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IL GARGANO TRA FEDE E MISTERI

Gargano. Terra di misteri. Terra di contraddizioni. Terra di emigrazione e di speranze infrante. Terra di sogni irrealizzabili, di pregiudizi, di arretratezza. Terra di sole, di mare, di allegria. Terra che, dovunque tu vada, dovunque tu sia, non importa a quanti chilometri di distanza, non importa quanto tu l’abbia odiata, o quanto tu abbia sognato di fuggire via: ti resta nel cuore. Perché essere garganici è un modo di essere, uno stile di vita. E’ avere il sole che ti scorre nelle vene. Joseph Tusiani, cantore disincantato dei nostri territori, con la nostalgia di chi è lontano dalla sua terra madre, scrive così del Gargano e del suo dialetto:

“Ce sta nu cante che m’unneja ‘mpette/ come nu mare che ce stennerica/ sope na šcuma gghianca de merlette/ e non fa cchiù penzà a tempesta antica,/ e quistu cante iè lu ‘ndijalette/ de dda Muntagna (Ddì la bbenedica) / che mme dà pace e no mme da recette/ me da tremente ma m’è semp amica.”

( C’è un canto che mi ondeggia nel petto/ come un mare che si distende/ sopra una schiuma bianca di merletto/ e non fa più pensare all’antica tempesta/ e questo canto è il dialetto / di quella Montagna (Dio la benedica) / che mi dà pace ma non mi dà requie, / mi dà tormento ma mi è sempre amica.)
( “Ce stà nu cante” – Bronx, America, 1991)
E ancora:

“Gargane mia, te scrive questa lettera/ pe’ ffàrete capì che, dallu iurne/ che sso’ partute, me vì semp ‘nzonne/ come vè ‘nzonne allu zite la zita, / come vè ‘nzonne allu figghie la mamma.”

( Gargano mio, ti scrivo questa lettera / per farti capire che, dal giorno/ in cui sono partito, mi vieni sempre in sogno/ come viene in sogno al fidanzato la fidanzata, / come viene in sogno al figlio la mamma.)
( “La léttera ma’ ‘mpustata” – Bronx, America, 1991)

"Ogni regione ha delle terre, dei luoghi, che sono il simbolo del suo passato, uno spazio in cui è ancora possibile ritrovare la natura, e che insieme consentono di pensare un futuro fatto di sviluppo e natura, di arte e modernità. Per la Puglia, uno di questi luoghi, anzi il luogo per eccellenza di tutto questo è proprio il Gargano… Vista dal Tavoliere, la montagna è veramente maestosa, si presenta come un massiccio drammaticamente accidentato. Ma a chi sale si offre poi una vista diversa, una ricchezza di orizzonti e scorci prima inimmaginabili". Così Sabino Acquaviva, sociologo, giornalista e scrittore italiano, definiva, nel 1992, il promontorio del Gargano. Lo “sperone d’Italia”, la “montagna del sole”: tanti sono stati gli appellativi attribuiti al nostro territorio.
Se si osserva una mappa della nostra penisola, il Gargano si mostra come il verde gigante delle Puglie, un sovrano di pietra che svetta su quasi tutta la costa orientale dell’Italia, sporgendosi sulle azzurre acque dell’ Adriatico, quasi fosse una terrazza naturale verso l’ Oriente. Il Gargano è una terra antica, selvaggia, misteriosa, una roccia di fede e di tradizioni che nemmeno l’era moderna, con il suo inesorabile avanzare tecnologico, è riuscita a scalfire. Una terra in cui, passato e futuro, si mescolano e si confondono a vicenda preservandola dalle pieghe del tempo, resistendo all’indifferenza e alla superficialità della modernità. Il Gargano si mostra come un ponte naturale verso l’Oriente, tant’è che nel periodo del medioevo era considerato un centro di primaria importanza per quanto concerne il pellegrinaggio cristiano, i cui segni permangono indelebili nel territorio, oltre che un riferimento fondamentale per gli scambi commerciali con i paesi del Mediterraneo. Il Gargano è terra di fede e di miti. Le leggende, le credenze, le superstizioni, ancora vive nel popolo, trovano singolare rispondenza nel paesaggio silvano e misterioso del nostro territorio. Gli abitanti dei borghi inerpicati sui monti, nella solitudine dei luoghi, infatti, erano portati a fantasticare e a popolare monti e boschi di personaggi favolosi e di animali, dotati di virtù magiche. Chi tra gli abitanti delle nostre zone non è mai stato convinto da piccolo a dormire o a non fare i capricci con la “minaccia” dello “scazzamuredd”? Per chi non ne ha mai sentito parlare, invece, occorre sapere che lo “scazzamuredd” (o “Scazzamurrill”) è un dispettoso folletto, descritto come un omino brutto e peloso, scalzo e con un cappellino in testa, e ha l’abitudine di sedersi sulla pancia o sul petto di chi dorme, guastandogli il sonno. Non appare mai di giorno. Oltre a tormentare i dormienti fa altri dispetti, come rompere i vetri delle finestre, far chiasso con le pentole in cucina. Alcuni racconti lo rappresentano come particolarmente burlone. Dalle nostre parti c’è chi giura di averlo visto almeno una volta nella vita e di averci addirittura parlato. Realtà o fantasia?
Si sono così radicate, nell’ombrosa vita dei boschi, le leggende e le credenze, cui si sovrappose successivamente la fede cristiana, e monti e boschi si popolarono di Arcangeli e di Santi. Il nostro promontorio è una terra di profonde contraddizioni, una terra in cui culti e leggende, fede e misteri, religione e tradizione, sacro e profano si uniscono, si intrecciano in legami indissolubili. Il sentimento religioso permea di sé la vita della gente di questi luoghi. Il Promontorio è ricco di Santuari e di Monasteri: a San Marco in Lamis, a Monte Sant’Angelo, a San Giovanni Rotondo. Dal Convento di San Matteo a San Marco in Lamis, i pellegrini longobardi si recavano, per l’antica via di San Severo, a venerare la Grotta e l’impronta dell’Arcangelo Michele sul Monte Sant’Angelo, percorrendo la Via Sacra Longobardorum. Nel Medioevo, infatti, la Basilica di San Michele fu la più famosa meta di pellegrini. Vi s’inginocchiarono Santi e Papi: San Francesco d’Assisi, Santa Caterina da Siena, San Tommaso d’Aquino. Qui vennero i Crociati prima di partire per la Terra Santa. Poco lontano è San Giovanni Rotondo dove aleggia il grande spirito di Padre Pio da Pietralcina, meta ininterrotta di pellegrinaggi. Tuttora Padre Pio richiama a San Giovanni Rotondo folle di pellegrini e di turisti da ogni parte d’Italia e del mondo.
Terra di tradizioni religiose antichissime, il Gargano è teatro di processioni, feste patronali, riti sacri di grande suggestione. La Settimana Santa, in particolare, ha rituali misteriosi e affascinanti per credenti e non e per chiunque voglia vivere l’esperienza estremamente suggestiva di vivere le antiche tradizioni rituali che rievocano gli ultimi giorni di Gesù Cristo, la sua passione, la morte ed infine la resurrezione. Tra i vari eventi che popolano la Settimana Santa, ricordiamo la processione delle “fracchie” a S. Marco in Lamis, la “messa pazza” a Vico del Gargano, il vespro del Venerdì Santo a San Nicandro Garganico seguito dalla solenne processione dei Misteri della Passione, oltre che l’usanza, mantenuta in ormai pochissimi centri, di addobbare con particolare cura i “Sepolcri” del Giovedì Santo, che vengono visitati dai fedeli in una sorta di pellegrinaggio. Con i suoi monasteri, le sue chiese, i suoi luoghi di culto, il Gargano appare agli occhi del mondo come una terra profondamente religiosa, in cui la fede è profondamente radicata nell’animo e nel cuore dei propri abitanti. Ma forse non tutti conoscono il lato oscuro e misterioso del nostro territorio. Credenze popolari e riti scaramantici, al limite delle pratiche magiche, si tramandano ancora, seppur in modo molto meno intenso rispetto al passato, di generazione in generazione. Un esempio particolarmente calzante è la pratica, diffusa in quasi tutti i centri del nostro territorio, della fattura, alla cui pratica erano preposte dalla tradizione locale in prevalenza donne che elaboravano filtri o compivano operazioni magiche, il cui scopo era quello di possedere la volontà dell’individuo a cui la fattura era destinata, e piegarlo ai propri voleri. Amore, gelosia, invidia, vendetta, erano i moventi principali che spingevano i clienti del fattucchiere a rivolgerglisi per ottenere beni come la salute, il matrimonio, la sistemazione economica, ma anche mali da usare contro i nemici: la malattia e la morte. La credenza nella fattura si è oggi molto attenuata; tutte le testimonianze che possono essere consultate a riguardo parlano di questa pratica come di un fatto antico e superato, che però aveva una sua indubbia efficacia. In compenso, però, si crede ancora, in maniera generalizzata, soltanto, nel “malocchio” o “affascìno”. Secondo questa credenza, lo sguardo malevolo di una persona provocherebbe, anche senza preterintenzionalità, il mal di testa che, avuto con questa causa, può guarire facendo compiere ad una persona competente un rituale terapeutico. In un pò d’acqua posta in un piatto si mettono tre gocce di olio, tre grani di sale, tre di carbone; l’operatore si fa il segno della croce e recita formule magiche, che possono essere insegnate e apprese soltanto nelle Notte di Natale; dalle dimensioni che le gocce di olio assumono nel piatto, l’operatore può dire se vi è “affascino” e quindi garantire la guarigione, che comunque si ottiene soltanto se si crede veramente nel rito che si sta compiendo. I vari riti, inoltre, presentano delle lievi differenze di paese in paese. Le forme di esorcismo sul Gargano sono molte, e addirittura collegate con il credo cristiano e con i Santi , tra cui San Primiano, San Rocco , l’Arcangelo Michele e San Leonardo , e anche alle Madonne , la Madonna dell’Incoronata , l’Annunziata , la Madonna del Soccorso , Stella Maris e del Carmine. La Chiesa, a livello ufficiale, non solo non riconosce ma condanna queste pratiche come residuo di antiche superstizioni pagane, tanto che a partire dal Medioevo, ha dato vita a una dura battaglia contro quelle che definiva pratiche diaboliche ed eretiche. Eppure, per i guaritori l’intero rituale è profondamente investito di significati religiosi: il rituale ha inizio con un segno della croce, le formule magiche contengono riferimenti continui al cristianesimo e le preghiere che le accompagnano, sono preghiere cristiane. “Sono cose di Dio” è l’espressione più ricorrente nel corso dei racconti degli anziani di paese. In questo modo i guaritori ribadiscono con fermezza la bontà della propria azione.
Forse non tutti sanno che, in terre a lungo isolate dal resto del mondo, si narrano anche storie di streghe, vecchie megere, riti e sette sataniche; racconti al limite dell’horror che ancora fanno rabbrividire gli anziani che li narrano nelle gelide serate d’inverno alla luce dei camini e i loro (spesso giovanissimi) interlocutori. Si narra, infatti, che nella Grotta di Paglicci, in località Rignano Garganico, sia tuttora nascosto il tesoro del brigante Gabriele Galardi da San Paolo di Civitate, che visse a lungo nella sopracitata grotta. Questo tesoro fu, soprattutto agli inizi del ‘900, oggetto di molte storie e leggende e di interesse da parte di orde di curiosi e ricercatori. Si racconta addirittura che tre amici del luogo, decisi a scovare finalmente il tesoro “dë Jalardë”, una notte d’estate avessero improvvisato una seduta spiritica, con l’idea di costringere i "demoni" della grotta (le anime dei briganti defunti vari decenni prima) ad indicare il punto dove scavare per tirar fuori il tesoro. I tre portarono con sé un vecchio libretto. Si trattava de "Lu Rutèljë" (il Rotilio, era in pratica un libro che parlava di agricoltura e fasi lunari, ma che i nostri "eroi" scambiarono per riti satanici), un antico volume inneggiante a strani e misteriosi rituali. L’esito della seduta non è conosciuto. Ciò che si sa con certezza, invece, è che il tesoro del brigante non fu mai trovato e che ogni tentativo successivo di scovarlo fu vano. Per chi è nato è cresciuto in questi luoghi, risulteranno familiari alcune altre leggende che riguardano spiriti e anime dell’aldilà. Una leggenda molto diffusa da queste parti, infatti, è la cosiddetta “processione dei morti dell’Epifania”. Si tramanda, infatti, da generazioni, che le anime dei defunti, nella notte tra l’1 e il 2 novembre tornino dall’oltretomba per recarsi nelle case di famigliari e conoscenti che per l’occasione preparano tavole imbandite con squisitezze di ogni genere. Quest’usanza è ancora in voga ed è utile, sempre secondo il racconto degli anziani, a ingraziarsi le anime dei defunti e a scongiurare da parte loro eventuali “ritorsioni” notturne per la mancata accoglienza. Si narra inoltre che le anime dell’aldilà, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, ritornino nell’oltretomba inscenando una lunga processione, tra lamenti, urla e rumori di catene.

Le leggende e le tradizioni narrate sono frutto delle testimonianze dirette degli anziani del luogo e dimostrano quanto il nostro Gargano sia una terra da scoprire, ancora incontaminata nel territorio e nell’animo della gente, una terra in cui il tempo sembra essersi fermato, in cui il progresso non ha scalfito il patrimonio inestimabile della memoria e della tradizione.

Angelarita Mimmo

Garganopress.net