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Decreto anti-crisi: energia piu’ cara al sud

Non c’è alcun segnale a sostegno dell’ipotesi che la norma sulla riforma del mercato dell’energia elettrica venga modificata. Si tratta della norma, contenuta nel decreto anticrisi, che rende possibile la divisione del mercato italiano in tre grandi zone con la conseguenza di aumentare il costo dell’energia elettrica per le famiglie e le imprese meridionali. L’aula della camera, se il governo non porrà la fiducia, dovrà pronunciarsi sugli emendamenti presentati dal democratico Ludovico Vico e dall’esponente del popolo della libertà Pietro Franzoso.
Entrambi chiedono che il prezzo dell’energia sia unico su tutto il territorio nazionale.
Ma la riforma, voluta dalla lega e da una parte di Confindutria, mira proprio a ridurre il costo dell’energia alle grandi imprese del nord.
La proposta del pugliese Franzoso non è neanche certo che sopravviva visto che la maggioranza potrebbe ritirare i propri emendamenti per velocizzare il percorso dell’approvazione del decreto anticrisi.
La norma prevede che tra due anni il ministero dello sviluppo, oppure, nel caso non ci siano decisioni, la presidenza del consiglio, divida in tre aree l’Italia fissando prezzi diversi della bolletta.
La Puglia sarebbe penalizzata con un incremento dei costi dell’energia anche del 30% in quanto al sud le centrali vanno al minimo non potendo trasferire altrove l’energia prodotta per assenza di elettrodotti.
Una beffa per la Puglia – è il commento del governatore Vendola: la nostra regione, spiega Vendola – cede alle altre regioni l’88% dell’energia che produce, che è pari a 8 mila megawat l’anno.
Abbiamo due anni di tempo per intervenire e allontanare il pericolo che il sud paghi una bolletta più cara rispetto a quella del nord, è la reazione del deputato brindisino del popolo della libertà, Luigi Vitali, che esorta gli imprenditori meridionali iscritti a Confindustria a contare di più: la norma – ricorda – è stata proposta e sostenuta proprio da Confindustria.
E in serata alcune associazioni di categoria di Confindustria, come quelle dell’acciaio della chimica della carta e della ceramica, hanno apprezzato il provvedimento del governo non comprendendo "l’agitazione" di alcune associazioni degli industriali del sud, come quella di Brindisi che ha sollevato il caso.
per queste categorie infatti la norma non mette in discussione il prezzo unico nazionale.
"Ma allora, se le cose stanno così, a che serve questa norma?, risponde il presidente degli industriali bridisini, Ferrarese.