere l’incompatibilità, ha agito con una azione premeditata e persecutoria, poiché l’invito a rimuovere la causa di incompatibilità nella fase della contestazione si contraddice con il chiarimento della posizione che è previsto dalla legge nella fase della contestazione. In buona sostanza il sindaco mi ha chiesto di rimuovere la causa di incompatibilità prima di avviare il contraddittorio e di conoscere le mie osservazioni.
E’ ovvio che ho detto no alle provocazioni che mi sono state fatte poiché il fatto contestatomi non costituisce causa di incompatibilità secondo la legge citata dal comune.
Tutto ciò, sempre secondo il Capogruppo UDC, costituiva una mia incompatibilità a ricoprire il ruolo di segretario cittadino del partito democratico.
Ma anche ciò conferma i miei timori. L’azione, premeditata, è stata fatta anche per eliminarmi da segretario cittadino del Partito Democratico.
Inoltre, sempre secondo il Capogruppo UDC, tutto ciò doveva essere risolto a livello personale e politico, ma localmente.
Molto probabilmente perché egli fa parte di un partito in cui, a differenza del mio, le iniziative politiche possono essere decise solo a livello locale.
Infine, il Capogruppo UDC, ha accusato il partito Democratico di rimettere al giudizio del Consiglio Comunale la responsabilità degli errori che avrei commesso per inesperienza, ed ha elogiato la maggioranza, che unitamente ad Antonio Giuffreda, ha rimesso al Partito Democratico le responsabilità invitandomi, ancora una volta, a rivedere la posizione assunta senza rinunciare ai miei diritti, dichiarandosi così disponibili a rinviare la seduta consiliare.
Anche quest’ultimo intervento del Capogruppo UDC è sorprendente, ed inoltre ispirato a principi di illegalità.
Infatti il Capogruppo UDC ha fatto un intervento nell’ultimo Consiglio Comunale che si può così riassumere:
– mi ha accusato di aver chiesto la decadenza del Consiglio Comunale per irregolarità di bilancio;
– l’impugnativa da me fatta alla delibera di contestazione della incompatibilità può far scaturire l’illegittimità delle delibere successive;
– ha lamentato l’interessamento dei parlamentari alla vicenda.
Il Consiglio Comunale è l’organo competente, per legge, a decidere sulla incompatibilità di un Consigliere Comunale secondo dei tempi che sono previsti dalla stessa legge. Quindi, non si può dire che è stato il Partito Democratico a imporre che la questione venisse trattata in Consiglio Comunale.
Dal suo intervento in consiglio si evince che ha inteso come un atto di ritorsione politica la dichiarazione della mia decadenza da consigliere comunale.
Eventuali difetti di procedura sono imputabili anche a lui, come Consigliere di maggioranza, e non certamente al Partito Democratico. Infatti, premesso che la illegittimità delle delibere successive non esiste, ed a me converrebbe il contrario in quanto allora sarebbe illegittima anche la delibera sulla decadenza, l’aver allungato il procedimento di decadenza da due a cinque mesi ha prodotto dei danni solo a me ed al Partito Democratico, e non al Consiglio Comunale ed agli altri partiti.
Infine, la proposta di rivedere la mia posizione senza rinunciare ai diritti, è anch’essa tendente a far emergere una inversione di responsabilità che nei fatti e nella legge non c’è.
Infatti, la proposta era finalizzata al raggiungimento di quattro obiettivi, che senz’altro non sono a mia tutela, e precisamente:
1) indurmi a sottostare alle richieste ricattatorie della maggioranza;
far apparire all’opinione pubblica la dichiarazione di decadenza solo per mia volontà, mentre la stessa è stata voluta e premeditata da quelli che l’hanno avallata;
farmi credere che si potevano riallacciare i rapporti;
farmi dichiarare decaduto dopo aver accettato i ricatti della maggioranza. Infatti, la presunta causa di incompatibilità, se la consideriamo legittima, poteva essere rimossa entro il 30 luglio a pena di decadenza. Pertanto, una mia rinunzia – da loro invocata – non avrebbe fatto venir meno i presupposti della dichiarazione di decadenza.
In conclusione, alla proposta fattami nel corso del Consiglio Comunale da Nicola Ragno e da Raffaele Zaffarano, i quali, chiamati in causa nel dibattito da Antonio Giuffreda, mi hanno chiesto di fare un passo indietro e quindi di ritirare gli atti relativi al contenzioso – evitando di votare una decadenza dalla carica di Consigliere Comunale che non piace a nessuno – , preciso che ho ribattuto dicendo che non rispondo alle provocazioni. La proposta, infatti, così come l’intero procedimento intrapreso nei miei confronti, é in contrasto con la legge (e quindi illegale), ed é stata fatta solo per depistare i cittadini sui problemi che sta vivendo la nostra città e sulle reali responsabilità di ciascuno.
I miei comportamenti, e quelli del Partito Democratico, non possono che basarsi sul valore della legalità.

Il segretario cittadino del PD
Mauro Clemente