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Salviamo un “luogo del cuore” dei cittadini del mondo

Càlena ora passa per Area Vasta Capitanata 2020

 

La data del 29 settembre 2008 certo è da ricordare. Dopo anni di tentativi andati a vuoto, è stata  firmata una convenzione tra i proprietari e il Comune di Peschici.
Qualcuno ha visto in questa giornata la resurrezione, altri la débacle di Càlena. Chi ha vinto? Chi ha perso? Nel gioco del dare-avere non hanno vinto i Martucci: ha vinto soltanto Càlena.
Non è quello che sognavamo per l’abbazia, ma per ora va bene così. Non era più possibile assistere impotenti allo sgretolarsi delle sue pietre secolari. Gridavano mute. Reclamavano un aiuto, non una vendetta.
“Salviamo Kàlena da un’agonia di pietra!” fu l’appello lanciato l’8 settembre 2002 nel convegno organizzato a Peschici dal Centro Studi Martella. Fu l’avvio di una battaglia civile che non si è mai fermata. Si fermerà soltanto quando sarà posta la parola fine. Soltanto  quando l’intera abbazia di Càlena resusciterà, non soltanto nei due templi, ma nella sua interezza. 
I Martucci, oltre alla convenzione sulla fruizione quarantennale delle due chiese e del piccolo “hortus conclusus” dell’aranceto, si sono impegnati (a voce) a restaurare la zona badiale di loro pertinenza, finalizzando almeno un locale del pianterreno (l’antico frantoio) a una destinazione “culturale” (museo, auditorium, centro culturale, non si sa). Nel restauro di questi ed altri edifici “padronali” non devono scordarsi che tutta l’abbazia è vincolata come monumento nazionale.  Noi vigileremo affinchè non sia commesso alcun abuso edilizio.
Con l’approvazione (auspicata) dell’idea progettuale redatta dal Comune di Peschici per inserire l’abbazia di Càlena in “Area   Vasta. Capitanata 2020”, si potrà realizzare il restauro integrale delle due chiese, affinchè questi due gioielli del Medioevo garganico, oggi ridotti in condizioni di estremo, inaccettabile degrado, ritornino a risplendere.
Tutti coloro che nella “cabina di regia” sono preposti alla scelta delle migliori idee progettuali, da proporre alla regione Puglia per il finanziamento, devono sapere che Càlena non è soltanto una chiesa di Peschici: è una delle più antiche abbazie italiane, costruita secondo Pietro Giannone nell’872 d.C..
1306 anni di vita non sono uno scherzo per un monumento che ha sfidato indenne acqua, vento, sole, neve, fino al 1943, quando la copertura lignea della navata centrale della “chiesa nuova” crollò non per un’incursione aerea, ma per vetustà.  Diciamo meglio: per incuria nell’ordinaria manutenzione del tetto.
Un monumento importante, Santa Maria di Càlena, segnalato fin dal 1904 da Emile Bertaux, uno dei più importanti storici dell’arte del mondo, che nel monumentale volume “L’art dans l’Italie meridionale” le dedicò alcune pagine, inserendovi anche i prospetti e i disegni della seconda chiesa.
Se la prima chiesa con le cupole in asse si inserisce nel solco della tradizione pugliese, la “chiesa nuova”, che si addossa all’edificio più antico e ne prosegue l’orientamento, è costruita secondo modelli architettonici di vasta circolazione europea ed extraeuropea. L’originale struttura si rifà infatti a modelli costruttivi giunti dalla Francia, precisamente dalla Borgogna, nei regni crociati e reimportati in Europa dalla Terra Santa da maestranze itineranti di scalpellini che percorrevano nei due sensi la “Via Francigena”, con tappe al Santuario dell’Arcangelo e al porto di Siponto. Sullo scorcio del XII secolo, queste tipologie architettoniche si diffusero, oltre che a Càlena, nelle abbazie di Monte Sacro, di Pulsano e in alcune città come Monte Sant’Angelo, Barletta, Molfetta, Lecce, Otranto dove transitavano pellegrini e crociati.
Nonostante la perdita dell’abbazia di Monte Sacro, la più ricca delle sue dipendenze in agro di Mattinata, fra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, Càlena possedeva consistenti beni immobili; controllava oltre ai pascoli, i diritti di pesca sul lago di Varano, mulini sui piccoli corsi d’acqua nella zona di Montenero, Rodi e Vico, ed alcune saline nei pressi di Canne; tutti elementi di fondamentale importanza nell’economia medievale. Avere possessi sulle rive del lago di Varano era un privilegio ambito e Càlena lo controllava tutto, con la postazione dei suoi monaci di san Nicola Imbuti, nella zona dell’ex Idroscalo. Le anguille copiose del Varano costituivano una risorsa per le mense monastiche che non conoscevano la carne. Questa fu una delle ragioni per cui anche alcuni monasteri lontani, come Montecassino e Cava, cercavano di procurarsi delle “pescherie” nei laghi costieri garganici. Alle soglie del 1400 Càlena, dopo secoli di effettiva indipendenza, non riuscì a sottrarsi all’ormai generalizzato istituto della “commenda”, poi fu annessa nuovamente all’abbazia di Tremiti (1445-1446). La comunità benedettina fu sostituita dai Canonici Regolari Lateranensi, da alcuni decenni insediati nell’arcipelago, che riorganizzarono le sue ancora consistenti proprietà fondiarie e ricostruirono le fabbriche conventuali che oggi sono ancora in piedi, finora protette, solo sulla carta, dalla normativa sui beni culturali.
Un monumento nazionale, Càlena, fin dal 1951. Un bene culturale di pregio inopinatamente dismesso. Per troppo tempo. Rimosso dalla memoria collettiva e MAI tutelato dall’organismo preposto: la Soprintendenza di Bari.
Un  bene che appartiene non solo alla Capitanata, ma alla Puglia intera e che va restituito alla pubblica fruibilità anche dei turisti di tutto il mondo che ogni anno scelgono Peschici come luogo di vacanza non solo per il suo mare, per il suo sole e il suo paesaggio, ma anche per la sua storia e le sue tradizioni. 
Le testimonianza della presenza monastica nel territorio del Gargano Nord sono, oggi, un patrimonio di memorie in gran parte sconosciuto ai più. E’ necessario intervenire con urgenza, per evitarne la scomparsa. Come  l’abbazia di Càlena, versano oggi in uno stato di totale abbandono e decadenza tutte le antiche abbazie garganiche da essa dipendenti: solo un tempestivo intervento di ristrutturazione potrebbe salvarle da un irreversibile degrado. I nomi? Uno per tutti. La Santa Trinità di Monte Sacro. Il comune di Mattinata ha presentato ad “Area vasta” un progetto per il suo restauro. Auspichiamo che venga approvato, insieme a quello di Càlena, per un primo itinerario religioso-naturalistico che da Peschici va fino a  Mattinata, con tappe lungo le loro antiche pertinenze badiali sparse per tutto il Gargano. 

TERESA RAUZINO