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CHI VI HA DATO IL DIRITTO SULLE ROCCE DI “CHIANCAMASITTO “

“Chiancamasitto”, un disastro ambientale, uno dei tanti negli ultimi anni sulla costa garganica, ma che non può essere tollerato, che non può essere compreso, che non può e deve essere perdonato, perché offende l’intelligenza umana, sfregia l’ambiente creato, oltraggia la natura.      Luogo di storia, perché i saraceni vi sbarcarono nella prima metà del seicento per attaccare Manfredonia. Luogo della cultura pastorizia, perché una volta all’anno gli animali vi erano portati quale rito propiziatorio di salute e di benessere. Luogo dei ricordi, perché almeno una volta nella vita è stata la spiaggia di ogni Montanaro.
   “Chiancamasitto”, oggi, luogo dell’attacco alla dignità di un popolo, quello Montanaro, tenace e laborioso nei secoli, capace per vivere di dissodare un terreno aspro e roccioso e di renderlo fertile e luminoso. Come nessuno ha osato! Come nessuno ha saputo!
 Un popolo che, fiero del suo micaelico culto millenario, ha fortemente voluto erigere in cielo una delle più belle città del Mezzogiorno da sempre ,e per sempre, visitata da pellegrini e viandanti, anonimi e illustri, ricchi e poveri, vicini e lontani.
Un popolo che, con forza ammirevole e caparbietà riconosciuta, ha affrontato, e affronta ancora, le mille vie dell’emigrazione, narrando ovunque la storia di una città spendente nel Gargano “lontano”.
Agli attori dello scempio, e ancor più a chi lo ha permesso, chiediamo quando e dove hanno acquisito il diritto su quelle rocce e su quel cielo che si specchiava in quelle acque limpide.
Quelle rocce, quelle acque, quei riflessi, quel fragore delle onde erano sacri per i “Montanari” e per tutti i garganici autentici.
Sappiamo che per molti, troppi, le rocce di “Chiancamasitto” sono semplici pietre uguali a tante altre.
E se tutte le rocce sparissero?
E se tutti i cieli non si potessero più riflettere in acque limpide?
E se tutti i pesci non potessero più vivere in acque in cui il cielo non si specchia più?
Che farebbe l’uomo?
Non seguirebbe forse il triste destino delle rocce sparite, delle acque melmose e dei pesci scomparsi?

Chi vi ha dato il diritto su quelle rocce e su quelle acque che erano parte della “carne” e del “sangue” dell’antico popolo Montanaro?

Michele Eugenio Di Carlo